Il fallimento di Zhang e Marotta

10 Dicembre 2020 di Indiscreto

Il terzo fallimento consecutivo dell’Inter in Champions League, con modalità non troppo diverse dai precedenti due, il primo con Spalletti in panchina, è fin troppo facile da imputare ad Antonio Conte. Un allenatore che riteniamo sopravvalutato, non per i 12 milioni all’anno (quello è il mercato, bravissimo lui a farseli dare) ma per la sua carriera sportiva in generale: se fosse stato convalidato il gol a Muntari in quel Milan-Juventus di nove stagioni fa, lo abbiamo scritto più volte ma dopo l’uscita del nuovo disco (nuovo?) ci sentiamo in modalità Ligabue, adesso Conte sarebbe un buon professionista da media Serie A, fra un subentro ed un esonero: uno Iachini, un Pioli, un Mihajlovic.

Però chi ci apprezza sa che a dispetto della convenienza (dal grande al piccolo club accrediti negati, interviste rifiutate, messaggi di gentaglia che viene via con poco) diamo sempre colpe e meriti ai dirigenti, cioè quelli che determinano la storia di una squadra più degli eventuali fuoriclasse: il fallimento dell’Inter in Champions, che qualche ridicolo trombettiere ha già trasformato in ‘Testa allo scudetto’ (certo a questo giro lo possono vincere in diversi, anche l’Inter), è il fallimento degli Zhang, padre e figlio, e di Beppe Marotta. Fortunatissimi, al di là dei danni per il bilancio, nel giocare in un San Siro vuoto: se in passato è stato contestato Moratti, che fra i vari difetti aveva portato all’Inter alcuni dei migliori calciatori del mondo, quale trattamento il pubblico avrebbe riservato a chi porta la classe media? Tanto valeva tenersi Spalletti e i suoi giocatori, fra l’altro ancora quasi tutti a libro paga (Spalletti compreso), se la soluzione è ‘Dobbiamo lavorare’, come se a Donetsk o a Sassuolo non ci si allenasse.

Conte è un buon allenatore, forse sempre uguale a se stesso come del resto quasi tutti, che però in Champions ha fatto malissimo in tre contesti su tre, Juventus, Chelsea e Inter, ma non si può dire che sia un problema se non quando pretende di fare il direttore sportivo e continua a chiedere bolliti (non vogliamo credere che i prossimi siano Pjanic e Gervinho). Quanto ai giocatori, sono classe media, in certi casi medio-alta, più che sufficiente a superare lo Shakhtar, il Gladbach e forse anche un Real pieno di classe ma a metà del guado.

Rimangono i dirigenti, che a differenza dei giornalisti-commercialisti CEPU non giudichiamo dal bilancio finanziario (comunque negativo, anche prima del Covid) e nemmeno dai risultati-senno di poi, perché in fondo le occasioni per passare agli ottavi ci sono state, ma dalla coerenza delle scelte degli ultimi 4 anni (Marotta solo negli ultimi 2). Non si possono tenere insieme, proprio come filosofia, i bolliti per vincere (…) subito, la squadra operaia di italiani, i senatori che non hanno vinto ma pretendono riconoscimenti, i giovani emergenti, gli invendibili che poi quasi vengono pregati di giocare. Sono logiche differenti, alcune anche valide, ma che insieme non possono coesistere. Su tutto c’è che un proprietario non presente fisicamente vale pochissimo, proprio come stimolo: Zhang figlio è scomparso e manda messaggetti motivazionali (magari un quindicenne di oggi si sente motivato, non diciamo di no) dai social network, Zhang padre ovviamente deve pensare ad un gruppo che vale 200 volte più dell’Inter. Certo è più comodo mettere nel mirino un allenatore che in nessun caso rimarrà oltre maggio.

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