Pronti come Fontecchio

13 Luglio 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni fra gli ossi di seppia di una spiaggia brulicante che piace ai grandi velocisti giamaicani. Lignano dove per il nostro basket, diciamoci la verità, spaventati il giusto, c’è più sabbia che oro anche se chi organizza lo fa alla friulana e con una cultura di base che merita rispetto e simpatia. Bravissimo Sacripanti a salvare la capra della qualificazione e i cavoli di una federbasket dove gli amici del Pino sono un po’ come quelli che a Cantù gli hanno detto bravo, ma se non accetti una riduzione del compenso, già basso, te ne puoi andare. Schiaffo del soldato. Per fortuna, almeno sulla carta, sapendo come è andata a finire per altri, lo ha scelto Avellino, nella speranza che ora gli dia anche una squadra decente.

Torniamo alla Under 20, perché vedendola in campo abbiamo preso paura. Fondamentali dubbi e in ordine sparso. Accidenti, il capitano è Simone Fontecchio, premiato come miglior giovane del campionato di serie A. Bella struttura, ogni tanto qualche tiro discreto che spara da dove gli pare. Ha coraggio, lombi nobili visti madre e padre, la mano che lo fece benedire perché in campionato ha trovato due matte vincenti e questo è stato sufficiente alla beatificazione, tiro non certo costruito dai suoi fondamentali che sembrano elementari. Nel finale contro la Francia una sua rimessa a pochi secondi dalla fine ci ha fatto cadere dalla poltrona: gomiti in fuori, palla di cemento per il ricevitore che, fortunatamente, ha catturato la preda.

Certo che dobbiamo essere indulgenti con questi ragazzi, hanno fatto il massimo per le loro possibilità tecniche, pochissime, per quelle fisiche, non di primo livello. Coraggiosi, fedeli ad un allenatore che sa cosa cercare nel loro cuore. L’allarme, però, deve diventare generale in un basket che non sembra avere più insegnanti credibili se i fondamentali di base sono quelli che ci hanno fatto vedere Laquintana, bella testa, tante buone qualità, ma carenze tecniche da brivido. Stessa cosa il diciannovenne Flaccadori che ha come unica scusante il superlavoro estivo, prima con la nazionale di Capobianco, poi con quella di Sacripanti. Lo citiamo perché lo abbiamo visto fare qualcosina anche in serie A.

Allarme rosso per chi considera il basket gioco di squadra dove è necessario passarsi bene la palla, muoversi per prenderla nelle conzioni migliori, tirarla senza tradire le leggi fondamentali dell’armonia perché soltanto i nuovi cantori delle televisioni sparse vi raccontano che i tiri escono per sfortuna. Può capitare. Ma così spesso dovrebbe fare venire dei dubbi su impostazione, uso del braccio, della mano portante e di quella frustante, dell’armonizzazione corporea, della parabola. Per la verità, anche nella nazionale vera abbiamo visto tiri cercando il bersaglio come si fa al luna park per guadagnarsi un pesciolino rosso.

Insomma, siamo davvero spaventati se il livello tecnico e atletico dei migliori, comprensibile in una nazione dove a scuola devi stare con le braccia in seconda anche nell’oretta di educazione fisica invece di correre e saltare, è questo. Se si possono vincere titoli giovanili, anche a 15 anni, come ha fatto la Stella Azzurra, facendo 40 minuti di zona. Certo avranno ragione quelli che considerano educativa la zona fra i giovani, ma, come belano adesso anche quelli del calcio, se non ci sono fondamentali costruiti bene si va davvero poco lontano. Certi allenatoroni, certe super società, quanta gente hanno mandato al massimo livello? Devono, dovevano andare a comprare in giro. Quanti anni e quanti cambiamenti sono serviti per avere il Datome che ora sembra il sogno miraggio della Milano intristita dall’anno vuoto?

Ehi brontolatore fra le seppie, non hai visto che sono andate in zona retrocessione Croazia, da non credere, Russia, accidenti, Bulgaria, Slovenia, Grecia e non è colpa delle crisi visto che nel basket comprano e ingaggiano al massimo livello come potrebbe giurare Djordjevic, Polonia? Abbiamo notato, ma il mal comune diventa gaudio soltanto dove comandano i satrapi che si godono la poca smisurata ricchezza fottendosene dei poveri più di tutti i finti salvatori di questa Italia da operetta tragica.

