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Basket

I soldi di Vanoli

di Oscar Eleni

Pubblicato il 2019-12-09

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Oscar Eleni ai piedi del monte Ararat, sognando di arrivare  all’hotel Gagarin, in Armenia, dove Simone Spada ha girato il suo primo bellissimo film, naturalmente quasi ignorato anche se ha vinto un Nastro d’argento. Sentimenti, belle  e cattive persone, un grande Battiston, splendido Leroy, bravi Argentero, Amendola, la Bobulova e Silvia D’Amico.

Sarebbe il posto giusto per fermarsi a guardare la guerra dei bottoni  fra gente che gode nel portarti alla rovina, per cercare nella passione e nel sentimento la possibilità di realizzare sogni come facevano i paesani di quel borgo armeno sperduto, sfruttando gente che era stata mandata allo sbaraglio per truffare gli euro-aiuti all’arte del cinema.

Una delle tante a spese di una unità continentale che non piace ai terrapiattisti perché tiene lontano l’idea di farsi la guerra, di lucrare sui cambi, di chiudere frontiere, porte, balconi, inventarsi nemici, fingere spiritualità fra mattanze e illegittime difese. Ci piacerebbe che si potesse distinguere l’acqua salata da quella dolce senza bisogno di farsi aiutare da una lingua di sabbia come in Islanda.

Ora, per un povero viandante con pallone da basket nello zaino, come farsi prendere sul serio nella settimana splendida e splendente per gran parte del nostro sport e non certo per la divisione del pane e dei pesci da parte del Sabelli? Che dalla montagna della sua autoproclamata incompetenza avrà certo capito cosa vogliono dire 20 medaglie europee del nuoto ai campionati in vasca corta, il secondo posto nel medagliere di Glasgow, o magari cosa rappresentano per uno sport che ha bisogno di professionisti, ma vorrebbe meno tasse, le due coppe del mondo conquistate dalla provincia aurea della grande pallavolo italiana con campionesse e campioni senza passaporto dove giganteggia una ragazza di vent’anni, Paola Egonu, liberata qui, educata qui, diventata grande in una scuola che insegna in tutto il mondo, anche se la maggior parte sono figli di Julio Velasco, argentino modenese, cittadino del mondo, uomo che ha spalancato finestre dove c’erano monaci turbolenti come nel Nome della Rosa. Un po’ quello che ha fatto Tanjevic per noi, per i turchi, per la sua terra d’origine.

Speriamo che abbiano anche capito il valore della medaglia europea nel cross di Yeman Crippa, ricordando ai cucuzzari oggi, quelli collegati con le lobby delle armi, la storia di questa adozione. Convinti che non daranno il valore giusto al successo europeo fra le under di Nadia Battocletti.

Insomma gioiscono quasi tutti, con lo sci che aspettando i campioni noti si gode le grandi novità coltivate sui ghiacciai, ma il basket è lì nell’angolo che si piange addosso perché l’Armani bonificata dal pianginismo è caduta nella fossa delle marianne europee e in questa settimana, fra Villeurbanne, cosa di Tony Parker, e Madrid, tempio Real, potrebbe scoprire di essere tornata alla casella di partenza come l’anno scorso. Doloroso dirlo, ma la Milano vista a Pesaro  era davvero brutta e capiamo Messina quando dice che odia le partite, se sono quelle ultime giocate da una squadra sbagliata,  con troppi infortunati e troppi mezzi giocatori.

Chi ascolta la voce del vecchio padrone, chi decodifica il livore dei mai rimpianti, naturalmente batte oggi sul tasto che dava fastidio ieri: i soldi. Dovrebbero sapere che non hanno mai fatto felicità o squadra. Certo difficile che comprendano quelli capaci di mettere una pubblicità alla casa del basket del Palalido piuttosto che dedicarlo a chi ne ha fatto la storia nel basket. Magari Rubini?

Fortunata Torino che mentre vede crescere bene la squadra reinventata dopo l’innesto del gruppo Sardara ha deciso di dedicare il pala Ruffini a Gianni Asti. Allenatore, maestro, uno che ha lasciato tracce, ha lavorato per il bene comune e non soltanto per schiacciarsi l’occhio davanti allo specchio.

Sensibilità diverse, per questo siamo all’hotel Gagarin, invidiando le ragazze di Conegliano spumeggianti come un buon Prosecco, trionfatrici in Cina, e quelli della Lube Civitanova campioni battendo i brasiliani a casa loro, affidati al caro Fefè De Giorgi, amicizia da ubriacatura post titolo mondiale di volley a Rio, lui in campo, riserva lussuosa, per Julio, noi a scriverci volentieri belle storie.

Beati loro, noi siamo qui con gli arbitri in rivolta, come è tornato a scrivere CP dal suo osservatorio che speriamo sia ormai lontano dall’acqua alta che ci regala il destino, con la paura che chi controlla i conti mandi in castigo tre società di serie A come sussurrano in troppi. Il Petrucci smanioso fa sapere che questa Lega ribelle e disunita non gli va bene, fumo per coprire tutto il resto come il comunicato per farci sapere che se dovesse andare male, come si teme, il preolimpico a Belgrado, si potrà costruire per il prossimo europeo. Buoi e porte spalancate.

