Gli stendardi degli altri

24 Dicembre 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni in fuga a Buenos Aires nella speranza di trovare l’essenza della vita e dei ricordi, di Julio Velasco, fra i caffè di Sant’Elmo e della Boca, pronto a saltare su un aereo che lascia Porta Madero, la Plaza de Mayo con le sue lacrime, per scoprire il natale di Boscia Tanjevic nella Trieste che raccoglie nel vento i ricordi della gioventù a Sarajevo, della vita vissuta, compiuta, esaltata e studiata,  nella fortezza di Belgrado dove camminando fra giardini in fiore, o anche pieni di neve, scoprivi la storia di un gioco che gli americani hanno inventato, ma la scuola slava ha sublimato, almeno fino a quando non hanno deciso che si doveva rimbambire davanti al video invece di spaccarsi il fegato in allenamenti per i giocatori, per costruire uomini e non macchine, per dare un senso alla tecnica e al sacrificio sul campo.

Natale fra i caffè argentini e gli specchi alabardati, bello e angoscioso perché siamo nel paese dove basta avere faccia di bronzo e sei assolto, votato, osannato, riverito, favorito. Bello e sicuramente meno amaro di quello che passeranno i responsabili RCS per l’organizzazione delle finali di coppa Italia a Milano. Altro che pernici, caviale e granseole. Quelli mangeranno margherite  al curaro cercasndo di sapere se l’Emporio Armani ci sarà o non ci sarà alla fiesta del Forum fra i ghiacci  di Assago che a febbraio puzza meno che a maggio, ma è pur sempre un posto dove hai sempre l’idea che tutto sia trascurato: pozzanghere lago agli ingressi, bagni cloaca, gente peregrina che, pur rappresentando il vero ed unico prodotto del sistema  per il basket da inventare in una città che lo aveva scoperto da tanto tempo, deambula fra pizze, pop corn, buffet offerti dalla ditta, bambini che trascinano madri, padri che che non resistono al profumo della lobby, tutti viandanti che si muovono nel cuore di una partita, lasciano il campo per mangiare, bere e parlare senza essere storditi da musica esagerata, inadatta, anche se mancano secondi e giocate decisive.

Sarà questa la pressione che stordisce Sergio Scariolo al punto da farsi suggerire i cambi dal popolo tonante alle spalle del Ganassa e del suo papino nero, due che se alzassero davverro la testa sugli stendarsi fatti appendere con tanto ritardo scoprirebbero  di essere perlomeno inadeguati a raccogliere cotanta eredità. Ma, vedi sopra, questo è il paese dove se la conti bene, magari ti applaudono e ti votano, ti danno da gestire il massimo anche se ti meriti il minimo, se lo ha fatto, nella carriera sportiva, se provi a trasferire nello sport, dove esiste l’antagonista, dove, come dice l’ultimo legionario di Ligonchio, non puoi chiudere fuori dal palazzo chi ti critica, chi cerca di batterti. Nelle sfilate puoi far piangere la cronista non ammessa, ma nell’arena sportiva il gioco è diverso. Strano che non se ne accorga chi ha pagato così tanto per avere avuto  così poco anche se, prima o poi dovrebbe accorgersene, con la speranza che non faccia pagare al basket quello che al gioco hanno fatto i suoi prelibati prescelti, una fase critica che per molti sembra che sarà poi anche in questa stagione iniziata con le trombe per allietare il tiranno tipo il Commodo del Gladiatore.

Una clava sulla testa di chi vedeva Milano strafavorita e le altre  a fare soltanto le damigelle. Questi metteranno dentro ancora tanta biada nella stalla dove i  cavalli, purosangue  che in realtà sembrano brocchi, mangiano separati, quasi fingendo di non conoscersi anche frequentando la stessa greppia, che alla fine, magari, prenderanno per sfinimento chi non reggerà fisicamente e mentalmente alla lunga corsa dei dollaroni perché se Varese costa 5 e Milano 25 vuoi che non venga fuori al momento della fatica prolungata. Pensate alla Cantù dello scorso anno: tre infortuni seri per uomini chiave e stagione rubata. Quindi è giusto che Scariolo rimandi sempre al domani, ma non è certo giusto che se la cavi sul licenziamento di Frates con la frase che neppure il Pilato è riuscito ad usare quando doveva far scegliere fra Gesù e Barabba: ”Una decisione della società”. Benissimo. Chi nella società e con quale competenza? Caro don Sergio, come dicemmo nei tempi in cui per le interviste si doveva passare su anni di conoscenza e frequentazione, come nei giorni degli allenamenti a porte chiuse, quelli che vengono spacciati per lavori durissimi, uno che ha vinto così tanto, che ha fatto finali ovunque, che ha messo al collo oro europeo, argento olimpico, non può dire che è una decisione della società cacciare il vice che lui stesso ha voluto. O è stato tradito da Frates o è stato ingannato dall’ingegnere. In tutti gli altri casi farsi mettere i piedi addosso da chi paga e non ha l’autorevolezza per giudicare la vita della palestra, se non fosse così l’Olimpia avrebbe vissuto anni gloriosi e non stagioni in penombra da mucca invidiosa che dava calci al secchio di latte, convinta, come in troppi anche adesso, che altrove si coltivasse il rancido e il nero, dimenticandosi che poi sul campo devi mandare gente che crede in quello che stai facendo e non perché la paghi bene e hai trovato una strada per far pagare poche tasse.

