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Il pranzo di Fukushima

Marco Guerrera 27/08/2013

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Fuori dal nucleare. Adesso. Subito. E per sempre“. Queste erano state le parole pronunciate soltanto pochi giorni fa dal sindaco di Hiroshima Kasumi Matsui nel corso della commemorazione del disastro nucleare giapponese del 1945 di Hiroshima e Nakasaki. Parole che sembrano, oggi, alla luce delle ultime novità, assolutamente lontane e fin troppo visionarie. Il Giappone, infatti, nel nucleare c’è e ne subisce ancora le conseguenze. L’Autorità Nucleare del Giappone ha considerato di livello 3 – guasto grave – lo sversamento nell’oceano di 300 tonnellate di acqua contaminata fuoriuscita dalla centrale di Fukushima. Anche la Tepco, la società che gestisce l’impianto nucleare interessato, ha ammesso la gravità dell’evento ritenendo la perdita di acqua radioattiva di “primaria importanza”. Per valutare l’entità degli incidenti legati a centrali nucleari, la IAEA ha creato una specifica scala composta da 8 livelli (da 0 a 7). Per fare un esempio, l’incidente di Fukushima del 2011 fu ritenuto di livello 7, vale a dire incidente molto grave che può essere causa di un rilascio importante di radionuclidi, il cui effetto si estende sia sulla salute che sul territorio. Nel caso della contaminazione dell’oceano rivelata dalle autorità giapponesi, il livello 3 (guasto grave) si configura in un grado di pericolo mediamente importante. Ciò che preoccupa, naturalmente, è la contaminazione della catena alimentare. Come già provato dalle analisi effettuate nel novembre 2011 da Jota Kanda e Takashi Ishimaru dell’Università Oceanografica di Tokyo, il livello di radioattività nei fondali e nelle acque intorno a Fukushima era già ben al di sopra del limite. Le acque, una volta divenute “radioattive, hanno diretti effetti sugli organismi che popolano i mari, vale a dire pesci, crostacei e altro ancora. Naturalmente quegli stessi organismi, se pescati, finiscono sulle nostre tavole con ovvie negative conseguenze sulla salute.

Qualsiasi impianto nucleare, anche se funzionante e quindi nei casi di normale routine, rigetta una quantità minima di radioattività sia nell’acqua che nell’aria. A livello internazionale sono stabilite delle soglie di radioattività che tuttavia non indicano l’assenza di pericolo, ma decretano un numero di vittime “considerato accettabile rispetto agli interessi economici”. Se dunque anche in casi che potremmo definire “normali” e quindi non “eccezionali” il pericolo per la salute dell’uomo, anche se basso, esiste, riusciamo a immaginare quale sia il rischio per gli esseri umani in disastri in stile Chernobyl o Fukushima? La risposta non è semplice, perché deve sempre essere corroborata da ricerche e dati su base scientifica, ma i danni e gli effetti collaterali dovuti all’ingerimento di cibo contaminato possono essere molto gravi: un eccessivo quantitativo di Iodio radioattivo, precisamente lo Iodio 131, può portare, nei casi estremi, al tumore della tiroide, la cui incidenza può essere ridotta e scongiurata attraverso la pronta assunzione di ioduro di potassio; la presenza di Cesio radioattivo (Cesio 137), a differenza dello Iodio, non si accumula in una zona precisa del corpo ma espone tutti gli organi e i tessuti al rischio contaminazione, il che può favorire, a distanza di mesi o anni, l’insorgenza di tumori maligni di qualsiasi tipologia.

Anche se il livello di guardia deve essere, in questo momento, più alto del solito, confidiamo nelle autorità giapponesi che già nel corso del primo disastro del 2011 misero al setaccio gli alimenti effettuando numerosi controlli che portarono al ritiro dal mercato di alimenti contaminati. L’augurio, viste le sofferenze patite dal popolo giapponese, è che il capitolo “nucleare” si possa finalmente concludere e che le speranze del sindaco di Hiroshima Kasumi Matsui non siano semplici visioni ma rappresentino concreti progetti per il futuro:  “Il nostro Paese ha il diritto di abbandonare immediatamente e per sempre questo settore e il dovere di dedicare ogni sforzo alla ricerca e allo sviluppo di energie alternative, pulite, efficaci e sicure“.

Marco Guerrerawww.rinnovabilinews.it

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