Gli ultimi Rolling Stones della nostra vita

23 Giugno 2014 di Duccio De Santis

Non sta a me aggiungere qualcosa sui Rolling Stones. Ma sono qua per rendere testimonianza, da parte di un non addetto ai lavori, di quella che è stata l’ultima (stavolta per davvero, non fosse altro che per limiti biologici) performance delle gloriose pietre rotolanti sul territorio italiano. Al di là del parere che ognuno può ricavare e liberamente esprimere (il materiale e le performance a disposizione di tutti sono sufficienti per suffragare qualsiasi tipo di opinione) su questi oltre 50 anni di attività, alcuni innegabili aspetti sono e saranno per sempre riconosciuti, a loro eterna memoria: lo stile nel passare differenti periodi storici, senza affezionarsi troppo a nessun ideale socio-politico a loro affibbiato, rimanendo sempre sé stessi; la capacità sotterranea di far sentire la loro “firma” su qualsiasi pezzo o album abbiano prodotto, un fil rouge che rappresenta il battito cardiaco stesso del rock mondiale,  indipendentemente dagli interpreti che si sono succeduti. Hanno coperto l’intero spettro di pareri, dall’odio viscerale all’amore più morboso, e scatenato di conseguenza, in un senso o nell’altro tutte le categorie sociali, prima in Inghilterra e poi nel resto del mondo, ma tutti indistintamente alla fine ne hanno subito un’inevitabile ipnosi.

I Rolling Stones arrivano in Italia, quindi. È un ritorno, in parte inatteso, che fa seguito al concerto di Milano del 2006, dove l’atmosfera subì in parte l’onda d’urto del Mondiale appena vinto dagli azzurri, con tanto di salita sul palco di Materazzi e Del Piero e un eretico popopopo addirittura eseguito sul palco… Il posto, stavolta, è il Circo Massimo. Non avendo mai vissuto a Roma, visitata solo saltuariamente, per me il posto rimane associato alla festa scudetto della Roma del 2001, quella fatta su LA7 che doveva diventare il nuovo terzo polo televisivo, con Fabio Fazio collegato da studio, il Venditti vero, il Venditti finto e migliore del vero (l’immenso Guzzanti con l’immortale Raccordo Anulare), la Ferilli spogliata ma non troppo, mare di folla e gente appesa ovunque, alle tegole, sugli alberi, in deroga alla 626 o qualsiasi principio fisico. Per questa occasione Roma è praticamente blindata e tutta l’area è stata divisa in due: la pit area da 150 euro, dove siamo noi, e la zona popolare (si fa per dire) da 80 euro. L’atmosfera è eccezionale e si respira un’aria di commiato che però non è triste ma anzi, in onore ai protagonisti, sembra regalare una ventata di ottimismo a tutti i presenti, che va quasi oltre il concerto stesso. D’altronde, se 4 ragazzi a 72 anni suonati stanno su un palco e corrono più di Cassano in una partita media vuol dire che c’è una speranza per tutti…

Il concerto non tradisce le attese e anche la band di supporto è di ottimo livello, un John Mayer che rende l’attesa piacevole e sopportabile, con una serie di pezzi in stile country-rock molto interessanti. Poi entrano i ragazzi, come da tradizione Mick fa in bocca al lupo all’Italia per martedì pronosticando addirittura la vittoria finale… Inizio subito forte con Jumpin’ Jack Flash eIt’s only rock and roll. In Streets of love un commovente Mick Taylor (entrato ogni tanto… E non se ne voleva andare mai..) tenta disperatamente di imparare il pezzo da Ronnie. Di fianco a noi, intanto riconosciamo la grande Paola Cortellesi, davvero incantevole e a cui avremmo tolto sinceramente una decina d’anni… accompagnata ahimè da un uomo che francamente non le rendeva giustizia.

Mick gioca con il pubblico come se avesse venti anni di meno, si agita, chiede in continuazione il supporto vocale, corre sul palco come un ragazzino e addirittura si becca un gavettone addosso ma non si scompone neanche.. in Sympathy for the devil appare in pelliccia rossonera,  in Brown sugar unica sbavatura: salta una riga e mezza di testo.. Ma possiamo perdonargliela. Ormai la formazione di supporto è collaudata e Lisa Fischer in Gimme shelter si prende il palco come l’anno scorso a Hyde Park, Chuck Level e Bobby Keys si fanno vedere spesso e ricompare anche John Mayer per il duetto in Respectable, scelta dal pubblico online in modalità non molto diversa, probabilmente, dai voti online del popolo grillino… Tutto finisce con Satisfaction, il pezzo più significativo e popolare, che tutti ma proprio tutti conoscono. E anche Brian Jones, che da lassù ormai si sarà stancato di sentirla suonare senza di lui, avrà avuto una leggera vibrazione. A 45 anni di distanza dalla morte è obbligatorio riconoscere anche a lui parte del merito della splendida serata di ieri.

Duccio De Santis, da Roma

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