I mesi dei Taylor

24 Novembre 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni tenuto per mano da Arturo Kenney, furia in rosso che ha subito e battuto di tutto, sul campo e nella vita, a spasso per i viali accoglienti del Grinnell College, un campus per genii delle arti libere, fra Des Moines e Iowa City, sperando di incontrare Jack Taylor che in un giorno di novembre ha segnato 138 punti in una partita del torneo NCAA di III divisione contro i Battisti della Bibbia. Strana camminata con il grande rosso uno, perché  siamo convinti che non sia così entusiasta di un primato del genere in uno sport di squadra dove se uno tira 108 volte, 2.72 al minuto, vuol proprio dire che si fa i fatti suoi come tanti cannonieri avidi. Per la verità il Taylor primatista, che ha scalzato un record di tale Bevo Francis, 113 punti nel 1954 per il suo college di Rio Grande contro Hillside, non è certo a Grinnell, nel collegio fondato del reverendo Joshua Bushnell Grinnell, ministro di culto abolizionista nei tempi dove i pionieri si scannavano su razza, religione, pepite, e derivati, un tempo?, già, per diventare un campione dello sport, perché in quella scuola si punta a grandi traguardi, come molti  nel periodo in cui il nuovo corso di Franklin Delano Roosvelt scelse architetti ed amministratori proprio da quel collegio dell’Iowa.

La cosa bella è che tutti i compagni hanno sacrificato al suo talento la giornata di sport.  Volevamo vedere da vicino alberi e strade del borgo per  sentire anche Arturo Kenney raccontare della sua vita calpestata dagli attentati alle torri gemelle, dalla crisi, dalle giornate sotto l’incubo uragano. Non gli parliamo ancora di questa Milano che è arrivata nel porto di quiete della  Eurolega battendo la seconda società di Zagabria appena abbandonata da Bozo Maljkovic, non certo per caso, perché sarebbe un po’ come celebrare il record di Taylor all’inizio di una stagione che ancora deve far correre, uno vicino all’altro, i purosangue dei tornei, per ora si va da sfide fra lepri e tartarughe, quindi non varrebbe la pena di fermarsi a giudicare. Nel male se capitano scivolate sulla sabbia invece che su pareti davvero difficili. Nel bene, se capita  di cavarsela nel primo turno di qualificazione europeo dove Zagabria era già data per spacciata prima di partire e Vitoria è diventata davvero un mistero glorioso se dopo aver cacciato Dusko Ivanovic, uno di quelli che hanno scritto davvero la storia del Basconia, va a segnare 45 punti a Kaunas contro una squadra di grandi attaccanti ma, di  sicuro, non eccellenti difensori. Milano ha perso in casa con Vitoria, ma era quella bianco mammola che ancora non aveva sentito la frusta profumata del diabolo alla Pannofino. Missione compiuta diranno al Lido, lo dice Scariolo che vede scorrere sangue nuovo nel suo Emporio  dove quasi tutti hanno deciso che il prezzo pagato dalla società è giusto anche per una difesa che costa fatica. Certo, primo obiettivo raggiunto ed è un bene che certe malattie della pelle siano stato scoperte subito e curate con l’acqua dei santi bevitori.

Non è andata bene, invece, a Cantù, che pure esce a testa altissima da questa tonnara europea gestita da  arbitri rais che scambiano tonni per cefali, prendono lucciole per lanterne senza che in casa Bertomeu facciano una piega perché sono impegnati a suggerire il nuovo basket ad una federazione mondiale, europea, che ha sempre visto come diavoli quelli che osavano far tracimare l’acqua santa dal loro possedimento. Nel consiglio dei saggi di eurolega c’è anche Minucci e applaudiamo a quasi tutte le richieste, sapendo che allargare e allungare i campi di gioco è quasi un’utopia, come dovrebbe sapere anche lui sempre in attesa dal priorato di Siena del palazzo novo e vero che permetta grande vita europea. Dicevamo di Cantù che ha mancato di poco la presa sul Panathinaikos, non quello terribile dei tempi di Obradovic, ma pur sempre una squadra pilotata dal riccio Diamantidis che ha trovato nuova luce con Banks e un tiratore stile vera Grecia nell’ellenico del Michigan il terribile Michael Bramos, specchio infranto delle brame cantuchiane, che ha rimesso a posto le orribili percentuali da tre degli ateniesi col trifoglio. Serviva Smith più del tenero Kudlacek, sarebbe stato importante Scekic, ma non c’erano e ora Cantù potrà pensare soltanto alla sua stagione italiana, senza illusioni che fanno pure male.

