Gli eroi del fondo e quelli di Raiola

2 Marzo 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni alla ricerca del rame e degli affetti perduti nei boschi svedesi di Falun dove nell’altro secolo, era il Mondiale di sci nordico del 1993 bello come questo che siamo goduti fino a domenica, si dovevano nascondere in sala stampa le volute di fumo dell’inesauribile Pea che a quei tempi era il mistico delle trasferte nello sci di fondo, il confessore dei turbamenti di Manuela Di Centa che le prendeva dalla Belmondo, nel Mondiale dove l’Italia vinse 6 medaglie, dove le divine si graffiavano davvero, ma poi andavano anche fortissimo. La piemontese due volte d’oro, la stella onorevole del Friuli due argenti, nella 30 dietro la nemica e nella staffetta con la nemica, Vanzetta e Paruzzi, dietro le russe e la Vjalbe. Che tempi, che giorni. Che fondisti. Che senso della fatica. Poi c’era il Maurilio De Zolt a farci impazzire con la staffetta argento dietro i norvegesi, scatenando l’uomo del caffè corretto, anche in gara, insieme all’Albarello, Giorgio Vanzetta e al Silvio Fauner luce degli occhi del Vanoi, bronzo nella 25 mista classico-pattinato quando a dominare erano i norvegesi, come oggi, con il Dahlie bello ed impossibile proprio come il Northug che ha dominato la 50 nella neve domenica, seconda di Quaresima, quella del basket posticipato per calcetto. Erano i giorni del vino e delle nostre rose che appassivano anche professionalmente, forse una delle ultime trasferte vere insieme al Claudio dei Pea che oltre a consolare la Di Centa, facendo infuriare la Belmondo, era anche felice di poter cantare per un Polvara quarto sulla 50, siamo andati persino a tifare Lunardi che saltava dal trampolino.

Perché ci viene in mente Falun proprio in questi giorni? Perché eravamo liberi di scrivere quello che pensavamo davvero, i nostri giornali difendevano vere pagine di sport, in mezzo a gente non tutta leale, ma molto vera, bella dentro. Altri tempi quando gli amori che avevamo conoscevano i nostri nomi e noi stessi riuscivamo a capirci molto più che su questa collina dove la vecchiaia non è roba da femminucce e il basket aveva bisogno di fedeli che non confondevano la cioccolata di strada col risotto, dove non c’era questa cascata di finti diamanti televisivi ad ogni ora, adesso che la Gazzetta fa sul serio e le duellanti infelici, Lega e Federazione, giocano partite a mosca cieca per trovare la formula del rilancio del giocatore italiano. Cara gente basterebbe portare Gianluca Basile al clonaggio e allora si andrebbe avanti. Bei giorni quando Lombardi impazziva per il nobile contadino e quando Tanjevic decise che era un uomo vero della terra a dover cercare nella miniera dove si nascondeva il talento del basket nazionale.

Stanchi dell’incomprensione ci siamo sdraiati fra la folla di Falun: tante bandiere, nessun nemico, a parte la lingua. Un po’ come succede con questa rubrica quando il diretur ci deve difendere dai moltissimi che giurano di non capire. Ringrazio la direzione per la difesa, ma non è la gratuità che ci lega ai lettori. Hanno ragione loro. Esiste, però, cara gente, anche la libertà di far sapere ai troppi ed impreparati comandanti del vapore che nelle vecchie baite abbiamo il codice per decodificare, certo lo abbiamo noi e non il lettore giustamente furioso, tenendo svegli i finti esploratori delle loro botteghe che non sono certo quelle da dove il basket può raccogliere idee e, soprattutto, trovare giuste energie. Capito? No. Avete ragione, ma lasciateci almeno questo sfogo.

Virata sul semplice nella settimana dove un comunicato di Lega ci ha fatto sapere che a Desio ci sono stati quindicimila spettatori. Fuori le cifre, gli incassi. Poi dire quindicimila per sette partite che senso ha?

Altro argomento, legato sempre a Desio e alla coppa che ha dato alla Dinamo anche la gloriosa marcia sui diavoli della brigata Sassari. Milano e l’Emporio con il mal di pancia del suo capitano assente nella riscossa di Novgorod. Alla gente non è bastato. Come si è capito dalla striscione quando i “ragazzi” (ragazzi?) sono tornati al Forum, quello dei record, degli annunci urlati e ululati, della musica che impedisce di ascoltare cosa dice il tuo vicino. Un messaggio poco alato che contestava Portaluppi, presidente nel nome del Proli mandato fra le grandi mele della quinta strada a New York, Banchi, allenatore che per difendere le sue idee, cominciando dalla fatica difensiva e dal lavoro collettivo, si trova sotto lo strano fuoco amico di chi vorrebbe anche invadere spogliatoi un tempo blindati e sacri, e persino Alessandro Gentile, immaginiamo come capitano, a meno che non sappiano qualcosa di più proprio loro, quelli delle curve dove non ci deve essere crisi se poi sono sempre a vedere allenamenti e anche partite in trasferta. Per farsi perdonare hanno asfaltato la Reggio Emilia incerottata, vuota dentro, impegnata a digerire la fase più delicata con il rientro mascherato dei lituani, aspettando di capire cosa succede al Drago Diener.

