Basket
Galbiati come Olly
Oscar Eleni 17/02/2025

Oscar Eleni travestito da oca giuliva in fuga da Sanremo prima che il più votato dagli statunitensi, moltissimi a stipendio anche su campi italiani, scelga l’Ariston come 53° stato o 54° se dovesse andargli bene il progetto sulla spiaggia a Gaza. Via dall’ovvio, dall’idea che tutto vada bene, qualcuno ha parlato di pornografia dei buoni sentimenti. Scegliere un campo di lavanda in Provenza per sentirsi meglio, benedicendo Mattia Furlani, saltatore in lungo, che in Polonia ha battuto finalmente il fenomeno greco Tentoglou facendoci dimenticare la bombetta puzzolente che sfascerà la staffetta dell’oro olimpico a Tokio dopo la rivelazione del Fatto, se davvero è stato il fratello di Tortu a chiedere indagini approfondite su Jacobs. Meglio stare lontani, sono guerre che abbiamo già vissuto. Ai tempi di Mennea i francesi credevano che invece di allenarsi vivesse nell’antro di un mago. I successi di Rondelli, di Cova, Panetta sono diventati medaglie urticanti per moltissimi avversari, magari gli stessi che oggi indagheranno su questo spionaggio.
Teniamoci il sorriso di Furlani, occhi luccicanti come i giovani turchi della Trento che per la seconda volta in stagione ha mandato l’Armani nella prigione dei dubbi, perché anche a Torino si è vista una squadra sbagliata sbriciolarsi, come in campionato, davanti al Galbiati che all’Olimpia ha imparato l’arte ma poi è stato capace di volare da solo, vincendo una coppa Italia anche con Torino, poi sparita, lavorando alla grande nella Varese del canto libero, bene a Cremona e in tutti i posti dove ha portato la sua voglia di fare famiglia, squadra, prima ancora di pensare alla tattica, una strada da gigante bella come quella sulle coste irlandesi.
Torino e la sua festa del basket che forse si ripeterà anche l’anno prossimo. Certo a Messina e all’Armani non farà piacere. Nella bagna cauda del campo piemontese le cose sono andate male troppe volte per volerci ritornare. Milano la generosa, dopo Napoli ha scoperto le aquile che a Trento vivono fra nuvole dorate, in una bella società che sa lavorare, cercare, vivere nel territorio già occupato dalla pallavolo vincitrice di tutti i trofei. Sarà felice il nostro amico Grigoletti per il successo del collega Luigi Longhi a cui raccontava favole sul basket quando ancora la serie A sembrava lontana. Una bella bevuta, magari litigando con Trevisani, Porelli, Allievi, Maggiò, nel bosco dove le anime belle dovrebbero stare, perché fa davvero discutere questa Armani, spesso cotta nella stessa acqua di Giò dove si rianima all’improvviso. Squadra che affoga in troppe pozzanghere, anche se ogni tanto risorge dal nulla quando la piazza aspetta il rogo per l’allenatore presidente, gruppo con tante sfortune addosso e non solo per colpa degli infortuni. Sembra davvero nata settimina, gracile, tremebonda e se capitano giornate dove va dentro un solo tiro da 3 punti, o veleno che aiuta troppi a fingersi pure strateghi, eccola denudata sule legno bianco della bara. Torino terra non benedetta, sotto lo stesso cielo dove il milanista Messina non ha potuto consolarsi vedendo perdere l’Inter contro i gobbi juventini, una passeggiata sulla Mole da dove ha visto, insieme all’Inzaghi in sofferenza come il fratello Pippo che cerca di riportare in A il Pisa, il male della stagione. L’Inter, dicono, non ha più fame. L’Armani, dicono, non ha registi e a rimbalzo spesso vola via. Vedremo a primavera, per adesso aletto senza cena.
