I keniani del Parco Sempione

22 Novembre 2020 di Indiscreto

Questa mattina come quasi ogni domenica siamo andati a correre al Parco Sempione e zone limitrofe, posti di cui conosciamo a memoria le distanze (spesso sono anche segnate), così come di tutto ciò che sta fra il Palalido e il XXV Aprile, e che quindi ci consentono di capire il nostro stato di forma (spoiler: pessimo) e mai, lì e al parchetto di Pagano sulla strada del ritorno a casa, abbiamo visto così tante persone correre. Sembrava di essere in Kenya nella Rift Valley che ha dato i natali a tanti campioni dell’atletica che secondo il luogo comune (falso: quasi tutti vengono dalla piccola borghesia, con la scuola vicina a casa) erano costretti da bambini a lunghe distanze da percorrere a piedi. 

Questa osservazione ci ha portato a quella che pomposamente definiremo riflessione. E cioè che l’Italia, non solo Milano, stia vivendo a modo suo la pandemia da Covid-19 e le relative restrizioni. Dunque ci sono zone rosse, arancioni e gialle, con città importanti che sono appunto rosse. Peccato che anche nelle zone rosse spesso le giornate sembrino normali, con gruppi di persone in giro senza uno scopo, a volte senza mascherina. Non stiamo parlando delle correttezza delle misure anti-Covid, ma proprio del fatto che queste misure esistano. A questo punto il negoziante di abbigliamento, costretto a chiudere, avrebbe il diritto di sentirsi preso in giro perché nelle vie commerciali il sabato pomeriggio non ci è sembrato tanto diverso da quelli soliti.  

Se dalla strada ci si sposta nei supermercati la situazione è anche peggiore. Distanze come ‘prima’, nessun controllo nemmeno per far vedere che si controlla, gente accalcata che in sostanza se ne frega. Ripetiamo: tutto da dimostrare che le misure spesso cervellotiche dei vari dpcm abbiano un reale impatto sulla diffusione del virus (il caso Argentina è clamoroso), mentre è già dimostrato che qualsiasi legge perda senso in un paese che non le rispetta. Strano che non sia stata reintrodotta la regole del numero chiuso e della spesa limitata a un solo membro del nucleo familiare, per cui tutto è lasciato al buon senso e alla buona volontà del singolo. Certo tutti con la mascherina, ma la distanza sembra una pura utopia per cui ai più scaltri non resta che muoversi rapidamente facendo la spesa con i dispositivi automatici che evitano le code alle casse.

La conclusione di tutto questo? Ci troviamo di fronte a un evidente bisogno di socialità dell’essere umano, non solo in Italia. Un bisogno che appare troppo forte per allinearsi ai richiami all’attenzione mentre hai una minima possibilità di allentare i freni. Esiste anche la salute mentale, non solo quella fisica. Il problema, semmai, è di chi dovrebbe controllare e intervenire, far capire e spiegare, prendendo una posizione chiara e univoca laddove nemmeno gli esperti riescono ad andare d’accordo.

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