Allarme generale. Invece di spendere tanto nell’immagine, utile, ma se c’è una vera immagine da propagandare o difendere facciamo viaggiare di più quelli che dovrebbero saper insegnare, proviamo ad arruolare i giocatori che hanno perduto tutto e adesso aspettano un sussidio come vorrebbe giustamente fare l’associazione giocatori. Esempi tecnici e di vite non andate come sognavano. Potrebbero servire. Dal campetto alle palestre. Cari consiglieri federali che vi radunate a Roma, avrete pur visto con quale squadra ha dovuto battersi il Richini all’eurofemminile finito nella miseria delle retrovie: atleticamente quasi niente, tecnicamente troppe lacune e fare canestro era davvero una bella impresa. Un po’ come la Under 20. Le altre non ce le hanno fatte vedere. Per fortuna, dirà qualcuno, ma non è così che si rimedia, nascondendo sotto il tappeto la sabbia, sperando che rimanga fuori una pepita piccolissima.

Datevi da fare un po’ tutti, perché poi sarà impossibile chiedere di portare a Rio, Olimpiade già stregata per molte squdre dell’orto botanico del Coni, la nostra Azzurra Tenera. Chiederlo al Pianigiani che non sembra seminare soltanto per essere il più spiritoso del reame, come nel duetto televisivo con Lacca Scariolo Cid richiamato dalla Spagna, anche se dovessero esserci tutti i quattro della NBA al raduno del 20 luglio, anche se ci fossero tutti i convocati. Da sospettosi abbiamo interpellato qualche maggiordomo e non esiste certezza. Sapete come vanno le cose. Esami del sangue accurati, sirene lontane, chimere, illusioni.

Non tanto tempo fa, dopo una intervista di Alessandro Gentile con il collega che ha scritto il libretto sulla sua vita, ci hanno chiamato in tanti per sapere se eravamo riusciti a vedere un minimo di autocritica nelle parole del capitano della squadra più ricca del reame rimasta a zero tituli. Non c’era, ma non gli era stata neppure richiesta. Certo diversa da quella, più allarmante, che ha rilasciato ad un giornale di Caserta: ”Vogliamo riprenderci (Chi? Visto che della squadra battuta sono rimasti soltanto lui e Cerella…) ciò che ci è stato tolto”. Ohibò, tolto da chi? Non dagli arbitri, non dal sistema. Diciamo che erano tutti finiti nelle stesse ortiche, dai giocatori, non avete sempre detto minchioni che contano soltanto loro, all’allenatore Banchi che poi, davanti alla sua Salomè privilegiata ha dovuto rimetterci la testa. Non parliamo poi della scelta naturale dovendo chiedere alla fortuna se è meglio un titolo europeo, con annessa olimpiade, o l’eurolega con il club che Livio Proli ha ripreso in mano scegliendo la strada da imboccare tanti, tantissimi milioni di euro fa, quella che è sempre la fame la prima motivazione per fare buone squadre con giocatori che stanno insieme avendo obiettivi comuni.

Quando ci sarà il raduno Azzurro nel castello dei Malagant di SKY, che ora vorrebbero riavere il basket ripudiato con spocchia non tanto tempo fa, molto prima di perdere la Champions di calcio, sapendo che in RAI ci sono i partigiani delle perle per un canale sportivo che si ridurrà ad una sola proposta, con affollamento di postulanti di tante discipline, se rifaranno lo stesso quesito dirà che preferisce l’europeo. Ne ha facoltà. Si cambia opinione spesso quando la vita permette di essere ragazzi con qualche privilegio, anche se resta in piedi la regola di un maestro per tanti campioni veri del nostro passato e di qualche allenatore per questi prospetti NBA (un veleno che meriterebbe la squalifica), adesso Peterson vuole mandarci già il Polonara che, fortunatamente, ha un buon video registratore e può paragonare il suo livello con quello dei privilegiati oltre Oceano.

Il Boscia diceva a tutti, cominciando da Esposito: se vuoi diventare qualcuno fai la cura Petrovic, 1000 tiri in più. Noi aggiungeremmo anche altre cose, il passaggio conta tanto, la difesa anche di più nelle giornate dove non esistono pannolini antiodore, pur sapendo che spesso i padri impiccioni, colpevoli della mala educazione, davanti a richiesta sui motivi della poca propensione a difendere dei virgulti da mettere sul mercato rispondevano beffardi: non ne hanno bisogno, fanno spesso canestro. Non è vero che lo facciano tanto spesso, ma lasciamo perdere, qui c’è gente che prende soldi a parte e consiglia a parte, pretendedendo posti in quintetto pur sapendo bene che l’Eurolega, più dello scudetto, in certi ruoili pretende molto, molto di più. Non sarà mai vero, vi direbbe Larry Bird che serve soltanto il tiro. Ma le cose adesso vanno così.