Cosa che, fortunatamente, non capiterà nel terzo tempo dei rugbisti e non soltanto per la vittoria a Sanremo del genovese Olly, numero otto, il terza linea centro nel Cus Genova prima di una laurea a Milano, sampdoriano che nello spogliatoio, anche pieno di lividi, sapeva cantare anche se i compagni gli dicevano che era stonato. Era la gioventù, il regno che negli anni avevano protetto Scarpiello e Nasciuti, la fonte per la felicità del nostro caro amico Parodi. Olly ma non solo perché anche la Nazionale che ha battuto il Galles, le Zebre e la Benetton nelle coppe internazionali, ci hanno detto che qualcosa si muove in un grande sport che sembra ancora inadatto all’italiano egoista e un po’ fifone. Viva Olly, anche se ci ha colpito di più Lucio Corsi con il suo paroliere chitarrista per l’abbraccio al vincitore dopo aver ascoltato il verdetto dele giurie. Magari facessero così, con tanta sincerità, ii campioni dello sport alla fine quando si danno mano.
Adesso sarete stanchi, viva la Brignone e Ninna Quario che quando collaborava col Giornale sapeva davvero raccontare il suo sport e la scuola dove poi sarebbe cresciuta la campionessa mondiale di oggi. Passiamo alle pagelle, la palude dei sentimenti, la foresta del cazzeggio, la tribuna da dove chi le spara più grosse vince un premio.
10 Al GALBIATI bravissimo nel suo viaggio con Trento in una stagione faticosa, senza lamentarsi per la rosa ridotta, coraggioso sempre, fratello in armi che alla fine ha festeggiato tirando acqua addosso al suo genio della lampada Ellis impegnato nell’intervista dove la Cicchinè voleva obbligarlo a parlare italiano.
9 A ELLIS mvp della coppa Italia, a FORD che ha scelto la partita giusta per far capire dove stavano le debolezze di una Milano senza testa e senza cuore, Ringraziare Capo d’Orlando che per prima ha visto il talento del ragazzo nato a Sheffield, ma cresciuto alla nostra scuola anche se purtroppo gioca per la nazionale inglese.
8 Al RUZZIER che nella semifinale contro Trento ha fatto davvero miracoli per portare Trieste alla finale. Un mulo che ci ha messo tutto: cuore e talento. Peccato che certi giocatori italiani si scoprano quando le “grandi” li hanno già liquidati.
7 Ad ALLEGRI che da buon livornese si gode il basket anche in giornate dove il calcio potrebbe offrire partite interessanti. Gandini e la Lega basket lo ringraziano.
6 A FORRAY che può girare questo voto e farlo diventare un 9. Lui, come il presidente LONGHI, merita uno stendardo personalizzato nell’arena dove fino ai ieri vedevi soltanto i ricordi vittoriosi di una grande pallavolo.
5 Al calendario che dopo la sosta per la nazionale ci propone subito una sfida fra la VIRTUS avvelenata e l’ARMANI risuonata.
4 A TRAPANI per quel finale sciagurato che ha esaltato il trentaseienne BROOKS. Uno che forse avrebbe fatto comodo adesso alle quadre che lo hanno scaricato, più Venezia, forse, di Milano.
3 A REGGIO EMILIA che si è fermata sul più bello dopo aver reso difficile la vita a Trento. Un tormento che però non deve far processare nessuno, neppure i giocatori che hanno tradito.
2 A TORINO se dovesse sentirsi colpevole per i bagni nell’acido della solita Milano che arriva baldanzosa e poi si spegne, qualche volta lal primo bacio, poi nell’atto finale.
1 Al cocapitano dell’Armani, il guerriero SHIELDS, protagonista in tante vittorie, capobranco di una ciurma che ha fatto diventare MESSINA come un fantasma nell’opera incompiuta.
0 All’ARMANI, ai suoi registi, al suo non pivot, ai suoi tiratori disastrosi che non sono stati capaci di scalare il nido dell’aquila trentina. Colpa loro e questa volta nessuno potrà dire che gli arbitri erano dalla parte del MESSINA sfigurato.