Il buon sangue di Bezabeh

9 Dicembre 2013 di Stefano Olivari

L’Europeo di cross era stato inventato 20 anni fa per dare un minimo di visibilità agli europei e ieri a Belgrado ha toccato uno dei suoi punti  più bassi. La gara più importante, quella che l’anno scorso fu di Lalli (assente per maratonismo, mentre il bronzo 2012 Meucci si è ritirato), è stata vinta da un Alemayehu Bezabeh che non aveva un solo requisito per essere in una competizione del genere. Prima di tutto la nazionalità: Bezabeh dalla natìa Etiopia è arrivato in Spagna come immigrato illegale nel 2004, asserendo di non sapere la sua data di nascita. D’ufficio, nonostante secondo i medici che lo avevano visitato sembrasse almeno un 25enne, gli fu assegnata una data di nascita del 1986. A questo punto tutto era in regola per l’espulsione, ma nel frattempo Bezabeh aveva iniziato a correre e a vincere gare su strada in mezza Spagna, così gli si regalò un passaporto per meriti sportivi. E Bezabeh ha saputo sdebitarsi prima arrivando undicesimo nei 5mila ai Giochi Olimpici di Pechino, poi vincendo l’Europeo di cross nel 2009 (a 23 anni teorici) e quest’anno. In mezzo l’Operacion Galgo del 2010, una delle poche indagini semi-serie della giustizia spagnola contro il doping. Per essere sintetici: Bezabeh fu beccato con in mano una sacca contenente il suo stesso sangue, pronto a farsi praticare l’autoemotrasfusione in compagnia di un amico ciclista (l’amico ciclista non manca mai, mentre l’amico calciatore corre come un indemoniato solo sulla base di ‘motivazioni’ e di ‘squadra brava ad occupare il campo’). Le poche rivelazioni sulle complicità e una grottesca autodifesa (Bezabeh spiegò alla federatletica spagnola che credeva che il sangue servisse per analisi: una sacca!) gli sono valse la ‘squalifichina’ di due anni alla spagnola e solo per l’intervento del Consiglio superiore dello Sport (perché la federazione l’aveva dopo qualche mese assolto). Con ritorno alla Mario Boni, più forte di prima.

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