Scariolo come incubo per l’organizzatore RCS anche se la corsa su Roma, Brindisi, eh sì la vendetta del Piero Bucchi è all’orizzonte, vendetta contro tutti, certo, anche la critica poco indulgente con lui, Reggio Emilia dove un allenatore tenace combatte contro i mulini a vento di chi lo mette in discussione anche se sta facendo miracoli, Bologna, purtroppo anche la Virtus che non ha fortuna e quattrini per rimediare a scelte sbagliate, a malattie prolungate, potrebbe finire bene il 13 gennaio. Ce la farà Milano a raggiungere i 18 punti che seriverebbero per stare lontano dalla macelleria dove le scuri sono già levate? 18 vorrebbe dire 3 vittorie su tre. Diamo per scontata quella di Biella dove c’è crisi nera, un’oasi che diventerà bagno terapeutico per chi ama vantarsi se  arriva a fine corsa avendo ammazzato tanti moscerini, per chi ancora celebra il “ capolavoro” di Langford e dei medici per l’ultimo canestro a Pesaro contro l’ultima che non si schioda  dal fondo e viene toreata dal Vitali rigenerato nella quiete del Resort Gresta.

Poi bisognerebbe fare davvero i 2 punti contro Cantù al Forum, ma non la pensa così questa ostia del Trinchieri che l’amato Coldebella vorrebbe spingere addirittura sulla panchina della Nazionale greca, paese come il nostro dove gli altri vanno a scegliere allenatori per le loro nazionali come i russi, ma dove aspettano certo con ansia il Buazzelli cantuchiano da servire alle trube dei Fotizis di stagione. Attenti alla Mapooro rinfrescata da una cadenza di lavoro più adatta alla reale consistenza della squadra, perché in freschezza questi giocano meglio di tutti. Comunque sia diamo i 2 punti contro Cantù, ma poi ci sarebbe la trasferta a Brindisi dal Bucchi, dal Viggiano, nella tana del Puglisi che sa come far piangere Milano. Darci dentro, cari paggetti in scarpe rosse, perché sarebbero cavoli in aceto poco balsamico se poi dovesse tornare a far paura Siena dove Daniel Hackett ogni tanto stecca come ha fatto spesso in carriera perché non ha uno specchio giusto in casa come avrebbe detto Panatta al Cino Marchese che ci ha deliziato sul Fatto con ricordi sportivi  dove scopriamo che i migliori stanno ai margini. Eh si, Milano, ad esempio, prende di tutto, mai quelli bravi, dove puoi anche fare i dispetti ai Cappellari, chiedere ad uno come Gabetti l’obolo, ad ex allenatori che hanno permesso di alzare qualche stendardo, ingressi a pagamento, scontato, si caaapiiiisceee, cacciare tutti quelli che potrebbero, contrariamente ai capetti di oggi ed non diteci  che Portaluppi è uno che sa davvero cosa era quella Milano, al massimo lo avrà intuito, spiegare come si arrivava a quei trofei, a certe vittorie, tagliare testoline di chi aveva la sola colpa di tifare davvero per la squadra e non per l’azienda, insomma non diciamo di prendere l’usato sicuro, di farsi benedire riesumando quello che restava del Peterson allenatore, ma, di grazia, perché lasciare per strada un Gherardini, troppo grasso?,  andare avanti sbagliando con la faccia del perpetuo Bagno nel grande film di Magni sui papini che si credono re.

Pagelle senza slitta.

10 Al Cecco VESCOVI che camminava nel Forum di Assago appena riconquistato dalla sua Varese, sognata, costruita, protetta,dopo 5 anni con la faccia di chi conosce tutte le mascherine osannanti di oggi e sa benissimo che potrebbero diventare feroci contestatori domani se oltre all’influenza arrivasse il duca nero della sfiga.

