Il Gattopardo, un’epoca che finisce

19 Ottobre 2019 di Indiscreto

Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è uno dei più grandi romanzi italiani di sempre, oltre che il primo a superare le 100.000 copie di vendita: accadde nel 1959, quando il suo autore era già morto da due anni. Un grande successo editoriale di Feltrinelli, con la gloria eterna arrivata anche per merito del film di Luchino Visconti: il ballo fra Angelica (Claudia Cardinale) e Tancredi (Alain Delon) è una delle scene più famose della storia del cinema.

Da lettori non critici (i libri che non ci piacciono li abbandoniamo senza scrupoli dopo poche pagine, atteggiamento che dovrebbe essere insegnato a scuola, e quindi non possiamo nemmeno parlarne male) abbiamo sempre apprezzato anche il lato pop del Gattopardo, del resto se Alberto Angela ne parla stasera a Ulisse su Rai 1 significa che non è certo un’opera di nicchia.

Quella struggente atmosfera da fine di un’epoca (siamo nella Sicilia poco dopo la spedizione dei Mille) e di inizio di un’epoca nuova, più veloce e globalizzata (c’è sempre un’epoca che finisce e che rimpiangiamo, anche in diretta), caratterizza milioni di libri e film, ma soltanto nel caso del Gattopardo e di pochi altri ha generato un linguaggio e modi di dire poi ripresi anche da chi non ha la minima idea dell’originale. E del resto l’uso che si fa oggi del termine ‘gattopardo’ è un po’ diverso da quello che Tomasi di Lampedusa mette in bocca al Principe di Salina.

Inutile che ci mettiamo a fare il Bignami del Gattopardo, ma non sono mai troppe le volte in cui si ricorda che l’autore, nobile siciliano con una vita interessante (da militare fu anche preso prigioniero a Caporetto) ma fuori da ogni giro letterario, incassò una serie incredibile di rifiuti da grandi, medie e piccole case editrici fino a quando con Tomasi di Lampedusa già defunto la figlia di Benedetto Croce segnalò il manoscritto a Giorgio Bassani, che era consulente della Feltrinelli. Questo non per dire che la spazzatura che molti italiani, noi compresi, hanno nel cassetto sia sempre grande arte non compresa dal sistema, ma che nell’industria editoriale tutto è opinabile.

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