Ha applaudito anche Paul Young

8 Luglio 2012 di Stefano Olivari

In questo momento non vogliamo nemmeno pensare al dopo Federer. Non può esistere, non deve esistere. Anche se al termine di questo Wimbledon la grande domanda di molti non è su chi sia il più grande tennista di tutti i tempi, che ha una risposta piuttosto evidente, ma su cosa si saranno detti i vicini di posto Ivan Lendl e quello che in molti hanno definito Paul Young. Sì, proprio quello di Every time you go away. Peccato che quello seduto vicino a mamma (mamma di Andy Murray) Judy fosse solo un sosia. E che sosia: Simon Fuller, grandissimo produttore (ha inventato le Spice Girls, per dire, fra l’altro Victoria-Posh era in tribuna insieme a Beckham) nonché manager di Murray (e di Beckham). Non era solo uno dei tanti britannici vip, da Pippa e Kate Middleton ad Alex Ferguson passando per David Cameron, che si è sentito in dovere di essere presente all’evento. Ma il Fred Perry 1936 rimane comunque lì, più per merito di Federer, versione superlusso nel disegnare il campo e nel rendere difficili tutti i turni di servizio dell’avversario, che per demerito di Murray.

Una partita che il fenomeno svizzero ha iniziato contratto, con spostamenti esagerati sul diritto e misure un po’ perse, con Murray invece centratissimo e un piano partita (forse di Lendl, che del resto è suo consulente proprio per questo) chiaro: sollecitare Federer principalmente sulla diagonale di rovescio, stando attento a non concedergli l’attacco in back. Missione compiuta e primo set Scozia. Nel secondo il tema tattico non cambia, ma Federer rischia e sbaglia di meno giocando con freddezza tutti i punti decisivi (cioè le palle break a favore di Murray), togliendo il servizio all’avversario proprio nel game che gli dà il set e in un modo da highlights: traccianti dal fondo e volée di una delicatezza alla McEnroe (che aveva sì la racchetta di legno, almeno a inizio carriera, ma si confrontava anche con passanti tirati da altre racchette di legno). Poi a inizio terzo set la pioggia, la solita incertezza tetto sì-tetto no e tre quarti d’ora di interruzione che hanno riportato in campo un Federer extralusso che ha fatto morire Murray in ogni suo turno di battuta: le palle break non si contano (perlomeno, non le abbiamo contate) e il terzo set è stato per i suoi standard facile. A questo punto Murray è calato fisicamente, ma anche come atteggiamento: il piano partita è saltato perché i colpi non sono abbastanza lunghi da tenere Federer dietro la linea di fondo, così che la prodezza deve per Murray diventare la regola se vuole almeno restare in scia. Da parte sua, Federer serve bene e sa variare il gioco alternando la mazzata in progressione all’angolo buttafuori (dal campo), prendendo la rete con la sicurezza di chi pensa di essere il più forte oltre che esserlo davvero.

Alla fine Murray ci fa piangere, con parole che abbiamo sentito vere. Non è così scontato che ci sarà un’altra occasione, a prescindere dall’età (25). Nel tennis la tentazione di fare gli psicoanalisti della ASL (si fa per dire, la psicoanalisi non è purtroppo mutuabile) è sempre forte e di sicuro non mancheranno analisi su come lo scozzese non abbia retto di fronte alla aspettative del suo Paese, dei giornali, di sua madre, di sé stesso. La verità è che forse è solo meno forte di Federer, Djokovic e Nadal, in un certo tipo di partita, a New York come a Londra, mentre tecnicamente con loro può fare match pari (con lo svizzero fra l’altro il bilancio degli scontri diretti è proprio in pari) su tutte le superfici tranne la terra.

Inutile ricordare i record, fra i quali più dei sette titoli di singolare (Sampras eguagliato) impressiona il fatto che Federer sia tornato numero uno del mondo davanti a due come Djokovic e Nadal che fino a pochi mesi fa sembravano ingiocabili e che il sorpasso a Sampras come settimane in vetta sia a questo punto sicuro.  L’unico dispiacere dell’era Federer è che sia coincisa con la semi-scomparsa del tennis che conta dalle televisioni in chiaro, con situazioni che cambiano da paese a paese, coinvolgendo quindi in questo sport molti meno bambini rispetto a quanto non sarebbe avvenuto in passato. In tutto il resto è il numero uno. Applausi per Federer e per un pubblico sportivo anche oltre il luogo comune, ma anche (alla memoria, pur essendo il cantante di Luton ancora attivo) per Paul Young.

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