9 A Piero BUCCHI per aver superato la montagna di sale che sembrava già pronta dopo i balbettii iniziali. Brindisi e  l’arte di un allenatore che, come a Rimini e Napoli, repsira bene se ha il mare intorno.

8 Al MENETTI che avrà certamente letto l’argusto Viperigno Costa, difensore della fede che scrive il giusto, che da osservatore esterno scopre i nei del basket che sono già o potrebbero diventare tumori maligni. Reggio Emilia continua a dare tanto al basket come uomini, non con tutti, certo, ma nella maggioranza dei casi.

7 AI CUGINI DIENER diavoli incantatori di sputafuoco Sacchetti che cerca un pezzo di terra in Sardegna per sposare la qualità della vita e mandare in mona tutti questi soloni che per anni lo hanno calunniato. Cara gente veder lottare Varese, Sassari, Reggio Emilia, la nuova Siena e la nuova Roma, è davvero un piacere.

6 Al SABATINI che ha rischiato un pericoloso litigio con la curva Virtus quando ha chiesto che venisse subito ritirato lo striscione al veleno contro Siena: Noi in bianco voi in nero. Ci pensino tutti i capetti del basket quando danno tanto filo a chi non sarà mai parte vera di una famiglia sportiva, ma soltanto del suo ego: guardate qua, siamo a torso nudo, urliamo improperi, noi contiamo e il resto è finto.Lo dicevano anche in altre curve e poi sappiamo come è andata e come sta andando proprio a Bologna. Boh.

5 Al CAPPELLARI orgoglione, come ha scritto nel suo tweet, che va a stuzzicare l’ego spigoloso di chi deve cambiare sempre giocatori, pantaloni e collaboratori per sentirsi davvero al centro dell’attenzione. Stuzzicarlo vuol dire farsi mettere sugli strapuntini nella curva ospiti, ma a Milano adesso usa così: un ex presidente federale nascosto negli angoli, il presidente del comitato regionale sulle sedie d’oro, quelle dove  si siedono  tipi che non ti fanno vedere quasi più nulla, ma ti fanno vedere più  di tutto quello che è e che vorrebbe essere l’Olimpia di questo secolo avaro di troppe cose.

4 Alla LEGA orgoliona che ha fatto bene ad insistere per il ritorno delle dirette TV a mezzogiorno, ma poi dovrebbe anche tutelare la regolarità delle partite perché che ci sia il sole a Roma a mezziogiorno è normale, che non ci siano tende protettive, come obbligatorio, molto meno.

3 A BIELLA caduta sotto le schiacciate brindisine. Si chiama crisi. Sarebbe bello se chi ha tanta passione trovasse anche una logica nella costruzione delle nuove squadre. Siamo avviliti, non come per Pesaro, ma quasi.

2 Agli ARBITRI del pianeta rancido dove  camminano un po’ tutti a piedi nudi sapendo di trovare spine. Troppi falli tecnici per decidere svolte di partite tirate, sofferte. Se fosse vero che intervenite ad  ogni imprecazione prima ammonita e poi  sanzionata saremmo con voi. Invece siete proprio come quelle palle a due che rivogliono tutti. Voi le buttate per aria, ma già vi vengono gli scrupoli e allora rimediate, rimediate, fino a diventare prigionieri di voi stessi, convinti che la partita debba passare davvero dalle vostre mani.Un abbaglio.

1 A Fabrizio FRATES che se continua a stare in silenzio e non spiega perché lo hanno mandato via dall’Armani si troverà come il povero Girolimoni, accusato di tutto e di più. Il silenzio e l’inchino al volere superiore di Scariolo dovrebbe farlo riflettere. Pasare per “o spione” non può essere tollerato. Che si sappia con chi ha vissuto e come è stato trattato.

0 Al sommo Gianni PETRUCCI se ci fa davvero lo scherzo di essere rieletto per poi lasciare ai vicepresidenti che, al momnento, sono La Guardia e Anna Cremascoli, il governo di un basket che ha bisogno di chiarezza e  idee nella povertà. Non accetteremmo. Sia chiaro subito. Sindaco al mattino, deputato al pomeriggio, ma la sera presidente e un ministero dello sport lo esaurirebbe di sicuro. Per fortuna è stato mantenuto come ministro degli esteri Meneghin anche perché in Fiba non avrebbero accettato sostituti in mezze maniche, per fortuna gli è stato riproprosto il ruolo rubiniano di responsabile del settore tecnico. Ma cari potentoni non giocate con gli orgoglioni che siamo diventati.

Oscar Eleni, lunedì 24 dicembre 2012

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