Foxcatcher, la vera lotta dei fratelli Schultz

25 Marzo 2015 di Stefano Olivari

La storia dei fratelli Schultz è una delle più drammatiche della storia dello sport, parlando di campioni olimpici (entrambi a Los Angeles 1984 nella lotta libera, Dave nella categoria con limite a 74 chili e Mark in quella a 82), inserirla in un film sembrava impossibile ma Bennett Miller (regista di Moneyball, fra le altre cose) ci è riuscito benissimo con il suo Foxcatcher, usando qualche piccolo trucco del mestiere e attori in grandissima forma: Channing Tatum nei panni di Mark, Mark Ruffalo in quelli di Dave e Steve Carell a interpretare John du Pont, il miliardario pazzo con la fissa di diventare un grande coach di lotta e che allo scopo aveva creato e finanziato Foxcatcher, club privato che aveva proprio i fratelli Schultz come punte di diamante.

Il film si ispira al libro Foxcatcher: The True Story of My Brother’s Murder, John du Pont’s Madness, and the Quest for Olympic Gold, scritto da Mark Schultz, ma ci fermeremmo all’ispirazione perché le licenze poetiche sono davvero tante: dalle condizioni finanziarie degli Schultz prima di conoscere du Pont (nel film sembrano pezzenti, nella realtà sono/erano della classe media ed entrambi laureati, oltre che stipendiati dalla federazione USA) fino allo stesso drammatico epilogo (rivelarlo non sarebbe spoiler ma storia, comunque ci tratteniamo) collocato quasi subito dopo l’addio di Mark al club quando invece avviene nel 1996, passando per lo stesso rapporto fra Du Pont e i due fratelli (in realtà molto più intenso con Dave, anche se aveva agganciato prima Mark), oltre che per palesi esagerazioni come i cinque chili e mezzo persi prima del peso in un’ora di cyclette e vomito.

Il film, presentato a Cannes e con varie nomination agli ultimi Oscar, è bellissimo e angosciante anche per chi conosce già la storia degli Schultz, perché più che sulla lotta (si vedono i Mondiali di Clermont Ferrand 1987, i Trials di Pensacola e i Giochi di Seul 1988, più poco altro) intesa come sport è incentrato sulla lotta all’interno della propria famiglia per ritagliarsi una specificità. Dinamiche di potere e controllo, di cui la lotta è una metafora. Mark si sente sempre il fratellino di Dave, nonostante sia di poco più giovane, quello che deve subire saggezza e consigli. Dave, con una sua famiglia già formata (la moglie è Sienna Miller) è combattuto fra il ruolo di allenatore-secondo padre e quello di collega lottatore, in ogni caso sente di essere un modello per Mark. Du Pont si sente incompreso dalla madre (una super Vanessa Redgrave), che pensa stia buttando via tempo in hobby futili, ma anche da un mondo che in quanto erede di una delle maggiori fortune statunitensi non può conoscere. Mark non sta cercando un secondo padre, ma Du Pont sta cercando un figlio o comunque ragazzi di cui considerarsi mentore: senza sconfinamenti nella pazzia o campioni olimpici, molti potranno riconoscere figure conosciute nella nostra vita reale. Su tutto una lotta di classe evidenziata da particolari e sublimata in rapporti forzatamente camerateschi, con un’angoscia e un senso di vuoto incombenti, che rendono universale questa incredibile storia americana e Foxcatcher uno dei migliori film sportivi, definizione per noi non riduttiva, di tutti i tempi.

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