Il film perfetto dei Patriots

12 Settembre 2007 di Roberto Gotta

1. Domenica, partita trasmessa anche da Sky Sport, New England è stata impressionante nella vittoria al Giants Stadium contro i Jets. Grossi i Patriots, veloci, fisici, rinnovati in alcuni settori senza avere perso efficacia, anzi con apparenti miglioramenti anche nei casi più incerti (vedi le nove ricezioni per 183 yard di Randy Moss). Il guaio è che parte del divario netto tra Pats e Jets in questa prima giornata potrebbe essere stato ottenuto in maniera fraudolenta, sulla quale sta indagando la NFL. Si tratta di avere “rubato” i gesti con i quali i Jets comunicavano gli schemi difensivi. Qui bisogna spiegare. Come noto, il football al contrario di quello che pensano molti novizi è uno sport estremamente tattico, una continua sfida tra attacco e difesa alla ricerca dello schema che permetta di avanzare o, visto dall’altra parte della linea di scrimmage, di respingere. C’è un metodo certo, e per questo vietato, per avere un vantaggio sleale: per tutta la partita si riprende con una videocamera il defensive (in questo caso, o offensive in altri) coordinator, e si accosta questa ripresa a quella della partita. Ovviamente, dopo poco si sarà in grado di riconoscere in quale maniera vengono segnalati dal bordocampo al capitano della difesa gli schemi, e ci si potrà comportare di conseguenza. Se – puro esempio, pura invenzione – si chiede una copertura dei ricevitori ad uomo con un blitz del linebacker dalla parte del tight end e lo schema viene indicato da un braccio alzato di lato con successivi segni di “2” e “3”, è ovvio che alla terza volta che un segnale del genere viene dato l’attacco sa cosa deve fare. Anzi, non c’è neppure bisogno di rivedere filmato dei coach e filmato della partita accostati, come si può fare a freddo preparando una gara successiva: basta che a riprendere i gesti e ripercorrere immediatamente lo schema sia uno sveglio, come è successo domenica: gli addetti alla sicurezza dei Jets hanno notato che un individuo con l’accredito Patriots (dunque pass distribuito al club, non pass stampa) aveva una telecamera, e girava immagini dei coach. Immediata confisca e denuncia alla NFL, e subito sono emersi particolari e precedenti: perché negli ultimi dodici mesi altre tre squadre avevano sospettato qualcosa di losco in partite contro i Patriots, ed anzi lo scorso anno i Packers avevano individuato e cacciato lo stesso collaboratore di New England, Matt Estrella, trovato in possesso di telecamera domenica scorsa. Una particolarità in più che a fine gara, vinta dai Pats 35-0, il cornerback Al Harris, di Green Bay, aveva detto “era quasi come se i Patriots sapessero quello che facevamo. Tanto di cappello. Hanno eseguito schemi creati apposta per noi, schemi che ci hanno costretto a cambiare alcune cose. Non so chi chiami i loro schemi, ma Belichick (il coach, ndr) è bravo”. Ovvio che in retrospettiva siano parole che colpiscono, anche se è curioso che un dirigente dei Packers, a chi gli chiedeva come mai il club non avesse presentato un esposto alla NFL, avesse poi risposto che a certe cose non si fa caso, se non sono il motivo per cui hai perso: “Ti dà fastidio che usino certi trucchetti, ma non è quello il motivo per cui ci hanno massacrato”. Ora però, se come si dice in queste ore il Commissioner Roger Goodell ritiene che le prove portategli siano sufficienti a determinare la colpevolezza dei Patriots, potrebbe arrivare una multa pesante, sotto forma di perdita di posizioni di scelta nel draft 2008. E comunque, ora più che mai capite perché i coach, quando comunicano gli schemi offensivi con il microfono, con una mano nascondono il movimento delle labbra.