Per curarsi basteranno poche ore perché a Desio arriverà la Siena rivisitata dall’esploratore  grossetano Banchi che ha trovato risposte in breve tempo davanti agli stendardi dei sei scudetti consecutivi che ha vinto insieme a Pianigiani, ai sette titoli di una società che non molla mai gli uomini scelti, salvo qualche caso raro, salvo non poterne più di giocatori lavativi che pensavano di andare a svernare dove il decalogo della montagna Minucci non prevede soste di riposo per nessuno, dal custode all’ultimo della panchina. Rivisti i ruoli e i minuti di chi non è proprio da contrada senese, allargato lo spazio del Thomas Ress che ci fa perdere la ragione se pensiamo che non era in Nazionale, per scelta sua? Della natura?, se ci siamo convinti che in Slovenia, all’europeo nato maledetto, potrebbe essere più utile del Bargnani che pure sembra al risveglio in una Toronto sempre da fondo del barile NBA, potrebbe essere una spalla buona anche per il Gallo che Denver ama certo più di quanto sembra fare Los Angeles da quando i Lakers, con in panchina il Mike D’Antoni zoppicante, hanno deciso di imitarlo andando prenderle contro squadre modeste come Sacramento e di moda come Memphis. Chiediamo a Kenney di mandare un messaggio ad Arsenio: altre due o tre mattine così amare  e lo faremo operare all’altra rotula.

Tornando all’eurolega in salsa italiana, bei tomi quelli di Sassari nella battaglia over 100 sul campo della Stella Rossa in Eurocup, li amiamo alla follia, anche quando perdono, dai Romeo. Ma  torniamo al piano più alto. Ecco il Montepaschi è arrivato, più o meno, sullo stesso scoglio  dove si trova Milano. Sono  tutte e due promosse alla seconda fase di 14 partite e se la godranno, anche se la fatica sarà pesante per entrare poi nelle 8 e, quindi, nelle 4 per le finali di Londra. Ma hanno mezzi e uomini, più Milano del Monte incappucciato. Chi ha già toccato riva si riposerà un po’ di più: eravamo certi che Barcellona, unica imbattuta, e CSKA, avrebbero goduto di licenze speciali, stupisce che fra le passaportate per il domani ci sia già il Besiktas turco prima del Fenerbahce di Pianigiani, che la Malaguena di Gelsomino Repesa sia davanti al  Maccabi e già qualificata nel girone di Siena, mentre vi giuriamo che non avremmo scommesso troppo sul Kaunas già in porto dopo 7 delle 10 partite della prima fase.

Saluti da Grinnell dove vorrebbero conoscere gli uomini che a Cremona hanno portato sul rogo Artiglio Caja, perché  sentir dire  cose tipo: con Gigio Topos Gresta raggiungeranno la salvezza che con l’allenatore di tante belle squadre, di tanti buoni risultati, Cremona tettazza ingrata compresa, rischiavano di non raggiungere, fa quasi ridere. Cremona è nella mischia a cinque più dura di sempre, una squadra modesta è caduta contro chi era nettamente più forte e valutarla sulle sconfitte contro Siena, Cantù e Milano sa veramente di scusa banale. Siamo abituati a queste cose nello sport non sport italiano. Eravamo sicuri che il basket avrebbe finito la stagione senza tagliare una testa dopo l’abbaglio reggiano sull’inizio dell’eccellente Menetti, invece eccoci qui con queste Salomè che chiedendo l’esecuzione del Battista pavese ci hanno dimostrato come il morbo Zamparini del calcio è arrivato anche nel borgo dove torna il governatore Petrucci con la paura che spunti qualche Zorro dalle galere dove erano stati confinati quelli che mai riuscerebbero a dire inesattezze tipo: il patriarcato di Maifredi è stato peggio di quello che lo ha seguito. Da Parigi e Atene direbbero di no.

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