Grande bellezza

13 Gennaio 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal sottoscala dell’Hilton di Beverly Hills dove ha festeggiato con una doctor Pepper il successo della Grande Bellezza di Sorrentino. Regista cinematografico, non l’ex pupillo di Pedrazzi, ai Golden Globe. Viaggio lungo, angoscioso, scappando dal Barrio Chino catalano dove un grande ladrone ci aveva angosciato con questa massima che sembra adatta al basket di oggi, proprio come direbbe Jep Gambardella nel film premiato in California dalla stampa straniera: ”A volte, guardando le ciliegie che pendono da un albero, una persona pensa che siano mature, che sia il momento di coglierle, e un’altra, invece, crede che siano ancora acerbe e bisogna aspettare che maturino”.

Deve essere così anche adesso che il gioco viene violentato dal pick and roll, dall’idea che si possa risolvere tutto in attacco e nelle sfide individuali. Sarà certamente come dicono gli evangelisti ripudiati dal sistema, che tutto va verso il fondo. Un malessere collettivo che  non sembra essere avvertito dai dieci, dodicimila del Forum di Assago che cercano la grande bellezza nell’Emporio Armani colonizzato dal pensiero forte della scuola senese da cui ha cercato di copiare tutto, stiamo parlando di tecnica (sui conti indagano altri), ma attenti ad essere giacobini sulla morale altrui, spesso ci si dimentica di chi è rimasto ferito in questa costruzione, sul muro grigio delle televisioni ci siamo arresi da tempo.

Siamo già alla resa dei conti dell’inverno che sembra primavera: non siamo sicuri che tutti finiscano la stagione, ci sono problemi di liquidità, manca assolutamente l’uguaglianza competitiva, sta diventando forte il partito che si oppone alla lunga ed annosa questione del “diritto sportivo” che ora dovrebbe giocare una palla a due con altre esigenze.Se siamo nel professionismo  deve essere così, perché siamo stanchi di  sentire  ammissioni di impotenza davanti a certe scadenze, con fughe notturne, associazioni giocatori in subbuglio. Qui in basketlandia, certo, si fa un gran stranazzare sul giocatore italiano ghettizzato, usato poco e magari male, mentre altrove fanno una grande festa se, ad esempio, Insigne segna il primo gol di un italiano nel Napoli calcio. Punti di vista. Tutti rispettabili. Magari la gente ascoltasse, avesse ascoltato Boscia Tanjevic che, finalmente torna a parlare da Trieste. Ma qui ai grandi maestri (abbiamo cacciato Velasco dal volley, Rudic dalla pallanuoto, Coste dal rugb) fanno spesso la guerra e non ci siamo certo dimenticati di chi sghignazzava quando prendevano in giro l’uomo col sigaro, di quelli che ad Antalya sapevano già che tipo di festa avrebbero fatto all’uomo di Sarajevo per un europeo falsato da un tiro all’ultimo secondo dei greci, proprio come il tiro allo scadere di Gaze nelle Olimpiadi a Sydney che dovevano finire in gloria e non al quinto posto.

Ci si insegue con le formule da quell’anno duemila. Certo, dopo è arrivato Recalcati e ha fatto il capolavoro fra bronzo europeo e argento olimpico, ma lui stesso, ieri come oggi, aveva già denunciato la crisi che stava investendo quella finta bellezza creata intorno alle squadre Nazionali. Lo stesso Charlie costretto, ancora una volta, a portare in piazza i guai della Sutor Montegranaro ospite di Porto San Giorgio.

Fine del girone di andata con l’onda biancorossa dell’Emporio Armani pronta a travolgere tutto dopo aver giocato in blu e in camuflage, cercando di non agitarsi quando Luca Banchi e la sua quadriglia provavano cento volte il trapianto nella testa di giocatori che ancora vagavano fra l’idea glamour del grande contratto, della grande società, e il  faticoso cammino che si deve fare in palestra quando il lavoro  ti fa soffrire. Certo è difficile scoprirlo se ti mancano  punti di riferimento credibili, se il terzino non fa il terzino e il mediano dimentica di essere soltanto mediano come diceva Bagnoli al Verona tricolore. Il tempo, le sconfitte, tante, troppe, assurde quando già si pensava di aver trovato tutte le figurine giuste, hanno perlomeno spostato il baricentro societario dalle prime poltroncine alla palestra, dalle serenate in fa(i tu) a quelle dove solo chi suda e lavora si merita la stretta di mano dell’artista che ha deciso di tutelare la specie del giocatore di basket anche nella matrigna Milano.