Opinione personale sulla vittoria alla stazione Novgord della Transiberiana, al sacco nella città di Gorkij. Dovevano pentirsi molto prima, già dopo quel meno 20 all’andata nel campetto di Assago, magari nella finale di coppa Italia, ma anche contro Avellino quando al primo turno hanno rischiato di essere lapidati persino dal paziente re Giorgio che dolorosamente registrava l’assenza di alcuni giocatori quando alla fine voleva stringere le mani dei “suoi” giocatori. Successe anche l’anno scorso. Altro pentimento solenne, reazione in eurolega fino al mal di pancia nella sfida decisiva col Maccabi. Ora la chimera del passaggio alla fase con le 8 migliori dell’eurolega dovrebbe legare di più il gruppo. Facendo un capolavoro e un filotto si potrebbe anche prendere per la coda l’Efes del maestro Ivkovic, considerando che i baschi del Vitoria hanno qualche problema, nonostante il successo in Turchia, dopo le legnate con Bilbao in campionato.

Comunque resta il mal di pancia. Nuova tecnica per staccarsi da contratti in essere. Il maestro sul mercato si chiama Raiola. Ibrahimovic e Balotelli, gli allievi più famosi nell’accusare il malessere che va dalla dura madre all’intestino cieco prima di costringere Milano a “cederli”. Ora i contratti in scadenza, le sirene texane, NBA, Houston, ciumbia, per Gentile che lotta per la presenza in quintetto con il Brooks quasi rieducato all’europea, fanno pensare che qualche mal di pancia possa arrivare anche senza un viaggio concluso alle due di notte nella contea moscovita e nella vecchia città sui due fiumi dove un tempo fabbricavano armi e non ci poteva andare nessuno.

Milano si autoassolve con facilità, ma intanto si confessa. Per la corsa scudetto non temeva davvero le nemiche della prima ora, lo faceva tanto per imbellettare le finte imprese, i record fatui, ma poi ha capito che a Sassari potrebbero anche essersi convertiti ad un basket diverso da quello che faceva godere con i Diener. Insomma difesa e peso al centro. Allora l’Emporio ha deciso che doveva proteggersi proprio dove Samardo Samuels, ogni tanto, va in acidosi, come capita ai grandi giamaicani della corsa: lui, per la verità non corre tantissimo e non salta moltissimo, ma conosce l’arte. Da domenica sera hanno messo nella casa più ricca del nostro basket il carroarmato Elegar delle Isole Vergini, anche se è nato a New York. Dunque lasciamo perdere tutto il resto, alla sfida scudetto soltanto Sassari potrà sfidare Milano. Non certo Venezia perchè il tardivo pentimento del campionato non l’assolve per il flop a Desio. Non certo Reggio Emilia che è troppo leggera nella corsa lunga, certo andrà vista quando finalmente tutti saranno sani e disponibili. Andare oltre sembra un esercizio onanistico, un po’ come ballare su tante televisioni. Uffa. Non ti va bene neppure questa esposizione su tutti i televisori della Nazione, molto digitale, tanto satellite? Certo che va bene, ma se davvero è il basket a guadagnare, non se la passerella diventa girevole per accaniti frequentatori che sparano bombe al rosolio, senza un minimo di autorevolezza e credibilità.

Visto che nell’animata cabina televisiva di Eurosport a Falun c’erano in una sola mattinata Albarello, il fantastico Valbusa e il Maurilio De Zolt dalle sette vite, genio dell’esistenza anche facendo contrabbando fra i gentili, siamo andati a chiedere consiglio per le pagelle.

10 Alla BRIGATA SASSARI che ci ha portato nel basket l’inno per questi nuovi diavoli di Sacchetti che hanno tutto il diritto, cominciando da Meo Marameo, di mandare a quel paese chi era rimasto davvero male vedendo la debolezza della Dinamo europea. Hanno imparato la lezione, si sono uniti quando serviva e gli altri ancora cercavano gloria personale. Hanno meritato una settimana magica e il SARDARA che li fa navigare, volare, pensare, sembra davvero il Merlino del nostro basket.

9 A Gianluca BASILE che ha lasciato il segno anche nell’impresa di Capo d’Orlando sull’Avellino da lavori forzati. Più 25 di valutazione a quarant’anni paragonati allo 0 su 5 di Cortese, alla partita di Cavaliero, ci spiegano bene che la difesa dell’italiano a prescindere diventa un noioso ritornello per chi, pur avendo i mezzi, dico a voi di Lega, dico a voi Federali, non ha il coraggio di varare la legge anche scomoda, che sarà osteggiata e portata in tribunale da chi sapete voi, in modo che qualcosa cambi. Certo vorremmo avere in squadra, anche adesso Basile, Soragna, il Pecile risanato e persino Marconato piuttosto che certi ragazzotti che portano a spasso il cagnolino, ma quanto ci vorrà per ricreare un tipo di giocatore del genere?