Per chi non ci crede due libri da leggere nell’estate, valutanto bene quello che può servire per vite meno nobili, per giornate un po’ più grame. Il primo è Michael Jordan, la vita, scritto da Roland Lazenby e tradotto da Giulio Di Martino per la collana Vite inattese. Un mondo nuovo da scoprire su uno dei più grandi anche se non ci ha stupito il rigurgito velenoso dentro di noi davanti alla risposta che ha dato quando si è rifiutato di scegliere fra il candidato repubblicano e quello democratico: tutti comprano scarpe. Eh già. Lo sanno anche i giocatori che fanno i mercenari in giro per il mondo, ma ce ne sono tantissimi anche nella NBA. Il secondo lo ha scritto il collega milanese Alessandro Ruta ed è dedicato alla sua squadra del cuore: L’Impero del basket, i favolosi anni ottanta dell’Olimpia Milano. Un volume da mandare a Pisapia, che avrebbe l’umiltà de leggerlo e all’assessora Bisconti, per capire cosa è davvero accaduto quando cadde il palazzo dello sport di San Siro mai più ricostruito anche se, siamo sicuri, una assicurazione doveva esserci. Esemplare nelle ricerca come su tutto il resto del libro anche se non bisogna dimenticare che Ruta da bambino, è nato nel 1982, era convinto che l’Olimpia Milano, sì, sì, cara gente quella che esisteva, oh se esisteva anche prima degli splendori alla corte di re Giorgio, avrebbe continuato a vincere per sempre. La storia racconta che non è stato davvero così.

Vedremo domani, senza essere folgorati dalla luce divina come Premier e Pessina che, non avendo forse il coraggio di ammettere cosa pensavano di Luca Banchi allenatore a Milano, male se oggi sono così ottimisti soltanto perché al timone c’è Jasmin Repesa, considerano ecellente la costruzione, ancora embrionale, della squadra nuova intorno ad Ale Gentile senza spiegarci se era quella la vera natura delle squadre Olimpia dove hanno giocato, cioè tutto intorno ad un campione. Tanti anni fa chi sfidava il Simmenthal, cominciando dalla Bologna di Dado Lombardi, la pensava allo stesso modo. Non hanno vinto tanto. Comunque tempi nuovi, aria diversa: sudore, disciplina, vita comune. Squadra, insomma. Nel congedo per Luca Banchi, quando è stato presentato Repesa, sembrava proprio che l’uomo di Grosseto si fosse lasciato sfuggire troppe cose per tenere in ordine la casa Armani.

Pensieri sparsi per il consiglio federale che si raduna, per chi non sa come battere il caldo. Viste le Universiadi coreane, pensando alla sperimentale che Caja porterà in Cina per un solo torneo, anche se ne erano previsti due, ci viene il dubbio che sia stata fatta una scelta sbagliata. Ripicche politiche superiori al bene del sistema? Difficoltà a trovare universitari in un paese che trova mille posteggi per disabili al giorno?

Nel bellissimo derby informativo fra Sportando e Spicchi d’Arancia ci siamo resi conto che nulla si può muovere davvero ad alto livello se non si hanno rapporti amichevoli con Splendore Bernardi e Storiadelmondo Sbezzi.

Nelle cene del rimpianto abbiamo scoperto che a Treviso c’è fermento, ma non pace. Peccato. Come peccato è non rivedere più Franco alla Ghirada anche se Sani il greco aveva scoperto che non tutto era luccicante fra le tavole del centro sportivo più bello d’Italia.

In un’altra cena parlando della natività, della casa a Buccinasco del Fedez rapper del momento, abbiamo scoperto che se fai la serie C, se hai 10 squadre da mandare avanti, pur non pagando nessuno, basandosi soltanto su amicizia e volontariato, una stagione costa più di 70 mila euro. A voi di Roma la risposta, ma non fatecela fare da Bertea, non lo capiremmo, preferiremmo dieci brindisi con il Silvestri che, ci dicono, ha deciso di lasciare il mondo di Azzurra Tenera dove è rinata la pianta di quelli che vorrebbero piangere e fottere allo stesso tempo. Lo abbiamo già vissuto, ai tempi di Coccia, non sempre, non tutto il periodo per fortuna, un momento del genere. Passò l’alba mistica della scuola Primo fino al tragico tramonto dell’Europeo di Torino 1979. Sapete come è andata dopo.

A proposito di Piemontesina bella, siamo felici di ritrovare Torino e l’entusiasmo di uno come il Forni che dirige la nuova avventura dopo gli anni del grande Guerrieri e del Beppe De Stefano che aveva animo da partigiano Johnny in una città dove la nobile famiglia guardava soltanto casualemente le ragazze che vincevano titoli per la Fiat. Ora il Cus darà una grande mano e Nebiolo il basket lo avrebbe portato alle Universiadi. Dagli Agnelli segnali flebili, ma le nuove generazioni vedono oltre il delirio per un calcio d’angolo di Roccotelli, come dicevano i nani che odiavano genticamente il baloncesto. Mancinelli dice di essere pronto a stupirci di nuovo. Non vediamo l’ora.

Appena ci passa la paura fra le seppie ci risentiremo. Non vi dico buone vacanze perché si sta bene in città, belli caldi e rovinati come diceva Beppe Viola.

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