Gianni Agnelli e Serena Grandi alle sei del mattino

29 Dicembre 2021 di Stefano Olivari

Gianni Agnelli non aveva niente da fare? Al Corriere della Sera Serena Grandi ha dichiarato che fra i suoi corteggiatori c’era anche l’Avvocato, l’ultimo re d’Italia, attraverso le mitologiche telefonate delle sei del mattino, entrate nell’immaginario dei sudditi almeno al pari dell’orologio sopra il polsino. «Mi chiamava alle sei del mattino. La cosa stava diventando pesante, non volevo essere maleducata. Sarei stata un numero per lui. Erano gli anni con mio marito di cui ero pazzamente innamorata. Ci sono anche tanti uomini che hanno avuto paura di me».

Insomma, Serena Grandi è stata uno dei pochi due di picche ricevuti da Agnelli in carriera. Ma tornando alle telefonate delle sei del mattino, quanta gente le riceveva? Andando a memoria e basandoci sulle dichiarazioni dei diretti interessati, ci vengono in mente Boniperti, Platini, Trapattoni, Malagò, Montezemolo, Vialli, Del Piero e Causio, solo per limitarci allo sport e senza contare i tantissimi giornalisti e politici che venivano giudicati così interessanti dall’Avvocato da preferirli alla lettura del Wall Street Journal e del Financial Times con cui di solito iniziava la sua giornata.

Insomma, il mito delle telefonate di Agnelli alle sei del mattino è duro a morire. Eppure sull’argomento una parola definitiva l’aveva detta Cesare Romiti, che Agnelli l’ha conosciuto forse meglio di Serena Grandi o di Causio: “Ci ho lavorato insieme, fianco a fianco, 25 anni. Mai una volta che mi abbia telefonato alle sei. Una delle caratteristiche dell’Avvocato era il rispetto per gli altri. Nel dubbio pensava: ‘sto poveraccio di Romiti magari è andato a letto all’una’. Eppure, a leggere i giornali, pare che non facesse altro che chiamare tutti alle sei di mattina. Mah…Francamente: una melassa di rimpianti spesso ipocriti. Senza sincerità. Quello che mi dà fastidio è questa sorta di santificazione. L’ho scritto anche a Marella, la moglie. Spiegandole che, con dolore, non sarei andato alla commemorazione ufficiale di una persona che non è quella che ho conosciuto io. L’Avvocato era profondamente un uomo, nel bene e nel male, nei pregi, nei difetti. Un uomo“.

Personalmente, al netto dei danni e delle cose positive che la FIAT ha fatto per l’Italia, già analizzati dagli storici, pensiamo che a quasi vent’anni dalla sua morte sia i sudditi sia i nemici trovino più comodo dare di Agnelli un’immagine di supercazzaro, giustificata da parte della sua biografia (dalle pisciate nelle roulette della Costa Azzurra fino appunto alle telefonate ai calciatori) ma non è tutta la sua biografia. Come raccontato fra vi suoi pochi intimi a non averne soggezione, su tutti Jas Gawronski, una delle icone del capitalismo internazionale, fra soldi in paradisi fiscali e tutto il resto, aveva tratti caratteriali italianissimi, nel senso migliore, ai confini del patriottismo. Tratti ben colti anche da un suo antipatizzante come Scalfari, nel sottovalutato romanzo La ruga sulla fronte.

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