Freddezza per Federer

17 Dicembre 2012 di Stefano Olivari

La recensione della parte tennistica dell’ultimo libro di Rino Tommasi, a grandissima richiesta. La seconda metà di Maledette classifiche – Tra boxe e tennis, vita e imprese di 100 campioni è nettamente inferiore alla prima, per cura e qualità storica delle considerazioni. Non possiamo evitare di dirlo anche se Tommasi rimane nel nostro personalissimo Pantheon di giornalisti con qualcosa di interessante da dire. Iniziamo dalla cura, cioè dalle statistiche e dai riferimenti che sono sempre stati un vanto dell’ex campione di salto in alto del liceo scientifico Vittorio Veneto (noi ultimi nel peso, 35 anni dopo). Leggere che Guga Kuerten ha vinto i suoi secondo e terzo Roland Garros nel 2001 e 2002 (in realtà nel 2000 e nel 2001) o che Mats Wilander ha vinto tre volte gli Australian Open sull’erba (nella terza occasione, quella della storica finale con Cash, si giocava già sul cemento di Flinders Park) è tollerabile in un articolo, figlio spesso della fretta e delle scadenze, ma non in un libro. Rispetto alla parte pugilistica, dove l’autore mescolava valore sportivo e importanza storico-divistica, dando (secondo noi giustamente) eguale peso ai due parametri, in quella tennistica sfugge il criterio di selezione ed il fatto che gli albi d’oro del tennis siano credibili solo dall’inizio dell’era open, quindi dal 1968, non giustifica scelte come il terzo posto assoluto (dietro a Laver e Borg) di Jack Kramer, di fatto in pista solo per due stagioni o il peso diverso, numero 25 contro numero 50, a parità di albo d’oro (due Us Open), dato a Pancho Gonzalez, che il meglio l’ha dato nel semiclandestino cricuito pro degli anni Cinquanta e Sessanta, rispetto a Pat Rafter che i suoi tornei li ha vinti in un’era in cui c’erano tutti. Ma questi sono già giudizi, quindi per loro stessa natura opinabili. Quanto alla qualità storica delle considerazioni, è evidente il maggior calore nei confronti della boxe mentre per quanto riguarda il tennis si va molto sull’aneddoto personale quando non direttamente sulla simpatia (inspiegabile la freddezza nei confronti di Federer: il quarto posto ci può stare, la sufficienza no). La parte all time riguardante le donne, giustamente ridotta a 25 contro i 50 di quella maschile, è invece decisamente più ‘storica’ come contenuti, pur avendo il sapore del già letto e già sentito. Inevitabile, per noi cultori di Tommasi, visto che non è che si possa cambiare idea ogni giorno solo per sorprendere i lettori. Recensione globale? 8 alla parte pugilistica, 6 a quella tennistica comunque piena di spunti interessanti. Fra le righe si intuisce che Tommasi avrebbe in canna una grande libro sul giornalismo, come in parte era Da Kinshasa a Las Vegas via Wimbledon: non vediamo l’ora di leggerlo. E non solo per le critiche all’attuale e calciocentrica (ma senza Real Madrid e Barcellona) gestione di Sky Sport.

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