8 Al Samardo SAMUELS che ha ridato la fede all’Emporio Armani. La settimana scorsa ci hanno contestato un buon voto al cuore di Hackett che poi ha finito pazziando. Restiamo dell’idea che se Banchi potrà contare sui pretoriani veri, cioè quelli che sanno cosa vuol dire difendere, anche soltanto un principio come quello che ciascuno può essere qualcuno se nessuno sarà nessuno, allora in Italia nessuno potrà batterli e non perché sono quelli che costano di più, ma perché sanno soffrire di più. Samuels ha bisogno degli scoiattoli che portano noci all’albero giamaicano. Poi ci pensa lui, anche quando salta poco.

7 Al BARGNANI che sta ritrovando se stesso nella bolgia di New York dove un tempo eravamo noi ad aspettare Phil Jackson in una uscita dagli spogliatoi dei Knicks senza immaginare che sarebbe diventato il signore degli anelli. Adesso tutti diranno che l’Italia ha ritrovato una luce, sta andando meglio anche il Gallo junior, insomma c’è grande euforia. Non crederemo mai, però, che il risveglio è avvenuto quando sono andati a New York i re magi Petrucci, Pianigiani e Silvestri.

6 Alla coppia ORIANI-PETERSON lanciata dalla Gazzetta per la prima diretta, purtroppo non nitida, spesso interrotta, sul canale 59 nel nome della Gazzetta che è stata Bibbia e ora vuole essere grande sorella. Una coppa ben assortita, che ha tanto da raccontare, ma per carità, caro Nano Ghiacciato, non lasciare che l’Orianone vada in acidosi facendoci capire che del basket italiano parla, ma turandosi il naso.

5 Alla LEGA degli indignados contro il ritardo Rai per la diretta dal Forum, partita nata morta per lo strapotere Armani e spinta più in là da qelli del calcetto, se non sforneranno a breve un filmato sulla coppa Italia almeno paragonabile a qello che la ACB spagnola ha distribuito alle televisioni che mandano in diretta il più bel campionato della Vecchia Europa. Non aspettate, con tutte queste televisioni “asservizio”, la presentazione del prossimo campionato.

4 Alla VENEZIA del pentimento tardivo che ha battuto la Brindisi dell’illusione esagerata. Come è accaduto a Milano non basta flagellarsi dopo, parlarne tanto, se manchi l’attimo devi ripassare l’anno dopo, ma ti deve costare davvero tanta fatica, in palestra.

3 Al Gianmarco POZZECCO bruciato dall’emotività, in un lavoro dove serve anche la faccia da poker, perché nella varie televisioni che lo hanno ospitato in questa sua settimana da esodato volontario, ha detto con l’occhio furbino: “Non vi siete liberati di me”. Caro Poz, ecco un altro difetto. Credere che ci si voglia liberare di personaggi che fanno il bene dello sport onorato prima sul campo. No. Si prega soltanto perché giochino per la squadra, glielo diceva anche Tanjevic prima di escluderlo dall’europeo d’oro in Francia.

2 Alla RETROCESSIONE come tagliola italica da cui non ci si può liberare. Insomma siamo disperati pensando che squadre come Caserta, probabile, Pesaro, capo d’Orlando, ma, purtroppo, anche Varese e Roma, potrebbero finire in buca. Ci piacerebbe che un mago arrivasse sul sistema basket per far cambiare le cose in meglio. Non succederà, ma la speranza resta.

1 Al COLDEBELLA che per la fiesta riminese di coppa delle leghe Golden e Silver ha deciso di intitolare un premio al Papa Parisini, maestro vero di una dirigenza che spesso andava mandata dietro la la lavagna, un genio, un amico vero del gioco, della gente. In questo modo costringerà quelli del piano di sopra, in mezzo alle ragnatele della bava invidiosa, a studiarsi almeno la storia dell’associazionismo societario e quelli non hanno tempo. Devono trovare il cerone giusto per la prossima diretta.

0 Al Meo SACCHETTI diventato l’idolo di tutti gli allenatori italiani, e non soltanto, che abbiamo criticato per la “magata” del minuto di sospensione a pochi secondi o anche decimi dalla fine di un tempo, di una partita. In coppa Italia gli è andata benissimo contro Milano, mancava meno di un secondo. Alla fine del secondo quarto. Per una volta che funziona, ma non sempre trovi il Kleiza che si autosgambetta: possiamo portare come prove venti situazioni da palla in faccia, da giocatore che fa esattamente il contrario di quello disegnato sulla pizzarra. Insomma può andare bene, ma spessissimo va male. Restiamo dell’idea che i minuti si chiamano per ricordare movimenti fatti cento volte in allenamento, non per diventare il Silvan del momento.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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