Il 2.45 di Sotomayor e i medici toscani

27 Luglio 2022 di Stefano Olivari

Il record del mondo di salto in alto compie la bella età di 29 anni, visto che fu il 27 luglio del 1993 che Javier Sotomayor andò a Salamanca oltre l’asticella posta a 2 metri e 45 centimetri. E quello femminile, il 2.09 della Kostadinova ai Mondiali di Roma, ha addirittura 35 anni… Certo l’atletica non si è fermata e ad Eugene abbiamo visto gare fantastiche (i due 200, i 100 e 400 ostacoli femminili, i 1500, i 5000) ma in alcune specialità non si è più andati avanti rispetto agli anni Ottanta-Novanta e non è nemmeno una questione di record mondiale ma di livello dei finalisti delle grandi manifestazioni: il 2.36 con cui Wessig vinse alle Olimpiadi di Mosca nel 1980 sarebbe un salto da medaglia ancora oggi.

E nel salto in lungo in Oregon un Giovanni Evangelisti in buone condizioni avrebbe anche potuto vincere, senza bisogno delle misurazioni all’italiana. Per non dire che un Andrew Howe sano avrebbe vinto super-medaglie per dieci anni, anche se il discorso sugli infortuni è semplicistico: farsi male, a meno che non ti venga addosso una moto mentre stai attraversando sulle strisce, è quasi sempre una colpa.

Curiosamente i saltatori in alto, forse per merito del loro fisico elegante, sono esentati dai sospetti di doping ma nel caso di Sotomayor questi non sono nemmeno sospetti visto che due volte è risultato positivo, una per cocaina e la seconda per nandrolone, e che nel primo caso (nel secondo era ormai sul punto di ritirarsi) ha goduto di una incredibile benevolenza della allora IAAF che gli scontò la pena con la motivazione (scritta!) che Sotomayor dava un’immagine positiva dello sport e che in tanti altri test era risultato negativo. Si sarebbe potuto scrivere le stesse cose di Lance Armstrong…

Classico caso di controlli a sorpresa impossibili nei paesi totalitari, il che non significa che Sotomayor ‘prima’ fosse sporco ma soltanto che per testarlo sul serio bisognava che si presentasse alle grandi gare. Dove pochi medici e senz’altro non quelli cubani sono così stupidi da presentare atleti ‘pieni’. Cosa vogliamo dire? Che negli anni Settanta, Ottanta e in parte anche Novanta, visto che le strutture federali erano rimaste più o meno le stesse, abbiamo letto troppi articoli sulla cultura del lavoro che mancava agli italiani e sulla tecnica superiore delle farfalliste con i baffi. Bisogna insomma rivalutare le carriere di atleti di paesi nella media puliti.

Poi Sotomayor per continuità sopra i 2,40 faceva impressione, ed è sempre possibile che i limiti umani siano davvero 2,45 e 2.09 (aspettando il 2,20 del trans), ma le giornate, i mesi e gli anni passati a guardare sport da parte di tutti noi andrebbero asteriscate senza guardare al passaporto o alla maglia dei vincitori. O comunque messe in prospettiva. Invece, lo abbiamo notato anche con lo spettacolare Tour de France appena vinto da Vingegaard, è di nuovo partita la retorica dello sport adesso sì finalmente pulito. Senza i medici toscani e le squadre dei maneggioni italiani i risultati sono tornati credibili. Per chi si collegasse con Indiscreto soltanto oggi: noi siamo favorevoli al doping perché un professionista già si rovina con il super-allenamento, non a pescare ogni tanto dal mazzo un capro espiatorio.

info@indiscreto.net

Share this article