I bulli di Austerlitz

25 Gennaio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da una birreria in Moravia dopo aver camminato sui crinali nebbiosi di Austerlitz cercando Napoleone, incrociando il generale Kutuzov e i tanti bulli dell’italbasket che ora seguono i re magi per sedere in adorazione davanti ad Ettore Messina. Il nostro Tancredi texano, però, è più saggio di tutti questi amici del tempo di pace. Anche lui, come Napoleone, come ha fatto Repesa, deve far credere ai nemici, ma anche agli adulatori, di avere delle debolezze difficili da nascondere, poi se abboccano sarà gloria. Con Messina vedremo nel preolimpico di Torino, per avere fortuna deve trovare al giorno del raduno tutti abili ed arruolati quelli che già facevano sognare Pianigiani. Il problema, come ha detto il vice di Popovich, memoria d’elefante come dice il suo fido generale Consolini, è arrivare a soluzioni non troppo complicate dando valore al possesso della palla, scegliendo bene chi dovrà esserci nel momento decisivo. Non si tolgono le macchie ai leopardi, duetto storico di Prima pagina fra il direttore Matthau e la futura moglie del giornalista Lemmon che lei voleva ripulire ed arricchire spostandolo dalla cronaca alla dolce vita di crea slogan pubblicitari. Per questo sarà dura. Non ci siamo mai fidati delle finte conversioni. Di sicuro Dalmonte e Consolini non avranno bisogno di spendere tanto in trasferte, fra l’altro dicono che il presidente ha la borsa semivuota dopo questa caccia al preolimpico, basteranno le cifre che arrivano dalle torri di babele delle leghe di tutto il mondo dove giocano gli azzurrabili. Inutile chiedere giuramenti sull’aia, dietro una gallina che fugge.

Ma torniamo ad Austerlitz per cercare i bulli di casa, quelli che si vantano di essere davvero i creatori del nuovo basket, il più televisto, soltanto perché hanno in tasca qualche dollaro in più. La dimostrazione è il Gerasimenko che ha preso dalla signora Cremascoli una Cantù costruita per salvarsi, progetto serio in base a quello che aveva in tasca, non molto ovviamente, e con cinque operazioni più che costose ora ha costruito una squadra che potrebbe davvero sfondare al centro della classifica, insomma mettersi in condizioni di far paura a chi pensava di comandare. A chi, per la verità, comanda da sempre.

Eh sì. Repesa ha sguarnito il fianco destro, ingannato i Kutuzov della situazione a Reggio Emilia, Venezia, oh che triste la Venedig che fa 53 punti contro l’ultima in classifica, Sassari dove adesso vanno in giro con le lanterne per cercare di capire cosa è successo ai campioni se, come sembra, non era colpa di Sacchetti e non sembra esserlo di Calvani caduto sotto la croce di Varnado. Ce lo dicono in troppi per non creare qualche malessere. Forse l’unico generale che non è caduto nella trappola è il veterano Pancotto che non attaccherà Milano prima dei play off, camminando con passi secondo la gamba che ora sembra cortissima a Trento, che non regge più a Brindisi, che non ha mai fatto cambiare idea a Vincenzo Esposito che per la sua Pistoia deve cercare il porto di quiete più vicino, senza illusioni.

Dicono che il campionato sia bellissimo per questa confusione disorganizzata. Il doppio impegno sembra togliere energie a professionisti che, nei tempi di bivacco, quando si beve, si sragiona, si balla, si saltano gli allenamenti, dicono sempre di trovarsi meglio sulla partita doppia. Sarebbe così se tutti mangiassero, dormissero, si allenassero come giusto. Ma poi vanno a piagnucolare da chi ama i figli e i figliastri, si nascondono e in campo trovano la nebbia. Pensiamo a Varese. Illusioni per una salvezza quasi raggiunta, partite in linea con il poco talento di una squadra che Moretti rende più bella perché sa fare il suo mesiere, ma che nella sostanza è quella che ha fatto 10 punti in un tempo, un lusso in confronto ai 6 di Venezia nel secondo quarto a Capo d’Orlando, ai 9 della Trento meravigliao che sta perdendo l’innocenza e, quindi, anche lo slancio che ne faceva davvero una meraviglia del sistema. Dicono i saggi, Buscaglia lo sta diventando, che può accadere di segnare poco, ma in quel momento è la difesa a salvarti.

