Giochi proibiti

10 Luglio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla sala torinese del museo risorgimentale per sfogare la rabbia di una qualificazione olimpica mancata, annunciata dagli imbonitori che hanno fatto diventare il Messico una nuvola corazzata. Seguire le intuizioni artistiche di Finazzer Flory spiegando all’amico Tavarozzi, buon giornalista ieri, contadino di qualità oggi, che per sputare nel PO siamo rimasti in città, guardando la luna che diventava un pallone per il canestro ideale, in una partita invisibile, fissato sulla Mole Antonelliana dalla quale potevi vedere tutto già prima che i croati ci mettessero ala gogna. Per fortuna gli sgarbi al badante, da gente che in passato non si vergognava di chiedere favori impossibili, e la tracheite da aria condizionata ci hanno risparmiato la vergogna dell’interruzione di una partita per 23 minuti, irregolarità che soltanto i pazienti potevano accettare, un tormentone di lavagne nel palazzo dove c’erano pure tanti personaggi da intervistare oltre al fratello di Gentile.

Ad esempio si poteva andare dal sciur Gamba riammesso in prima fila dopo l’onta del martedì degli inchini al nuovo sindaco, alla juventinità. Lui avrebbe spiegato che quell’Aza Petrovic che, mandando in corto Meneghin ai Giochi di Los Angeles 1984, rubò a lui e ad Azzurra una probabile semifinale e forse un’altra medaglia dopo Mosca 1980, doveva essere temuto perché dai maestri della grande scuola slava aveva imparato l’arte di fingersi mendicante ad Itaca, ma pronto a tirare fuori il vecchio arco. E sì, caro Ettore che ti sei lasciato tirare nel gorgo della polemicuzza sui palloni regalati all’Italia per la vittoria in gara uno, quella che contava di meno, Aza l’ispiratore di Drazen lo aveva previsto alla vigilia del torneo parlando con la stampa al seguito: “Italia favorita, gioca in casa, ma vedremo quando si giocherà sui nervi”. Lui lo sapeva che quando culo morde pigiama, come dicono i grandi santoni della scuola illuminante dei plavi, tutto cambia.

Ma le avete viste le facce del Bargnani poi tenuto in panchina nella battaglia perché del suo piumino non si sapeva cosa fare. Dei tanti azzurri tracotanti della settimana, quelli che ci tengono ad essere famosi, amati come calciatori, legati ai selfie, ai cartelli tipo Gallo fammi diventare la tua gallina, sul campo quando c’era bisogno di pelotas e verità non ricordiamo quasi nessuno. Sempre ad inseguire nella speranza che una Croazia con assenze importanti, uscita bastonata dall’europeo, facesse splash perché aveva la miccia corta, una scelta rischiosa di Aza che non ha mai mandato sul campo il figlio di Arapovic che in coppa aveva fatto piangere la Milano di Simon, che ha preferito prosciugare il vagotonico Ukic piuttosto che sfruttare Stipcevic. E sì, ci aveva fatto regali Aza, ma chi poteva scartarli?

Dispiace aver visto tutto in una dimensione da basket per guitti, beati i colleghi di Manila e Belgrado che almeno vedevano tutto il campo e non una parte come succede al Forum nell’indifferenza dei legaioli che ora si sentiranno capri espiatori, caprini pensanti, per un disastro che ci lascia fuori dai Giochi dal 2008, dopo l’argento di Recalcati ad Atene. Siamo sicuri che scaricheranno tutto sulla loro miopia gestionale, ora che hanno visto sacrificare alle ragioni di stato, non era stato informato l’arbitro portoricano, tre società che hanno fatto grandi cose come Sassari, Reggio Emilia e Trento, oltre alla Cantù che ancora resta un mistero nelle mani del Gerasimenko che non riesce neppure a farsi cedere i terreni per i posteggi al nuovo Pianella. Grossi guai nella casa di un basket dove le volpi che non possono prendere l’uva desiderata e, per questo, considerata acerba, cercano qualcuno da crocifiggere. Ieri era Pianigiani, oggi è impossibile farlo con Messina che ha capito tardi che aveva scelto finti leoni, finte vergini, tenendosi in seno veri scorpioni, quelli che hanno esagerato nel passaggio in più per far capire che avevano ben compreso il messaggio dell’uomo di San Antonio. Quando arriva il momento della verità molti degli azzurri ci hanno dimostrato che la temevano, cercavano l’aiutino, si sono fatti incatenare perché anche una Croazia incompleta non era certo come la Tunisia o il Messico che hanno fatto sbrodolare i diaconi di una nuova chiesa tutta effetti speciali.

Veri tarli mentali per chi non è completo ed è una fortuna che molti abbiano consiglieri che sanno come deve essere lungo il passo. Gentile, ad esempio, non è rimasto a Milano per affetto, aveva detto che cercava altre esperienze, ma perché andare altrove può far cadere certi scudi protettivi e non sempre c’è in giro una Salomè capace di danzare soltanto se può avere la testa del Battista Banchi. Ora con Messina che ha confuso i nostri uomini d’attacco più noti, pensate a cosa dicono dei canestri di Aradori e Gentile, non ci saranno rappresaglie, ma forse sarà lui a non accettare il proseguimento del rapporto, lasciando a Petrucci due strade: scegliere chi ascolta le platee, prendere qualcuno che al momento in Italia non esiste per credibilità e quindi puntare all’estero a meno di non deviare sul Trinchieri dal passo dell’oca. Troppa roba, direte con questo caldo, quello che non faceva respirare Dino Meneghin relegato in tribuna nel martedì dei sogni, lui con Gamba, unico a vincere qualcosa davvero, col Fausto Maifredi che, fortunatamente resta appassionato mentre i congiurati che lo fecero fuori cercano vie di rientro, magari con la scusa che il risparmio federale vale le loro messe così come si è visto dopo aver rinunciato ai grandi azzurri del passato come accompagnatori delle giovanili. Non sarà colpa della Lega anche questa mossa incomprensibile. Secondo voi un talento in formazione ascolta chi porta voti o chi ha portato medaglie? Lasciamo perdere ed eccoci le pagelle del preolimpico che ci è costato 2 milioni per avere mosche a colazione.

