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I pionieri
Stefano Olivari 27/11/2024
Telecapodistria, per tutti semplicemente Capodistria, è stato per diversi anni il quarto tasto del nostro televisore, non diciamo del telecomando perché il primo telecomando lo avremmo visto nel Natale 1977, insieme al televisore a colori. Basterebbe questo, insieme al numero di telecronache di Sergio Tavčar di cui siamo stati spettatori, per apprezzare I pionieri – Le incredibili storie di una televisione di confine, libro prodotto da Bottega Errante Edizioni che Tavčar ha dedicato a quella che ufficialmente era l’emittente statale jugoslava per la minoranza di lingua italiana ma che in realtà era seguitissima in tutto il Nord Italia perché essendo legata al circuito dell’Eurovisione aveva accesso a quasi tutto il grande sport internazionale, come del resto la RAI che però non lo trasmetteva.
All’inizio degli anni Settanta in una redazione sportiva messa su in fretta entrò un Tavčar poco più che ventenne, che in breve tempo con telecronache fatte quasi tutte ‘dal tubo’ (cioè senza andare sul posto), divenne popolarissimo anche da noi per il suo stile diretto applicato non soltanto alla pallacanestro ma anche agli altri sport che seguiva, nuoto in primis. Pallacanestro che al sabato pomeriggio era quella jugoslava, con le dirette integrali del Partizan Belgrado di Kićanović e Dalipagic, della Jugoplastika di Jerkov, della Stella Rossa di Slavnic, dello Zadar di Cosic, del Bosna di Delibasic e Radovanovic allenato da un giovane Boscia Tanajevic… Tutti personaggi che avremmo visto in Italia, Delibasic per troppo poco. Tutti tranne l’incredibile Radmilo Misovic, maestro del tiro in controtempo, dell’ancora più incredibile Borac Cacak. Va be’, piangiamo in silenzio.
La pallacanestro è in ogni caso del tutto marginale in questo libro, essendo l’argomento già stato trattato ampiamente nei precedenti di Tavcar, attento a non duplicare gli aneddoti. Anche perché ce ne sono tanti, come è logico che fosse per la sorella minore dell’emittente di stato jugoslava, la RT (Jugoslavenska Radio-Televizija), che doveva barcamanarsi fra le istanze di 9 realtà radiotelevisive, in rappresentanza di 6 repubbliche e 3 minoranze linguistiche. Aneddoti divertenti e anche amari, ben rappresentativi di uno stato artificiale in cui qualsiasi soluzione sarebbe secondo Tavcar stata sbagliata, con la guerra sbocco inevitabile anche se nel 1991 la Slovenia (lui è cittadino italiano ma della minoranza slovena) avrebbe limitato i danni e i morti grazie a un capolavoro di furbizia, tagliando le comunicazioni all’esercito jugoslavo, che poi era a trazione serba.
Parleremmo per ore di Capodistria ma a un lettore meno coinvolto diremmo che la parte storicamente più interessante di I pionieri è quella in cui si racconta di quando Koper fu fagocitata dalla Fininvest, che sul finire degli anni Ottanta iniziò a raccogliere pubblicità per l’emittente, generando un’età dell’oro per i telecronisti come Tavcar, fra trasferte olimpiche e alberghi a cinque stelle, e per i telespettatori italiani che in quegli anni riuscirono davvero a vedere quasi tutto lo sport del mondo gratis, con i giornalisti come Tavcar e Sandro Vidrih che furono affiancati da Rino Tommasi, Dan Peterson, Sandro Piccinini, Massimo Marianella, eccetera. I piani di Berlusconi andavano però oltre la pubblicità, perché i ripetitori di Capodistria sarebbero dovuti essere i primi di una nuova televisione, la prima pay-tv italiana. Quasi dalla sera alla mattina il segnale italiano di Capodistria si trasformò in Telepiù, e la Capodistria per così dire originale sarebbe rimasta una tivù pubblica slovena localissima, con diritti su poche cose. Sergio Tavcar sarebbe stato spesso evocato da noi fedeli ma da metà anni Novanta in poi mai davvero visto. Un mito, come Telecapodistria.
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