Santo Messina che sei venuto a smentire il Peterson credente, finto credente se ricordiamo la sua banda Bassotti, sui benefici dell’attacco che tolgono il medico allenatore di torno. Tutto si lega insieme e chi crede soltanto in una cosa, o difesa durissima, o attacco tirando alla prima luce, paga poi il biglietto per entrare nella casa dei padroni che non capiscono, fingendo di capire. Insomma dipendere dalle lune vuol dire essere precari a vita e se nelle società non si protegge chi vorrebbe portare in miniera i “ragazzi” allora può succedere di essere Luca Banchi un giorno e un disoccupato quello dopo. Repesa aveva portato i “nemici” a credere di essere debole, in braghe di tela mentre la casa Armani gli confezionava un vestito nuovo, quello che vedremo da febbraio con Kalnietis, il pivottone uruguaiano e, lo sperano i costruttori dellla rossa armada che entra negli ottant’anni, questo Sanders che a Milano deve almeno dieci trapianti di fegato dopo la semifinale vinta con Sassari al Forum.

La birreria invece del Diana di Eros nella Bologna dove, per fortuna, non tutti sono accecati dall’odio personale, e qualcuno ancora fa sapere che, nel nome dell’avvocatone Gigi Porelli, qualcosa di buono di può fare. Questo sì che non ce lo perdoneremo. Ma dovrebbe saperlo che la domenica è giorno malvagio per chi scrive, scriverebbe volentieri di sport, anche lo Zanetti che ha trovato nella Virtus la grande sorella per la consegna della borsa di studio Paola e Gigi Porelli. Bella giornata, pazienza se non c’era il nuovo rettore. Lo sport non piace a tutti gli intelletuali, ma c’era il vecchio di rettore, il leone pesarese Dionigi che il basket lo ha amato davvero e certo sa più lui di Porelli dei nuovi turchi che ci ossessionano adesso, quelli del basket novo a cui crederemo soltanto su un letto d’ortiche come il vecchio Stander in quel filmone che è stato Per grazia ricevuta. Certo ha ragione Eros a tenere sempre libero il tavolo Porelli sotto gli specchi per i giorni delle celebrazioni. Bello che a Bologna sia andato il Gianni Petrucci che come federazione consente alla Fondazione di far vivere questa iniziativa che presto potrebbe anche allargarsi se davvero si farà un libro.

Anche Torquemada aveva sguarnito il lato destro. Un giorno si era reso conto che senza una Milano forte, una Roma da primi posti, il basket avrebbe trovato poco spazio, anche se la televisione lo pagava carissimo perché De Michelis sapeva come ingolosire chi aveva la borsa. Lasciò andare Peterson verso via Caltanissetta. Alimentò la luce che si stava spegnendo, trovò una rivale forte, qualche volta vinse lui, altre uscì sconfitto, fino a quando Cazzola non decise che fosse ora di imporre lo ius virtussino con Messsina Bonaparte e i famelici divini Danilovic und Ginobili. Certo che avremmo mangiato volentieri un tortellino con poco brodo ascoltando l’onorevole Casini elogiare con Petrucci il Porelli che, proprio al Diana, spesso reagiva male all’ironia del tifoso che era in lui. Ci manca questa città del basket senza pace dove è difficile capire chi capisce se contro Brindisi la Virtus è stata salvata dal giocatore che già aveva la valigia pronta.

Misteri, direte voi, che si spiegano poco se pensiamo che pure a Milano non erano davvero sicuri di tenere Jenkins dopo le pulizie del nuovo anno. Valli a capire i giocatori. Un giorno leoni, quello dopo fate voi la rima tanto cara a troppi allenatori. Pagelle cercando di capire perché noi dovremmo essere noi come diceva chi ha studiato all’alma mater, ma sapeva di non essere un santo, come lo sapeva la sua geniale compagna, la Paola che in chiesa, nel giorno dell’addio, ascoltando l’omelia del parroco che ne elogiava le virtù, il legame alla famiglia, allargandosi oltre i confini del sogno, disse, sorridendo al caro Lorenzo Sani: ”Adesso non esageriamo. Ecco la differenza. Sapevamo tutti, dovremmo saperlo, che non esistono i santi, le persone perfette, quelli che potrebbero davvero scagliare la prima pietra, ma si camminava comunque insieme, senza libretti di prescrizione, senza odio e impotenza, una eiaculazione precoce che avvilisce la vita di chi rompe i soldatini quando scopre che il bambino della casa di sotto se la cava benissimo e non ha bisogno dei soldi del babbo”.

