I Måneskin nel giro giusto

8 Novembre 2021 di Stefano Olivari

I Måneskin hanno aperto il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas ed in generale sono ormai inseriti in un giro in cui la fama si autoalimenta, dal duetto con Iggy Pop alla festa con Miley Cyrus all’invito alla partita dei Lakers a trasmissioni televisive di vario tipo, che tutti i fighi fanno finta di seguire costantemente (tutti grandi fan di Jimmy Fallon, si è scoperto, ma noi abbonati di DAZN nemmeno sapevamo chi fosse). Generando un fenomeno mediatico abbastanza provinciale: il gruppo di ragazzi romani viene preso sul serio in Italia solo adesso, più per questi endorsement americani che per i successi a Sanremo e all’Eurovision, per non dire della loro fama presso giovani e giovanissimi. Perché?

Prima di tutto perché sono destabilizzanti. I Måneskin stanno avendo successo all’estero cantando (anche) in italiano ma senza fare gli italiani, con tutto il rispetto per fuoriclasse come Bocelli e la Pausini. Hanno in pochi mesi raggiunto una fama internazionale che Manuel Agnelli, loro coach a X-Factor (arrivarono secondi dietro a Lorenzo Licitra, fra l’altro in una delle serate cantarono anche Beggin’) del 2017, ha definito da Beatles italiani, che decine di grandi cantanti e gruppi nostrani, anche molto spinti da manager e discografia, hanno vanamente inseguito.

Sono in cima alle classifiche con un genere che a tutti gli effetti è rock, assolutamente fuori moda nell’orrenda era dei rapper-trapper. Non piacciono nemmeno a molti puristi del rock, proprio come personaggi, perché sono lontanissimi dal machismo spesso ridicolo che del rock, per non parlare del rap, è una delle basi. Quanto alla musica, è ovviamente questione di gusti ma anche i più grandi antipatizzanti dei Måneskin ammetteranno che nei primi 100 delle vendite di ogni paese non ce ne sono molti di simili a loro.

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