2. Nella partita oggetto delle polemiche, Ellis Hobbs dei Patriots ha riportato in touchdown il kickoff (calcio d’inizio) del secondo tempo con una corsa di 108 yard, chiudendo in pratica la gara sul 21-7, ed il bello è che di solito a chi ritorna i calci e si trova sul fondo della end zone (la zona di meta) viene detto di prendere il pallone, se possibile, ed inginocchiarsi: in quel caso si riparte dalle 20 yard, mentre cercando di uscire dalla end zone può sempre capitare di essere fermati sulle 1 o 2 yard o comunque prima delle 20. Si preferisce in genere la sicurezza di partire dalle 20, senza rischiare, alla prospettiva di una corsa che può finire in touchdown ma anche molto, molto prima, con detrimento dell’attacco. Hobbs non ci ha pensato molto, ha preso, dal lato destro, ed è partito incrociando: ha avuto buoni blocchi, ha dovuto resistere solo ad un tentativo di placcaggio e si è fermato solo dopo avere percorso 108 yard, appunto. Che sono record NFL uguagliato: prima di lui, 108 yard avevano percorso Devin Hester di Chicago il 12 novembre 2006 ritornando un field goal mancato dai New York Giants, e quasi esattamente un anno prima, il 13 novembre 2005 Nathan Vasher, sempre dei Bears, in un’identica situazione contro i San Francisco 49ers. Il record per un ritorno di kickoff era invece di Roy Green dei St.Louis Cardinals, uno che giocava in attacco, difesa e appunto special team, con 106 yard, stabilito nel 1979. Da segnalare, tornando ad Hobbs, il suo commento alla vicenda delle segnalazioni “rubate”: “Ci alleniamo troppo come singoli e come squadra per poi avere bisogno di barare. Se questa cosa è vera è ovvio che abbiamo sbagliato, ma io sto dalla parte della squadra, dello staff. Non penso che facciamo cose del genere”. Non sembrano i ragionamenti post-Moggiopoli dei calciatori della Juventus che dicevano – ed è comprensibile – di sentire ugualmente loro gli scudetti vinti?
3. Non siamo mai stati grandi tifosi delle squadre di New York, ma dobbiamo ammettere che un Super Bowl con i tifosi di Jets o Giants è qualcosa di ruggente: eravamo a quello XXV vinto dai Giants 20-19 su Buffalo, con il field goal mancato da Scott Norwood dei Bills allo scadere, e il casino che fecero i newyorkesi – città, non stato, visto che anche Buffalo è in quello di New York – fu memorabile. O forse sembrò tale perché per motivi misteriosi in tribuna stampa c’erano almeno quattro persone con le maglie da gioco dei Giants, una seduta proprio davanti a noi. Rimanemmo colpiti perché avevamo ben presente la regola ferrea – in USA – del “no cheering in the press box”, ovvero “niente tifo in tribuna stampa”, e non è che il venire a sapere che i quattro lavoravano per il giornale (non ufficiale) dei Giants servì ad attenuare la sorpresa per quell’esultanza sguaiata, che conserviamo tuttora, in versione audiocassetta. Da noi la regola è – sarebbe – ridicola: la scorsa settimana a San Siro in una fila della tribuna stampa campeggiava una sciarpa viola sventolata con vigore, ma non è che uno dei tanti esempi. Ad esempio, mai dimenticheremo l’inviato di un giornale di Reggio Calabria che al gol della vittoria della Reggina sul campo del Parma, 21 dicembre 2003, si alzò in piedi e rivolto a tutti intorno a sé alzò il dito medio e disse (se ricordiamo bene) “prendete questo, bastardi». Torniamo alla NFL che è meglio…
4. Per tutte e sedici le partite del primo fine settimana di NFL c’è stato il tutto esaurito, ed è il terzo anno di fila, il quarto nella storia (nel 1998 il primo). A parte l’ovvio significato sul piano della popolarità della Lega, che non è in discussione al momento neppure dopo le vicende giudiziarie di alcuni giocatori in tempi recenti, questo all’atto pratico vuol dire qualcosa di molto importante dal punto di vista televisivo: se infatti a 72 ore (48 nel caso dei Vikings, stavolta) da una partita vengono venduti tutti i biglietti viene tolto il cosiddetto blackout televisivo, ovvero la partita può essere trasmessa in diretta anche nella città dove si gioca (e in chiaro, come sono praticamente tutte le gare) e dunque può essere vista da tutti. I tre canali principali, ABC, CBS ed NBC, hanno ciascuno una succursale o “affiliata” in ogni città o comprensorio che ne ritrasmette il palinsesto inserendovi programmi propri di informazione locale, ed in passato è capitato che qualche stazione acquistasse le ultime centinaia di bigli

