Il fantasma del Mamba

16 Gennaio 2012 di Fabrizio Provera

di Fabrizio Provera
Si scrive Bennet-Canadian Solar, perché il basket italiano è tenuto in vita artificialmente dagli sponsor (e non da oggi), ma si legge Cantù-Bologna. Cioè aristocrazia cestistica. Il vecchio Pianella ribolle di passione e l’eterna Chimera, cioé il nuovo palazzetto, sembra appunto una chimera. Sulla stampa locale il consueto gioco delle parti: 2012? 2013? Se ne parla da decenni, ci vuole un atto di aristocratico distacco dalle vicende temporali…
Sul vecchio e glorioso parquet, invece, una perfetta antitesi degna del miglior Georges Simenon: Bennet ancora tramortita dalla sconfitta di Montegranaro, Bologna esaltata per la vittoria su Siena. In tribuna non ci sono più, come avveniva negli epici decenni della supremazia nazionale ed internazionale, né Aldo Allievi né l’avvocato Porelli, i presidenti che hanno fatto la storia delle due società. Ma se Anna Cremascoli, sembra aver ereditato non solo le quote societarie, ma anche lo spirito di Cantucky (un misto di terroir cestistico e di nobiltà sportiva, inscalfibile e impermeabile anche nelle peggiori difficoltà), l’esuberante Claudio Sabatini è invece l’esatto contraltare di Porelli: il Pianella riserva al patron della Virtus un’accoglienza tutt’altro che amichevole, col fantasma del Mamba che pesa come un macigno e presta il fianco ad ironici sfottò.
Nei panni del Mamba, almeno per 7 minuti, un Angelo Gigli formato Nba: quella Nba che qualche anno fa ha sognato o gli hanno fatto sognare. Cantucky soffre, ma coach Trinchieri renderà alla fine omaggio alla tenacia del Pianella, che supporta i bianco blu nonostante l’agghiacciante 36-23 con cui Bologna sembra dominare la prima metà della gara. Nel primo, durissimo quarto tocca al principe Basile bucherellare la retina bolognese mentre i compagni sono visibilmente appannati, e a Manu Markoishvili piazzare una schiacciata capace di dissotterrare il Cantù Pride. Sono i prodromi che consentono a Cantucky di risorgere dalla sue ceneri, mentre la sorregge l’ultimo arrivato: Greg Brunner, poca appariscenza e tanta sostanza, efficacia difensiva e versatilità offensiva. Il tabellino, per quanto lusinghiero, non rende giustizia all’impatto dell’ala cui tocca lenire la sofferenza degli orfani di Scekic.
Sarà l’intervallo ad instillare, nel sangue dei bianco-blu, lo spirito immortale degli eroi canturini: Pierluigi Marzorati soffre a pochi metri dal campo, ma ci pensano il biondo dell’Oregon Marty Leunen, Vlado Micov ed il mai domo capitan Mazzarino a far rivivere la magica atmosfera del Pala Desio e delle vittorie contro Olympiacos, Nancy e Bilbao, ma soprattutto l’estasi offensiva che ha cacciato dal tempio i ricchi epuloni del Caja Laboral. E se nel finale Bologna si ricorda di essere una squadra il cui blasone non ammette mai la resa, sono ancora Leunen con una tripla e Brunner con una stoppata a far esultare il Pianella. Cantù-Bologna va in archivio, la Bennet si proietta verso la Final Eight di coppa Italia partendo da una buona posizione. Da oggi, mente ed energie sono rivolte alla sfida di Eurolega contro il Barcellona. Si scrive Fcb Regal, si legge orgoglio catalano: l’orgoglio di una nazione. Cantù-Barcellona, o dell’aristocrazia cestistica. La storia è ciclica, mai lineare. E nel nostro piccolo proveremo a raccontarla, qui su Indiscreto, da una prospettiva canturina.

Fabrizio B. Provera (16 gennaio 2012)

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