Emporio con metà luci accese anche se in vetrina, dopo 15 giornate, vanno altri: Brindisi, un capolavoro, Cantù, una cosa straordinaria, Roma la piccola bellezza trasformata in un film da chi ama anche i brutti, sporchi e cattivi. Bravissimo Bucchi che nella dimensione sul mare, tipo quella che aveva a Rimini o Napoli, sembra ritrovare se stesso, quella rabbia che lo fa essere un cattivo dai toni gentili. Stupendo il Pino Sacripanti arrivato nel Cantuki per una respirazione bocca a bocca  che deve salvare la divina creatura dall’anoressia economica e dal divorzio con chi ha sostenuto il progetto senza trovare una giunta comunale capace di mantenere almeno la parola data. Eccellente la ritinteggiatura delle pareti scostate di viale Tiziano da parte di elettrino Dalmonte, uno che le sue coliche sa come combatterle, e trovarlo lassù, quando rischiava di stare quaggiù, ci mostra cosa  vuol dire coraggio oltre la buona occasione di un contratto in serie A: pochi avrebbero sfidato il fantasma della Roma finalista con Calvani.

Dopo 15 giornate vi diamo anche la nostra personalissima classifica degli allenatori rubando a Peterson la formula dello zero se fai quello che ci si aspetta da te, andando a più uno o due  e meno uno e due quando invece sbrachi: Bucchi più 7, Dalmonte, Sacripanti più 6, Markovski, poi dicono che l’allenatore non conta, più 5, Menetti più 2 anche dopo partitacce come quella al Pianella anche se il destino lo rimette contro Cantù in coppa Italia, Moretti un più uno che dovrebbe essere almeno triplicato perché ha fatto di Pistoia un piccolo capolavoro. Sotto lo zero in tanti, anche Luca Banchi che da superfavorito perde punti per ogni stranezza e all’inizio della stagione qualche stranezza in trasferta c’è stata di sicuro. Le grandi delusioni ? Le potete leggere sulla faccia di Sacchetti che è comunque soltanto a meno 2 come Banchi e il Molin che si è ripreso ma vive la strana elettricità casertana dove spesso si prendono bufale per lanterne, Frates piombato a meno 5, il Bechi caduto dal pero dopo essere andato addirittura a più 6. Diciamo che il più regolare di tutti, senza miracoli  e disastri è stato il Crespi crocifisso dalla grande storia senese, uno che nella lotta sa convincere anche giocatori dal talento minimo e quest’anno il Monte Paschi non ha molto se Nelson è così spento e Viggiano va così per la tangente come nella sfida di Milano dove certo non era Oertner il  colpevole per certe situazioni aggravate da tanti altri, persino l’Otello Hunter che pure cambia tutto quando la sua luna è quasi giusta.

Fra le delusioni anche l’Avellino di fra Diavolo Vitucci, anche se il suo meno 1 nella nostra classifica di nicchia fa capire che ancora nasconde qualcosa e forse nel girone di ritorno sarà lui a dove essere temuto più di chi sta fuori dal grande  giro a 14 punti, o addirittura a 12 come la Cimberio nata nell’equivoco, non societario perché Vescovi sa parlare chiaro e non  ha mai nascosto la realtà, ma esterno dove ricordando i grandi antenati hanno sempre l’idea che il giocatore ammesso a Masnago troverà il mantello per volare, cambiare testa. Ricordarsi che non  è sempre stato così e quando il petomane fece rotolare la squadra in seconda serie alla viglia si parlava quasi di scudetto.

Pagelle al profumo di timo aspettando la coppa Italia di febbraio per avere le risposte che sembrano ovvie persino all’incompetenza armata di assegni.

10 Al CAPPELLI panterone senese perché le più belle immagini di Emporio-Monte ce le ha regalate lui, maestro del digitale, della telecamera mobile, artista vero, lucido, a parte le giornate del Palio, quelle dell’allenamento al mattino delle due squadre. Amicizia, divertimento, nostalgie, qualcosa che è andato oltre una partita brutta, ricordi speciali che resteranno nel tempo ed è triste pensare che nel futuro di Siena potrebbe anche mancare la Grande Bellezza girata dal Cappelli.

