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Basket

Il gol dello zoppo

Stefano Olivari 20/06/2012

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Nemmeno iniziando alla grande, fino a raggiungere i 17 punti di vantaggio, i Thunder sono riusciti ad evitare una battaglia punto a punto che anche in garaquattro delle Finals ha premiato la squadra più fisica e convinta. Con LeBron James, visto che è di lui che si parla e si parlerà a prescindere dal risultato finale, che nel quarto quarto da zoppo (sicuramente crampi, forse anche una botta dopo una scivolata) ha messo insieme a tutto il resto anche una tripla decisiva sul 94 pari a 2 minuti e 51 secondi dalla fine: non abbastanza per essere definibile il più grande clutch player della storia, ma sufficiente per aiutare gli Heat ad arrivare al match point alla AAA. Anche se il calcistico ‘gol dello zoppo’ l’aveva messo a segno in una situazione precedente, rimanendo un giro dietro allo sviluppo del gioco. Una partita con più o meno gli stessi temi tattici delle prime tre, ma con prove individuali molto diverse. In particolare fra i Thunder ha deluso Sefolosha, anche difensivamente, mentre Harden ha continuato a costeggiare la serie: qualche fiammata, ma nel complesso né bene né male. Quindi male. Incomprensibile lo scarso minutaggio dato a Perkins e quello non esagerato di Ibaka: in attacco come lettura delle situazioni non sono Sabonis, ma nel complesso sono due giocatori contro cui gli Heat non hanno alternative tattiche. Gli Heat hanno scongelato a lungo James Jones e non hanno dovuto utlizzare più di tanto Haslem (proprio perchè Brooks ha quasi spesso rinunciato ai due lunghi), ma raccontare la partita senza esaltare le prove di LBJ, Wade e soprattutto Chalmers (che in questi playoff piace non solo come tiratore) significherebbe fare i fenomeni senza un vero perché. Fenomeni sono invece Durant e Westbrook (da lui un clinic di palleggio-arresto e tiro, oltre a 43 punti), che al di là delle statistiche sono stati gli unici Thunder a segnare negli ultimi 17 minuti (!!!) di partita. Questo è il vero dato inquietante, per loro. Garacinque ancora a Miami nella notte fra giovedì e venerdì, senza un Harden migliore e/o una presenza costante di due lunghi di OKC in area (Riley sa bene che i tre secondi difensivi nei playoff quasi non esistono) si andrà verso il primo anello del Prescelto. Non siamo di certo suoi tifosi, perché preferiamo la pallacanestro alle esibizioni di talento individuale, ma ne saremmo contenti perché il livello dell’odio non solo mediatico nei suoi confronti ha raggiunto estremi conosciuti da pochi ‘cattivi’ dello sport.

Stefano Olivari, 20 giugno 2012

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