1. “Bienvenue chez les Ch’tis”. Citano a sproposito Dany Boon, gli sprovveduti del bloc B3 dello Stade de France (“La sola cosa che possiamo rimproverarci è stata la leggerezza dell’esporre lo striscione senza renderci conto del tenore del messaggio”, se la cantano e se la suonano i Boulogne Boys). E dalla Lens dei “pedofili, disoccupati, consanguinei” alla Ninove del Giro delle Fiandre il passaggio obbligato è sorprendentemente breve, su al confine tra Nord-Pas de Calais e Oost Vlaanderen. Succede così che la provincia europea a più alta densità ciclistica – somma d’appassionati per numero d’abitanti e numero di corse per chilometro quadrato – arrivi infine all’evento clou del suo mese più lungo, tanto confusa e un poco infelice: possibile che l’università della bicicletta ammetta poi la vittoria d’un francofono, superati gli esami del Koppenberg e del Muur? Di questi tempi gli scommettitori tifano Philippe Gilbert, anche se i tifosi puntano ancora su Tom Boonen. Sulle strade delirio da Final Four Ncaa. Come si dice March Madness, in fiammingo?
2. Christian Prudhomme è uomo di televisione e ha compiuto vent’anni quando i Buggles cantavano “Video Killed the Radio Star”. La sua formazione è quella, altro che la sociologia dell’École Supérieure de journalisme di Lille. Il direttore del Tour de France ha manifestato a Het Nieuwsblad l’intenzione di limitare – di vietare, in taluni casi – l’utilizzo in corsa delle ricetrasmittenti, il giocattolo preferito da ogni bravo direttore sportivo. L’immagine è tutto e la prima impressione è già molto, riflette l’ex presentatore di “Stade 2” (“La Ds” d’Oltralpe). Il prodotto ciclismo vende emozioni e tradizione, la sua comunicazione deve mantenersi calda. E allora quei microfonini alla “Non è la Rai” non si possono proprio vedere, raffreddano gli entusiasmi e congelano gli attimi di tensione. Interrompere al più presto le trasmissioni, s’il vous plaît: i Boncompagni sull’ammiraglia lancino le Ambra del gruppo a briglia sciolta, onde evitare l’effetto cruciverbone anche su una Embrun-L’Alpe d’Huez. Questione di forma più che di sostanza, ma in fondo “Pictures came / and broke your heart”.
3. “È molto più umana di quello che dicono”. Vera Carrara non crede agli Ufo e assicura tutti della natura terrestre di Marianne Vos, l’olandese volante che viene da Babyloniënbroek. La ventunenne della Dsb Bank ha vinto a Manchester il suo terzo Mondiale al terzo anno da professionista, in tre specialità diverse: ciclocross, strada e pista. Spaziale! Già letto del suo iride da junior in Mtb, a questo punto non è neanche fantascienza immaginarla competitiva persino con la Bmx, nel trial e a ciclopalla. Si scrive di una donna dalla bionica versatilità, di un’atleta integra, resistente, completa, di un’intelligenza tattica superiore alla media. I primi avvistamenti del fenomeno risalgono alle primissime uscite dell’allora diciannovenne ragazza di provincia, una vita in famiglia siamese Chiapoessie compreso (Poessie sta per gatto, Chia sta per Claudio). Gli ultimi scatti fotografano l’attivista per la causa tibetana e per i diritti dei rifugiati, ambasciatrice nel mondo della Youth United for Sri Lanka. Ecco l’alieno che sbarcherà a Pechino, e che in bicicletta si trasforma in un raggio missile.

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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