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George Michael, più triste di The Final

Stefano Olivari 26/12/2016

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La tristezza per la morte di George Michael è superiore a quella, già grandissima, che provammo trent’anni fa acquistando The Final, il doppio album con cui lui e l’amico (ma sul serio, fin dall’infanzia in cui avevano formato un terzetto poi diventato duo) Andrew Ridgeley scrissero la parola fine al l’epopea degli Wham dopo tre album in studio e una infinita di singoli di successo in soli quattro anni, ma non c’è bisogno di troppo cinismo per osservare che le vere popstar non invecchiano quasi mai in serenità ed è paradossalmente questa loro debolezza che ce le fa sembrare nostre più di loro pari grado che però trovano un equilibrio e mandano avanti bene l’azienda fino alla morte continuando a coverizzare se stessi.

George Michael non era di questa razza, il che non significa che nella storia della musica abbia un posto superiore a Mick Jagger o a Paul McCartney ma soltanto che rispetto a loro era molto più vicino a chi lo ascoltava. In un mondo in cui tutte le informazioni sono a disposizione non vale la pena di riproporre biografie ed è ancora più stupido cristallizzare George Michael soltanto come icona anni Ottanta o, peggio, ancora come ‘quello di Last Christmas’, canzone e video peraltro commoventi. Al contrario di Ridgeley, che gli ultimi trent’anni li ha vissuti alla stragrande secondo i nostri canoni medio borghesi, George Michael aveva ancora molto da dire e lo ha detto, al punto di essere stato probabilmente più bravo nella maturità (tolti gli ultimi anni, dopo l’apparizione ai Giochi di Londra, in cui era sostanzialmente scomparso) che nei primi anni di carriera: cinque album in studio e soltanto quando li ‘sentiva’.

La sua omosessualità dichiarata, nemmeno volontariamente, dopo avere raggiunto il massimo del successo, si presta a una domanda triste (Se avesse fatto coming out a inizio Ottanta sarebbe diventato George Michael?) e a una risposta ancora più triste (probabilmente no), di sicuro il conflitto fra l’immagine pubblica e il privato non è stato estraneo all’abuso di ogni tipo di droga. Adesso è finita, siamo davvero a ‘The Final’, e siamo ancora più soli. Lo stiamo riascoltando per la duecentesima volta, in vinile per aggrapparci a un passato che rimpiangevamo già quando non era passato.

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