Basket
Gli abbagli dopo Irving
Stefano Olivari 16/05/2012
Kyrie Irving era un rookie dell’anno annunciato, anche se al netto dell’infortunio (e dei paragoni con Pete Maravich: leggermente, come dire, più realizzatore) Ricky Rubio ha di sicuro avuto sulla lega un impatto più forte del suo. Questo non toglie che Irving sia stato l’unica grande gioia della stagione dei Cavs, superando nelle votazioni di 120 giornalisti appunto lo spagnolo, la fisicità di Kenneth Faried (il modo in cui ‘Manimal’ ha tenuto botta contro i lunghi dei Lakers è stato eroico), la versatilità e le braccia lunghe di Kawhi Leonard (uomo chiave degli Spurs insieme ai soliti noti) e la velocità di Iman Shumpert. A Duke l’anno scorso si è visto poco del suo ‘one and done’ universitario, perchè poco ha giocato a causa di un infortunio, ma quest’anno pur essendo stato la primissima scelta è andato oltre le aspettative di molti e non solo per il già famoso crossover. Iriving ha sorpreso quindi non per le buonissime statistiche (solo altri cinque esordienti nella storia della NBA hanno avuto di media più di 18 punti e 5 assist) ma per il modo in cui ha preso in mano una squadra e un ambiente che vivranno probabilmente per sempre nel dopo LeBron. A tal proposito, è quasi superfluo osservare che per elogiarlo il proprietario dei Cavs Dan Gilbert ha tirato in ballo i quarti quarti di quello che prima di Irving è stato rookie dell’anno con la maglia dei Cavs. Detto questo, il draft non è una scienza esatta e da sapientini del poi notiamo che nelle zone alte del 2011 solo con Irving le valutazioni sono state corrette. Il numero due Derrick Williams ha fatto discretamente ai T-Wolves, ma al di là di qualche schiacciata spettacolare ha lasciato poche tracce: un’ala un po’ troppo ibrida per il livello delle stelle, che Adelman ovviamente mette molto dietro a Kevin Love come 4 e poco dietro all’indolente Beasley come 3. Il numero tre Kanter, dopo l’anno di vacanza a Kentucky, ha fatto la comparsa ai Jazz, il quattro Tristan Thompson il compitino ai Cavs e così via. Per farla breve: Leonard è stato scelto alla 15, Shumpert alla 17 e Faried, complice anche la poco visiibile Morehead State, alla 22. Conclusione: la competenza e la fortuna possono valere più di una stagione fallimentare e regala-probabilità, nel costruire una squadra per mezzo del draft.
Stefano Olivari, 16 maggio 2012