etti rimasti, magari distribuendoli poi alle scuole, perché l’esborso era comunque inferiore alle entrate derivanti dagli spot trasmessi poi durante la partita. Il motivo di fondo per questa politica del blackout è che bisogna sempre avere stadi pieni perché l’esperienza dello sport dal vivo vale sempre tantissimo e lo scenario di un impianto zeppo (e chi ci va spende comunque in souvenir e cibo…) è quello ideale per chi guarda in Tv: del resto, scenari terribili come quelli a volte dipinti in Europa, di campionati disputati in stadi vuoti ma con decine di milioni di spettatori Tv, negli USA non vengono quasi mai ipotizzati, perché non c’è certo un problema di scarsa presenza dovuta alle dirette televisive. Questi americani, come al solito, non hanno capito niente…
5. Dopo la sconfitta interna contro Appalachian State, sabato 1, pareva che Michigan avesse toccato il fondo. Ma alla gara successiva è andata ancora peggio: ancora di fronte ai 109.000 della Big House di Ann Arbor, i Wolverines hanno perso 39-7 contro Oregon. E’ la peggiore sconfitta, in termini di scarto, dal 1968, ovvero dall’anno prima che arrivasse a UM Bo Schembechler, considerato il padre della fortuna moderna della squadra. Va detto che Schembechler è scomparso lo scorso anno, alla vigilia di Ohio State-Michigan, e da quel momento i Wolverines hanno perso quattro partite su quattro, ma si tratta ovviamente di una curiosità e non qualcosa di più, però è impressionante che UM abbia concesso 624 yard (!) ad Oregon, 331 delle quali su corsa, consentendo al quarterback Dennis Dixon di completare 16 passaggi su 25 per 292 yard e tre touchdown. Una curiosità è che l’attacco di Oregon usa schemi e formazioni molto simili a quelli di Appalachian State, cosa che può dare qualche indicazione ai futuri avversari di Michigan. Ma intanto dice molto della difesa di UM: sei possessi di palla di Oregon nel primo tempo, 32 punti segnati, e nel secondo tempo non solo i Ducks hanno eseguito uno schema “Statue of Liberty”, in cui in poche parole il quarterback sta fermo (come una statua, appunto) con la palla in mano fingendo di voler lanciare ed un collega gliela prende correndo, ma l’hanno fatto addirittura due volte, e nel secondo caso hanno segnato un touchdown. E già che ci siamo, ora la questione si fa complicata per un motivo molto semplice: sabato c’è Michigan-Notre Dame, altra sfida tradizionale e molto attesa, e i Fighting Irish sono 0-2 come i loro avversari, il che non è apocalittico solo perché il campus di South Bend è a forte impronta religiosa ed un conforto lo si trova sempre, magari nelle due braccia allargate del celeberrimo Touchdown Jesus (nella foto), il mosaico di Gesù che campeggia dietro una delle curve, e che è stato così ribattezzato, con dissacrazione innocua, per via delle braccia allargate e verso l’alto, come un arbitro. Una vittoria dei Wolverines farebbe se non altro bene alle finanze dei tifosi di Ohio State, la rivale storica: dopo la vittoria di Appalachian State, infatti, dall’Ohio erano arrivate al negozio di ASU centinaia di ordinazioni di magliette commemorative, ed ora è probabile che medesimo fenomeno accompagni il successo di Oregon. Ma è comunque difficile che i tifosi dei Buckeyes si facciano convincere da un eventuale tris: Notre Dame, anche se in difficoltà maggiori del previsto sotto la guida di Charlie Weis, l’ex offensive coordinator due volte campione con i New England Patriots, è comunque un’avversaria di “zona” ed è più facile vestire i panni innocui di Appalachian State ed Oregon che non quelli di un college potente e ricco che ad ogni giro ti soffia qualche liceale di valore. Per cui al bel negozio di Notre Dame, situato su due larghi piani con un angolo dove la caffetteria vende pure biscottini a forma di pallone da football e con decorazioni di volta in volta adattate alle circostanze della squadra, il flusso di traffico resterà invariato.
6. Qui si parla di America. Ieri era l’11 settembre. Sei anni, già.

Roberto Gotta
chacmool@iol.it
http://vecchio23.blogspot.com

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