Calcio
I ventisette minuti di Keegan e Brooking
di Stefano Olivari
Pubblicato il 2007-11-09
Il Mondiale arrivato troppo tardi o nel momento sbagliato della carriera può rovinare le vecchiaie dei grandi campioni come poche altre cose. Speriamo non sia il caso di Kevin Keegan e Trevor Brooking, che dal punto di vista calcistico hanno già da molto tempo deciso di vivere di ricordi, al di là dei ciclici ripensamenti di King Kevin e delle moltitudini di persone che tirano per la giacca Brooking ogni volta che il West Ham si trova in difficoltà. Di una cosa siamo comunque sicuri: fra i ricordi belli non ci sarà Spagna 1982. Un torneo al quale l’Inghilterra si avvicinò con molto nervosismo, dopo due qualificazioni fallite per vari motivi fra i quali il principale era l’essersi imbattuta nella futura squadra rivelazione: prima la Polonia di Kazimierz Gorski e poi l’Italia di Bearzot. Nel primo caso solo il ventiduenne Keegan visse da vicino la delusione: durante la televistissima, anche da noi, Inghilterra-Polonia di Wembley, sull’uno a uno (che poi sarebbe stato il risultato finale) Ramsey disse alla sua riserva più forte di scaldarsi ma poi cambiò idea e buttò nella mischia Kevin Hector. L’attaccante del Derby County sfiorò il gol dell’immortalità, ma la partità finì uno a uno ed in Germania andò quindi la squadra campione olimpica in carica. Nel secondo caso invece Keegan e Brooking l’eliminazione la vissero insieme, da stelle affermate, uno del Liverpool campione di tutto e l’altro ovviamente del West Ham unica squadra della sua vita. Il 17 novembre 1976 entrambi in campo a Roma, due (Antognoni e Bettega) a zero per gli azzurri. Il 16 novembre dell’anno successivo entrambi in campo a Wembley: due a zero per la squadra di Don Revie, gol proprio di Keegan (da pochi mesi passato all’Amburgo) e Brooking. Nel 1980 entrambi in campo (Brooking saltò la partita con l’Italia a Torino, risolta dal Tardelli pre-urlo) in un Europeo su cui si puntava molto, dopo un quadriennio di dominio in Coppa Campioni fra Liverpool e Forest, ma che per la squadra di Ron Greenwood (al potere da fine 1977) finì in una mezza delusione.
Insomma, Spagna 1982 come ultima occasione per entrare nell’albo degli immortali a prescindere, per la crudele regola secondo cui fra cento anni in questo pianeta Totò Schillaci sarà ricordato più di Kubala. Nonostante la quantità di talento e soprattutto i due posti a disposizione (Havelange era riuscito a portare la fase finale a 24 squadre) l’Inghilterra nel suo girone faticò non poco: dopo le prime cinque partite la squadra di Greenwood si ritrovava con soli cinque punti e tre incontri da disputare, di cui due contro un’Ungheria in grande forma. Il 6 giugno del 1981, a Budapest, i Leoni compirono un’impresa che non riusciva dal 1909, vincendo grazie ad un gol di Brooking, ma ad Olso con la Norvegia persero però due a uno. La partecipazione alla Coppa era appesa ai risultati degli altri, che questa volta dissero bene: il suicidio della Romania contro la Svizzera regalò un assist ormai insperato, alla vigilia della partita di Wembley contro l’Ungheria già sicura del primo posto. Uno a zero e Mondiale, 12 anni dopo Mexico 1970.
Sorvoliamo sui soliti racconti di Spagna 1982 per venire ai due campioni che nell’albergo-ritiro della nazionale, pochi chilometri fuori Bilbao, si resero conto di essere di troppo. Keegan, dopo due stagioni al Southampton, a 31 anni tirava avanti con la schiena a pezzi, mentre il più anziano (34) ma meno logoro Brooking invece soffriva per uno stiramento all’inguine curato male. Si conoscevano e frequentavano praticamente da sempre, ma in quel Mondiale condivisero davvero tutto: paure, speranze, sogni, addirittura anche la camera. Dopo lo strepitoso esordio con la Francia, il tre a uno con il gol-lampo di Bryan Robson (che dopo il pareggio di Soler raddoppiò nel secondo tempo, con Paul Mariner che chiuse la partita nel finale), in conferenza stampa Greenwood si sentì fare domande quasi solo sulla salute dei due campioni più popolari. Non si stupì, ma rimase sul vago: non poteva ammettere nemmeno con se stesso di averli convocati per gratitudine, pur conoscendo alla perfezione le loro condizioni. ‘’Brooking è un po’ in ritardo sui tempi di recupero – spiegò il c.t., ma sta lavorando bene’’. In realtà per le due stelle non stava andando bene niente, visto che subito dopo la partita con la Francia fu chiamato da Londra un luminare della medicina che non poté far altro che curare Brooking con iniezioni di vario tipo.