9  A MARINO e GIULIANI, presidente e manager di Brindisi, per questo capolavoro, per aver tenuto in piedi il muro dietro a Bucchi anche quando i soliti noti scuotevano la testolina, per un progetto che deve partire da un nuovo impianto e quale momento migliore per decidersi a progettore una casa più grande per ricordare il nostro caro Pentassuglia.

8 Al Daniele DELLA FIORI per non aver infierito sul maestro Arrigoni quando Cantù ha condannato la Granarolo a restare nel sottoscala, fuori dalle finaliste di coppa Italia. Il figlio del Fabrizio ha imparato l’arte e  con Sacripanti cavalcherà lontano.

7 A BRUGNARO, presidente delle REYER, che nel momento dell’euforia, dell’ammissione alle  finali di Milano, dopo il tormentato divorzio da Mazzon, per affidarsi al genio e alla saggezza del suo maestro Zare di scuola raffinata, non si è dimenticato di parlare nel modo giusto a quelli che al Taliercio fanno i maramaldi con la Treviso in C, sapendo che la storia del basket italiano è passato molto più spesso dal Palaverde che in Laguna nell’era del basket moderno, pur ricordando Carrain, Zorzi e quella squadra meravigliosa dell’Arsenale.

6 A Boscia TANJEVIC che, finalmente torna a parlare di basket italiano dopo tanto tempo sfruttando il Piccolo e il Curierun col Werther. Ora speriamo che Petrucci, come il Gambardella di Sorrentino, non si dimentichi di aver sempre considerato questo genio alla stregua del Messina dei suoi sogni, insomma si rammenti che Pianigiani è il nuovo Messia, ma c’è sempre bisogno di ricorrere alla saggezza e alla cultura di chi la storia l’ha scritta prima.

5 All’UFFICIO STAMPA federale che ha fatto un bellissimo lavoro presentando gli azzurrini convocati a Roma per il raduno di metà gennaio, ma ci ha gelato il sangue, facendoci sentire davvero troppo vecchi e superati, quando alla fine del lungo comunicato ha fatto sapere che ognuno di questi dolci virgulti ha il suo sito internet. Un mondo a parte. Non abbiamo resistito. Ci siamo messi a piangere.

4 A Sergio SCARIOLO, atteso con ansia dai suoi pochi giocatori rimasti nell’Emporio per la partita di Eurolega, perché è stato crudele a sbattere in faccia ai vecchi nemici della Virtus la cappellina che hanno fatto liquidando Poeta per andare sulla gioventà americana che non regge l’urto se è stata educata male. Enon è vero che la scuola statunitense prepara la gente al meglio. Spesso crea piccoli mostri.

3 A David MOSS diventato Conan il crudele dopo quello che  ha fatto alle tenere carni della nuova Siena che lo aveva amato come Trecciolino o Aceto. Certi giocatori servono in campo, fuori, basta saper capire il loro esuberante modo di vivere, nella speranza che i giovani capiscano cosa vuol dire lavorare e come ci si può anche divertire.

2 All’OLYMPIACOS Atene ridicolizzato dall’Emporio in Eurolega se dovesse tornare ad essere protagonista nel torneo dominato per due anni. Hanno sbagliato il riassetto del gruppo, sembrano in crisi d’idee. Ora non ci facciano pentire per averli strapazzati troppo.

1 A Meo SACCHETTI che continua a non cercare nella curva Liverpool i giocatori che davvero gli servirebbero nella sua cavalcata con Sassari. Il destino lo porterà davanti a Banchi e a Milano nell’arena del Forum. A Febbraio sapremo se ha proprio sbagliato tutto.

0 Alla CIMBERIO presa globalmente perché sarà anche colpa del pivot più scarso del Dunston che, comunque, non ci ha davvero impressionato con l’Olympiakos, del Frates che sorride poco, ma, cara gente, una squadra dove si segnano 3 punti in un quarto deve avere qualche tarlo inerno e  colpevoli sono tutti, persino la società che non deve guardare in faccia a nessuno e se ha scelto una guida deve anche cacciare quelli che sembrano giocargli contro.

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