I giorni di Happy Days

20 Gennaio 2014 di Paolo Morati

Happy Days

Happy Days ha compiuto 40 anni dalla sua prima messa in onda negli Stati Uniti avvenuta il 15 gennaio 1974. La serie ideata da Gary Marshall, nata come racconto di una famiglia americana di fascia borghese (il capofamiglia, Howard Cunningham – Tom Bosley-, ha un negozio di ferramenta), si è nel corso del tempo trasformata in un punto di riferimento per gli adolescenti dell’epoca grazie alle sue storie di normale quotidianità ambientate per dieci anni consecutivi nella cittadina di Milwaukee a partire dalla metà degli anni ’50. Il tutto grazie a un racconto che, partendo dalle esperienze del giovane Richard (Ron Howard, futuro regista da Oscar), mise al centro le problematiche della vita dei giovani e delle loro famiglie in modo pulito e divertente (nell’originale americano ci sono anche le abituali risate del pubblico…), senza esasperare i toni. Con un protagonista lentigginoso e giudizioso, affiancato nella sua crescita da quello che sarebbe poi diventato a furor di popolo la vera star della serie ovvero Arthur Fonzarelli, alias Fonzie (Henry Winkler), evolutosi dal suo essere fuori dalle righe in consigliere degli amici più giovani, forte di un carisma in grado di tenere a bada anche i peggiori bulli, oltre che attrarre in modo irresistibile le ragazze schioccando le dita.

È infatti Fonzie il modello di Richie, dei suoi più stretti amici Potsie Weber (Anson Williams, non molto furbo) e Ralph Malf (Donny Most, il giullare della compagnia), con il giubbotto di pelle inizialmente mal visto dai dirigenti della televisione americana ABC, le Harley-Davidson e Triumph, e i numeri di telefono scritti sul muro del suo… ufficio; ossia il bagno del fast food Arnold’s, ritrovo del gruppo e gestito prima dall’omonimo personaggio (Pat Morita) e poi da Alfred Delvecchio (Al Molinaro). Fonzie è un tipo di bassa ma alta statura che tiene solo ad apparente distanza i pivelli, che accetta di parlare con loro tanto da andare a vivere poi a stretto contatto coi Cunningham per essere accolto nel suo essere ragazzo di strada; questo nonostante le remore iniziali di Howard frequentatore della Loggia del Leopardo. Adorato da mamma Marion (Marion Ross), Fonzie dispensa consigli di vita (“Prima si impara a camminare e poi a correre”), si celebra (“Io non sono un sognatore, io vengo sognato”), riflette (“Quando hai la testa fuori strada non puoi pensare”), cela le sue debolezze, ha espressioni (il suo famoso Hey!) e gesti (il pollice verso l’alto) adottati in massa dagli spettatori, balla immobile con la compagna di turno e chiama sottiletta Joanie (Erin Moran), figlia minore dei Cunningham. Portando sul set anche alcuni suoi parenti, dal cugino Chachi Arcola (Scott Baio) all’incredibile nipote Spadino, sua mini copia a carbone poco presente ma in grado di lasciare il segno.

Tirato un po’ troppo per le lunghe, con l’introduzione di nuovi personaggi, la scomparsa di altri (lo stesso Richie andrà al militare lasciando a casa la compagna Lori Beth) e proponendo situazioni progressivamente meno originali, Happy Days rappresenta la spensieratezza dei giorni felici di un America che nei ’70 non lo era poi così tanto, un po’ come se in Italia oggi si producesse una serie ambientata negli ’80 (l’idea la lanciamo, siamo pronti con il direttore a sceneggiarla), una sorta di mantra a episodi dove il lieto fine è assicurato e si fa squadra per risolvere ingiustizie e crisi. Diversi infine gli spin-off nati dal telefilm: dagli ottimi Mork & Mindi e Laverne & Shirley, al misconosciuto Le ragazze di Blansky fino allo sfortunato Joanie loves Chachi – assurdamente diventato in italiano Jenny e Chachi – e a una non memorabile serie a cartoni animati. E adesso tutti da Arnold’s a far suonare il Jukebox…

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