Quello che stava peggio era però sicuramente Keegan, la cui schiena non gli consentiva di concludere un allenamento a causa dei continui spasmi. Ovviamente le provò tutte, soprattutto in una clinica di Bilbao dove si fece bombardare di raggi, ma senza apparenti benefici. Nemmeno un premio Nobel sarebbe stato in grado di identificare il suo male, anche perché il male si chiamava logorio: chi l’ha visto giocare, senza risparmiare mai una sola briciola del suo talento, può capire. Una sera prese da parte Greenwood e quasi piangendo gli disse che non avrebbe potuto essere utile alla squadra e che non si meritava di essere preso in considerazione. ‘’Grazie per avermi concesso questa occasione, ma sono inutile: la schiena mi fa male anche quando sto fermo’’. Greenwood lo consolò, spiegandogli che lo avrebbe aspettato in ogni caso, così intravedendo una speranza Keegan prese una decisione improvvisa: noleggiò un’auto e fra mille dolori guidò nella notte verso Madrid, dove un volo privato lo portò ad Amburgo dall’ennesimo medico con soluzioni miracolose. Greenwood avrebbe poi ricordato questo episodio nella sua autobiografia: ‘’Non avrei lasciato nessun altro giocatore andare a curarsi da solo, nemmeno Trevor che per me era come un figlio, ma Kevin era diverso’’. Sia come sia. Keegan tornò quattro giorni dopo per la partita con la Cecoslovacchia del 20 giugno, lievemente migliorato. Ovviamente né lui né Brooking furono convocati per scendere in campo al San Mamés, dove l’Inghilterra si presentò con lo stesso undici titolare visto con la Francia. Facile vittoria, grazie ad un errore del portiere Seman sfruttato da Trevor Francis e ad un autogol. Il turno successivo era conquistato, ma tutta l’Inghilterra si chiedeva di Kevin e Trevor. La partita finale del girone, con il Kuwait di Carlos Alberto Parreira, fu affrontata in scioltezza ed anche senza Robson, infortunato e sostituto da Hoddle. Golletto di Francis e avanti a punteggio pieno.
Il giorno di Inghilterra-Kuwait fu anche quello dello scandalo di Gijon, con la Germania Ovest che battendo l’Austria 1 a 0 in una partita-farsa buttò fuori dal Mondiale l’Algeria, e di Irlanda del Nord-Spagna a Valencia, con la sorprendente vittoria degli uomini di Billy Bingham. Nel gironcino si sarebbero quindi dovuti affrontare tedeschi e padroni di casa. Al Bernabeu contro la squadra di Derwall tornò Robson, ma di Keegan e Brooking ancora nessuna notizia. Come avrebbe rivelato anni dopo, Greenwood (scomparso nel febbraio 2006) pensava che per Keegan non ci fosse nessuna speranza mentre il ‘suo’ Brooking, lanciato nel West Ham dell’era post Moore-Hurst-Peters, aveva sostenuto qualche buon allenamento e per qualche giorno lo aveva illuso. Con la Germania Ovest finì zero a zero, con pochissime azioni inglesi e una traversa colpita da Rummenigge nel finale. Dopo il due a uno tedesco sulla Spagna c’era da chiudere il girone proprio con la delusissima squadra di Santamaria, con un obiettivo chiaro: una vittoria con almeno due gol di scarto per andare ad incrociare in semifinale la Francia.
Il ritiro di Navacerrada, un’ora d’auto fuori Madrid, si caratterizzò per nervosismo ed illazioni di ogni tipo. Greenwood era tentato di giocarsi la partita della vita mandando in campo dal primo minuto sia Keegan che Brooking, giudicati quasi pronti. La grande incognita era l’atteggiamento della Spagna, che scatenò un dibattito non solo interno: Spagna rinunciataria, quindi da mettere sotto subito, o Spagna motivata e quindi da affrontare con una formazione più equilibrata? Alla vigilia Greenwood si riunì con il suo
staff di collaboratori (che, fra gli altri, comprendeva l’allenatore dell’Ipswich Bobby Robson e quello del QPR Terry Venables, suoi futuri successori, oltre al selezionatore dell’Under 21 Dave Sexton ed al fido Geoff Hurst): quasi tutti ipotizzarono lo scenario di una Spagna rinunciataria. Alla fine della riunione Keegan avvicinò Greenwood, dicendogli che si sentiva di rischiare tutto e asserendo di parlare anche a nome di Brooking. Alla fine Greenwood decise che si sarebbe andati all’assalto fin dall’inizio con le tre punte: Woodcock (al posto dell’infortunato Coppell), Mariner e e Francis, mentre Brooking e Keegan sarebbero stati fra i cinque in panchina. Greenwood non li illuse, spiegando ad entrambi che li avrebbe schierati solo se le cose si fossero messe davvero male.
E le cose si misero male davvero perché la Spagna giocò in maniera equilibrata, come se il suo Mondiale non fosse già finito, tanto è vero che fino al 63’ i pericoli maggiori furono corsi da Shilton. A 27 minuti dalla fine lo zero a zero, la disperazione e la gratitudine imposero a Greenwood la doppia sostituzione: Keegan per Woodcock e Brooking per Rix. L’ingresso dei due centrocampisti offensivi, in aggiunta alle due punte, portò entusiasmo ed un assalto finale di quelli che ai tempi si definivano ‘da squadra britannica’. Purtroppo per loro, furono proprio Brooking e Keegan fallirono le due occasioni più chiare: il primo tirando largo ad Arconada battuto, il secondo sprecando uno stupendo cross di Robson (ricordando l’azione avrebbe detto: ‘’Ho segnato da cinquanta posizioni più difficili’). La loro storia Mondiale durò 27 minuti, gli stessi 27 minuti: per entrambi fu l’ultima partita con la maglia dei Leoni.
Stefano Olivari
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