I proprietari del prossimo Kakà

24 Febbraio 2009 di Pippo Russo

di Pippo Russo

Si terrà a Brasilia nei giorni 17 e 18 marzo il forum di Soccerex, società fondata nel 1996 alla quale è stata data la definizione di “Hub of the global football community”. E i temi sul tappeto, in obbedienza alla vocazione di centralità strategica per la famiglia del calcio globale che gli organizzatori si assegnano, sono di grande attualità in materia di mutamenti intervenuti riguardo ai modelli di business. Infatti tra le varie conferenze (a una delle quali parteciperà anche Daniele Monti, nella sua qualità di responsabile dell’A.S. Roma Campus aperto in Brasile) ne è prevista una di particolare significato, in chiusura della manifestazione: quella intitolata “Scoprire il prossimo Kakà“. Assente il fuoriclasse milanista, a comporre il panel del dibattito saranno il suo agente Diogo Kotscho, l’ex Ct della nazionale brasiliana Carlos Alberto Parreira (attualmente impegnato come consulente di mercato) e Jeff Powell, giornalista del Daily Mail. L’oggetto di discussione è esplicitato nel programma: “Studiare l’allevamento dei calciatori nella patria del calcio centrando l’attenzione su temi quali quelli della formazione giovanile, delle reti di osservatori, del ruolo degli agenti e della proprietà dei giocatori”. E non pare casuale che proprio di ciò si dibatta in chiusura della manifestazione. In apparenza si tratta di un dibattito come tanti ne vengono organizzati (non in Italia, purtroppo) sui temi della New Economy globale del calcio. Ma in realtà, guardando all’elencazione degli argomenti, si capisce quale sia il vero obiettivo di Soccerex e degli attori che stanno ristrutturando a propria misura il mercato del pallone. Il tema che riguarda la proprietà dei singoli calciatori è infatti decisivo per il futuro del calcio, e chiama in ballo il ruolo di quella che da sempre è l’unità di base della struttura istituzionale del calcio: il club sportivo. Per definizione, esso ha sin dalle origini il compito di selezionare il talento sportivo, acquisendo calciatori attraverso il ricorso a due metodi: quello della formazione (allevare il talento attraverso le proprie strutture di training) e quello del reclutamento (acquisirlo attraverso il ricorso al mercato). L’attuale fase di mutamento ha rimesso in discussione questo assetto; facendo sì che soprattutto nei paesi meno sviluppati (o contraddistinti da gravi squilibri economici interni; come, appunto, il Brasile) la formazione dei giovani talenti venga sottratta ai club locali per essere acquisita da strutture di emanazione straniera. Si tratta di campus e scuole-calcio, che fanno capo a club europei e/o agenti privati. Il risultato è che il calcio giovanile di intere aree sub-continentali si appresta a passare sotto il controllo estero. Né va diversamente per quello che riguarda il reclutamento, poiché nei paesi africani e sudamericani si diffonde sempre più la pratica che porta i cartellini dei giocatori a essere proprietà non già dei club, ma di agenzie di procuratori e fondi d’investimento che li commercializzano, spesso limitandosi a “affittarli”. Sicché, giocatori militanti in club diversi fanno capo alla medesima proprietà, coi rischi che ciò può comportare in termini di trasparenza e regolarità dei campionati. Si parlerà di “Scoprire il prossimo Kakà”, ma in realtà si prova a legittimare una nuova filosofia del mercato globale nella quale i club sportivi (escluso il gruppo dei più ricchi e potenti, che potranno allargare la forbice a proprio vantaggio) avranno gradi decrescenti di autonomia. Piaccia o no, è questo lo scenario verso il quale si sta andando.
Pippo Russo
(Per gentile concessione dell’autore, fonte: il Messaggero di oggi)
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