Ora alla fontana dei veleni, sapendo che la Serbia a casa sua ci potrebbe far male davvero, dicono che i soldatini di Azzurra Fremebonda sarebbero in gran parte ostili a Sacchetti che intanto potrebbe dire a tutti chi sono certi giocatorini da sala biscotti. Basta vedere le partite, prendere nota. Comunque il Meo fa davvero Marameo a chi gli spara contro a prescindere anche se è stato il primo a fermare la Virtus, certo in una serata  con arbitri che fai fatica a capire, come tanti dei loro colleghi, eroi capaci di cacciare un artista come Teodosic. Lui aveva anche battuto l’Armani di Messina, lui è lo stesso che ha vinto la Coppa Italia con una squadra da salvezza, anche se il coro faceva circolare la voce che alla ferramenta Vanoli fabbricassero soldi, gli stessi che consideravano uno squadrone la Sassari del triplete, certo un bel gruppo, ma distante dai veri favoriti.

Stancamente fra soldati armeni che non capiscono vi diciamo che ci è mancato il pranzo fra i veri grandi che hanno dato vita alla saga Cantù-Varese. Altra vita, altre storie, altre scuole. Grazie a Marzorati che ha tenuto accesa la fiamma, grazie a chi c’era, mandando al diavolo chi fa di tutto per farsi escludere dai palazzi.

Al Gagarin  avremmo anche ascoltato volentieri il Messina condotranquillizzato, ma poi ci disturbava il lamento del basket che va a cercare talenti in America e giustifica i flop di quelli che stanno qui spiegando che se non li lasci sbagliare i giocatori vivono nel terrore. Bella scusa. Possibile che abbiano sempre ragione loro, questi artistoni che a parole si vorrebbero mangiare il fuoco e poi si ustionano.

Bisognerebbe discutere perché Andrea Pecchia, classe 1997, non tenuto dall’Armani che, fortunatamente per lui, lo ha fatto andare ad imparare finendo poi da Treviglio, bella scuola, a Cantù sia il giocatore  più progredito della stagione. Aveva già vinto premi come miglior under in A2, ma adesso sembra qualcosa di più. È alto 1.97, ha cuore. Speriamo che nessuno gli racconti la favola che ha mandato Polonara a far panchina in terra basca e fa ammuffire Flaccadori in Baviera.

Pagelle che per questo basket dovrebbero partire  dallo zero scarabocchio.

10 A Meo SACCHETTI che ferma la Virtus vincendo non con il suo amato attacco ma con i rimbalzi, la grinta. Evoluzione alla faccia dei veleni del condominio.

9 Al MENETTI uscito dal meno 20 contro la sua Reggio ammettendo che aveva fatto solo puttanate, prima di affidare a Nikolic la maschera di Zorro per ribaltare una partita che ha portato oltre 5000 persone al Palaverde.

8 A BUSCAGLIA se resisterà alla tentazione di mandare tutti al diavolo perché quello che sta facendo a Reggio è bello come quello che faceva a Trento, ma se il destino ti manda certi giocatori allora può essere che ti mangi una dote come quella del primo quarto a Treviso.

7 Al pittore SACCO che con vero spirito pesarese si è avventurato nella missione impossibile di salvare una squadra che soltanto una Milano così disturbata poteva far stare in partita fino a 3’28” dalla fine.

6 A ROMA che ha lasciato TRIESTE nel sottoscala di un palazzo come l’EUR dove, purtroppo, per Bucchi, la gente va soltanto per le partitone e non supera i 2000 per le sfide che valgono di più.

5 A VARESE che in trasferta sembra perdere la garra di artiglio Caja allenatore a cui la società sembra voler fare dispetti se a lui, interista doc, affidi una squadra in maglia rossonera.

4 Alla LEGA che sembra aver perso il  senso del ridicolo e si lascia sculacciare da tutti mentre  intorno il coro canta: ma prendete uno che vi porti soldi in cassa. Ecco la malattia. Soldi, mai idee sostenute da veri progetti. 

3 Alla NBA con 107 giocatori che arrivano dal mondo e nessun allenatore europeo in panchina. Il loro gioco esalta soltanto chi ama il tiro a segno, l’individualismo e, ogni tanto, si ricorda, che il basket è anche gioco di squadra.

2 Alle SOCIETÁ, cominciando da Milano, soprese dal fatto che il doppio impegno campionato-coppe svuota i serbatoi, crea molti problemi fra viaggi e mancati allenamenti.

1 Alla TERNA della partita vinta da Cremona sulla Virtus per aver mandato fuori Teodosic, punendo un artista per il gusto di mettere una tacca importante sulle pistolettine ad acqua.

0 A TORINO che continua farsi beffe di Milano: da loro tre palasport, in casa della Tosca zero, da loro un palazzo dedicato ad un grande pioniere del basket come Asti, qui neppure un locale per ricordare che il Palalido fu terra di grandi.

P.S:  Grazie alla RAI che concede la diretta sulla 2 per Virtus-Milano, ma certo bisogna avere amicizie che contano per arrivarci se il volley che va in diretta sui canali nazionali si vede negare le coppe del mondo regalate a SKY. Misteri.

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