Griffin non è un fratello

16 Gennaio 2013 di Stefano Olivari

Cosa penserà Boateng di Robert Griffin III e di Rob Parker? Una curiosa storia di razzismo, ben lontana da Busto Arsizio, con tutti i protagonisti ed il 90% dei commentatori peraltro della stessa razza. Ne parliamo, anche se è vecchia di un mese, perché invece è fresca l’operazione al ginocchio di Griffin dopo l’eroico, eroico in quanto giocato da consapevole infortunato, wild card game (l’ottavo di finale dei playoff NFL, anche se il tabellone non è completo perché 4 squadre sono già qualificate ai quarti: e domenica sapremo chi andrà al Super Bowl…) disputato con i suoi Washington Redskins contro i Seattle Seahawks il giorno dell’Epifania e da noi televisto su Espn America. Leggendo dell’operazione e dei lunghissimi tempi di recupero di Griffin ci è venuta in mente la polemica di metà dicembre letta un po’ dovunque (tranne che ovviamente sul sito della Espn), partita dopo le critiche fatta dal giornalista Espn Rob Parker proprio a Griffin. Nel video qui sotto un estratto. http://www.youtube.com/watch?v=6ob216ODHeQ

Nostra arbitraria traduzione-sintesi: “La mia domanda è questa: Griffin è un fratello? Non del tutto. Sì, è nero e fa cose da nero, ma non si sente realmente nero. Non è uno di noi, non è il tipo di nero di cui noi vorremmo essere amici. Ha una fidanzata bianca, ho sentito gente che dice voti repubblicano…”. Mah… Di sicuro Griffin ha avuto una stagione da rookie straordinaria in un ruolo, quello di quarterback, dove i neri sono una minoranza. Altra caratteristica da bianco, il ruolo, se vogliamo seguire Parker nel suo ragionamento. Il tono non ci sembrava scherzoso, ma il seguito è stato peggiore. Social network scatenati contro Parker, la Espn che lo sospende e la discesa in campo di tutta quella serie di associazioni ricattatorie che in questi casi trovano un palcoscenico perfetto e che con il Tom Wolfe del Falò delle vanità hanno anche aiutato la grande letteratura. Abbiamo scoperto ad esempio dell’esistenza della National Association of Black Journalist, che non è esattamente come dire l’Ordine dei Giornalisti lombardo o pugliese, che ha tirato fuori argomentazioni da Ku Klux Klan al contrario. Ma abbiamo trovato anche sensato il tweet di Parker, con cui ha tentato senza riuscirci di chiudere la vicenda: “I blew it and I’m sincerely sorry. I completely understand how the issue of race in sports is a sensitive one and needs to be handled with great care”. Il resto del messaggio, postato dal suo account @RobParkerLocal4, è una pietosa presa di distanze anche da sé stesso, con l’obbiettivo dichiarato di mantenere la collaborazione con Espn. Obbiettivo non raggiunto, perché l’emittente ha annunciato che non gli rinnoverà il contratto. Non siamo d’accordo sul merito dell’intervento di Parker (Griffin può comportarsi come vuole, la razza è uno dei mille parametri che identificano una persona e questo concetto è incomprensibile sia al razzista che all’antirazzista militante), ma nemmeno sul fatto che ci siano per una persona, a maggior ragione per un giornalista, argomenti tabù o da trattare solo con frasi di circostanza.

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