Goldman Sachs o reddito di cittadinanza

24 Marzo 2021 di Stefano Olivari

Goldman Sachs o reddito di cittadinanza? In mezzo c’è un mondo, che però fa meno notizia della richiesta da parte di alcuni neoassunti (in realtà era la risposta a un questionario interno, non proprio una manifestazione della CGIL) come analisti a Goldman Sachs di non superare le 80 ore di lavoro settimanale. Consideriamo già archiviate le prese di posizione classiche, dal sedicente manager cazzuto secondo cui anche 120 ore sarebbero poche perché la vita è una giungla fino all’insegnante intorpidito dalla didattica a distanza che ha già prenotato il mare dal primo di luglio.

Il caso Goldman Sachs, peraltro da asteriscare perché questi neoassunti come analisti finanziari guadagnano nella media 123.500 dollari lordi all’anno, ci suggerisce in automatico una domanda: quale è il problema di lavorare 100 ore alla settimana, o anche di drogarsi o di farsi inculare da un travestito o di tifare per Luna Rossa, se si tratta di una libera scelta e non procura danni ad altre persone? Nessuno, appunto. I neoassunti di Goldman Sachs hanno frequentato università che avrebbero consentito loro anche altre scelte. Non li invidiamo, ma nemmeno ci impietosiscono.

Di sicuro in Europa l’emergenza sanitaria ed economica da Covid ha mostrato una volta di più che nelle civiltà morenti il lavoro e a maggior ragione lo stipendio viene considerato qualcosa di indipendente dal valore dello stesso e dall’impegno che ci si mette. Libera opinione di Indiscreto: per un paese in aggregato è meglio il reddito di cittadinanza dato alle persone davvero bisognose, che si trasforma totalmente in consumi, di lavori finti e di un’economia troppo condizionata da regole. Se un ventiduenne vuole lavorare a Goldman Sachs sa bene a cosa va incontro, ammesso che Goldman Sachs sia interessata a lui. Tanto rumore per nulla, insomma, visto che chiunque lavori in proprio 80 ore alla settimana le fa in scioltezza senza metterla giù dura e senza avere alcuna carriera.

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