10 A PETRUCCI e a BOLOGNA per aiutare chi ci crede nel ricordo di Gianluigi Porelli, uomo che sapeva sognare, ridere, ammettere errori, uno dei padri fondatori del basket moderno in Italia e in Europa.

9 Al GALLINARI che spopola con Denver e non si arrabbia se legge che la famosa giuria della Gazzetta lo ha messo dietro ad Alessandro Gentile nella classifica del 2015. Non sembra giusto e non aiuta certo un campione in crescita come Megalexndros a cui auguriamo guarigione completa, tempi giusti di recupero e voglia di farsi vedere sul campo per quello, il molto che tiene in saccoccia, e non nascosto dietro il nastro isolante protettore di orecchini che sanno di imitazione e non nascondo la vera anima di un pirata.

8 A MESSINA che ha permesso a quelli di SKY, al vicario TRANQUILLO di sentirsi in paradiso per uno speciale ben riuscito anche in quella stanza brulla che sembrava davvero Austerlitz. Ci ha detto la verità’, senza inganni, senza girare intorno alla fotografia di santi inesistenti. Adeguarsi, capirlo, lavorarci insieme, non aspettando il miracolo.

7 Al GERASIMENKO che ha spalancato le porte del nuovo Cantuki, nella speranza che si fermi alla squadra di basket e non chieda mai di presenziare un giorno anche alle riunioni della nostra lega portando dietro una interprete. Certo sarebbe divertente osservare in azione fra i nuovo so tutto io uno che va persino sui tetti del Pianella per scoprire cosa serve per spendere meno nel riscaldamento.

6 Al DI CARLO che ha trovato la prima vittoria con la Betaland. Gli auguriamo la salvezza, come ci auguriamo che Basile possa davvero andarsene senza amarezze.

5 A Paolino MORETTI a cui vogliamo davvero bene, per la bravura, per la sagacia in panchina,la pazienza in allenamento con certi brocconi, per questo diverbio con Repesa che sembra tanto artificicioso. Certo questi microfoni di SKY per le famose esclusive del piffero dovrebbero essere usati quando volano accuse che sfiorano la farsa Mancini e Sarri.

4 Agli ALLENATORI della serie A2 che parlano inglese nei minuti di sospensione. Avevano detto che questo era il campionato degli italiani, si dice che da qui faremo nascere la vera rivoluzione e allora se al Real e a Barcellona i capi allenatori parlano spagnolo non si capisce il motivo per cui da noi si debba aiutare lo straniero ingaggiato a starsene lontano dal gruppo, dagli usi e costumi della squadra. Vero che sono pagati meno del passato, ma non tanto meno per non permettersi qualche lezione anche privata. Una volta era questo uno dei metodi per far restare un giocatore legato per sempre. Lo sono ancora oggi anche se non tutti sono Kenney.

3 Ad Attilio CAJA che sembra davvero imitare il suo capo allenatore nella pazza Inter. Questa rometta del basket, vero, deve soltanto salvarsi, ma ci eravamo illusi che potesse volere in alto. Possibile che a Roma non passi un Gerasimenko.

2 A JENKINS che poteva dirlo subito di avere in saccoccia tante armi, lui, diventato idolo a Belgrado per come sbranava gli avversari. Metterci tanto tempo per uscire dal dubbio rischia di far perdere carta verde e stipendio. La stessa cosa per il Fells che Bologna virtussina aveva messo sul treno per Austerlitz.

1 Al PRANDI che deve governare il tormentato serraglio degli arbitri se davvero ha sospeso la terna di Brindisi battuta da Pistoia la settimana scorsa. Sarebbe una pericolosa spirale e non sarebbe neppure un favore per il presidente della Lega e di Brindisi che in quella partita fu costretto ad uscire, prendendosi una squalifica.

0 Alla REYER in blocco per la partitaccia in Sicilia, senza togliere i meriti a chi ha potuto fare punti salvezza, per una figuraccia che coinvolge il Carlo Recalcati che non avrebbe certo bisogno di giornatacce come queste per arrivare sereno a fine corsa tricampeone con argento olimpico. Se dovesse esserci bufera in Laguna metta a sedere qualcuno prima che altri mettano a sedere lui. Sbagliare la tattica succede, non capire certi personaggi diventa letale.

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