Svegliarino
Murray il gladiatore
Stefano Olivari 31/03/2013
Forse Laver e Rosewall giocavano con più tocco rispetto ai finalisti 2013 di Miami, ma di sicuro il tennis oggi è uno sport diverso da quello di mezzo secolo fa e non solo per lo sweet spot delle racchette. E Murray ha vinto al termine di una sfida da gladiatori con Ferrer, emozionante (lo spagnolo ha avuto anche una palla per il match e per metà partita i break hanno avuto una frequenza da donne) e giocata sotto il caldo di mezzogiorno e del primo pomeriggio della Florida per raccogliere audience televisiva sia americana che europea. Niente di male, Murray e Ferrer sono pagati direttamente o indirettamente da chi li guarda, così come la nazionali di calcio che a Usa ’94 si lamentavano degli orari e del caldo. E per i cambi di rotazione di Murray ci vuole una mano da… Rosewall, appunto, o almeno da Mecir. Ma, volendo trovare un significato a tutto anche quando non c’è niente da capire, cosa ha detto questo secondo Master 1000 della stagione? Intanto che Indian Wells ha superato Miami nel gradimento dei grandi, visto che a Key Biscayne Federer e Nadal non si sono presentati mentre Djokovic (e a dirla tutta anche Murray, che comunque con questo successo è tornato numero 2 del mondo dopo oltre tre anni) non era centratissimo con la testa. Non è questione di soldi, ma di collocazione. Chi vuole evitare di giocare troppo sul cemento, chi punta sulla terra battuta, chi ha un margine di punti tale che un Masters 1000 gli sposta poco. Il problema nel problema, che il 2013 sta confermando, è che i grandi arrivano ‘troppo’ spesso in fondo ai tornei e quindi giocano molto di più dei primi del ranking di qualche anno fa. In altre parole, la differenza relativa con chi sta immediatamente dietro rimane enorme. Federer ha 32 anni, Nadal 27, Djokovic e Murray 26. Per stare sull’attualità di Miami e sulla Pasqua, il risorto e semifinalista Tommy Haas di anni ne ha 34 ed è diventato il secondo più vecchio semifinalista di sempre in un Masters 1000 dopo Agassi. O i giovani non sono più quelli di una volta, come le stagioni e i valori, o questa è la miglior generazione di campioni di sempre.