10 A TORINO per il genuino entusiasmo, zero a chi non ha garantito un palazzo dove tutto doveva funzionare, cinque a chi insiste nel fare lavori di cui non sa nulla e mette la gente in posti dove l’angolo cieco è la norma.
9 Alla squadra che ha semplificato il lavoro per tanti, da Federica a Botta che, purtroppo, lascia lo sport per andare nella sua terra, fra tessuti di qualità.
8 A Nicolò MELLI che ha dimostrato cosa può cambiare nella testa di un giocatore di qualità se riesce ad affrancarsi, se non ha paura della lontananza da casa. La cosa buffa è che qualcuno voleva che fosse ancora lui a portare la colazione in camera.
7 Alla JUVENTUS che da Allegri a Dybala, da Del Piero ad Agnelli non ha invaso il territorio, godendosi una festa che, purtroppo, è finita male.
6 A CINCIARINI, DELLA VALLE, PASCOLO e ABASS per aver accettato una scelta tecnica che ancora oggi non condividiamo.
5 Ad AZA PETROVIC che doveva almeno ricordare cosa ci aveva portato via nel 1984. Certo è stato bravo a portare nella sua tela di ragno reale un avversario che sperava di non dover portare in panchina tanti pannolini.
4 A Gianni PETRUCCI se non sfrutterà questa amarissima delusione per mettersi al tavolo con i legaioli per discutere in maniera definitiva come si può cambiare la strada e il destino del basket italiano.
3 A GAMBA, MENEGHIN e MAIFREDI per non aver lasciato il campo, certo avrebbero dovuto sorbirsi le prediche degli imbonitori di un canestro incredibile, dopo lo “ sgarbo” dello spostamento in tribuna. Una mancanza grave e se c’è un colpevole dovrebbe pagare.
2 Agli ARBITRI del preolimpico che ci hanno preparato al nuovo regime FIBA. Scadenti a Torino, Manila, dove pure c’era Lamonica, Belgrado. Cara gente certi perdono il pelo, ma non il vizio di mettere il basket giocato dietro alle loro diverse passioni.
1 Ai VIGILANTI che non si sono accorti dello stato fisico e psicologico di giocatori che avevano vissuto una lunga stagione. Dovevano imporre un regime diverso, accorgersi subito che certe facce non sarebbero cambiate lavorando così in fretta.
0 Agli SCOPPIATI di Azzurra, da Gallinari a Datome, perché pur comprendendo la buona fede per rendere popolare il gioco, una squadra, dovevano pensare prima a ricaricare pile super sfruttate. Dovevano regalare meno di loro stessi al mondo esterno, restando più a lungo nel silenzio e in sala di fisioterapia.

Le pagelle degli azzurri usciti battuti in un torneino, sia chiaro:
MESSINA 7 perché è il nostro Ettorre, ma adesso chieda agli assistenti se davvero gli hanno detto tutta la verità su certi giocatori.
BELINELLI 6.5: Dopo la frattura a Bologna poteva anche starsene da parte. Ha dato tutto quello che aveva, ma alla fine aveva poco.
ARADORI 5.5: Gregario di lusso che non ha capito i momenti in cui serviva davvero il suo tiro più che il suo passaggio. La difesa poi.
GENTILE 5.5: Ci ha messo quello che ha, la certezza nel super-ego per affrontare anche cambi di mansioni, ma nella sostanza ha sempre finito un po’ in confusione.
BARGNANI 4.5: vrebbe dovuto fare un pretorneo al massimo, ogni due giorni aveva la bua. Ci ha deluso ancora una volta e Mesisna che lo tiene a sedere nella mischia finale gli ha già spiegato come la pensa. Pure lui alla ricerca di un posto al sole, ma attento all’ombra.
GALLINARI 6.5: Ha tirato fuori il poco che aveva in tasca, si è battuto, non ha fatto tutto bene, anzi, ma per noi capogiocatore.
CUSIN 5.5 : Una discreta finale, ma sempre falli inutili e a rimbalzo serviva qualcosa di meglio.
DATOME 5.5: Troppo vuoto per credere che fosse davvero il capitano per una sfida del genere, l’MVP del campionato turco, il finalista di eurolega. Ha dato quello che aveva. Poco, purtroppo.
HACKETT 7: Maturato, solido, con difetti che non correggi alla sua età, ma se tutti avessero avuto quella rabbia saremmo a Rio.

MELLI 7.5: Eravamo convinti che Milano avesse sbagliato a non trattenerlo, adesso ne abbiamo la certezza. Bei progressi in ogni senso.
POETA 6: Ha fatto i compiti come volevano i compagni che lo hanno fatto preferire ad altri , più di così impossibile chiedergli.

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