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Fermate Premium

Oscar Eleni 28/05/2015

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Oscar Eleni con un cesto di pomodori verdi fritti alla fermata Premium del metrò viola di Milano. Minuto di silenzio per una sotterranea arrivata troppo tardi, il Milan sta pensando di costruirsi uno stadio nuovo al Portelllo, per un palazzo dello sport caduto sotto la neve e mai ricostruito anche se avevano promesso, dal CONI alla ditta che aveva preso il lavoro, di farlo subito. Adesso c’è un parcheggio. La grande città dell’EXPO manda in affitto i suoi campioni del basket ad Assago in quel palazzo malvolente che nessuno, purtroppo pensiamo sia stato impedito persino ad Armani, è mai riuscito a far diventare decente, salvo l’Eurolega per le finali dell’anno scorso. Sembrava davvero che quella zucca dei miasmi fosse diventata una reggia. Illusione di poche ore. Appena restituito a chi sarebbe diventato campione ecco il disaster e la cosa bella è che per mostrare buona volontà hanno allestito una tribuna stampa dove ti siedi solo se sei Tiramolla. La cosa peggiore è che per posteggiare al Forum, questo sì servito dal metrò, certo percorso sconsigliato ad anziani e bambini, devi sottostare a prezzi che superano il costo di un pollo arrosto con patatine in regalo al mercato di piazza Wagner. Tutti tacciono. Alla Lega non può interessare di meno. Avanti così.

Allora portiamo i nostri pomodori verdi fritti verso la clinica Columbus, zona della vecchia Fiera, perché è stata acquistata dalla famiglia Cremascoli, padrona del basket canturino, tempio costoso della salute dove il caposala Tritto, ai tempi in cui donavamo una parte di noi per vivere un po’ di più, era un allenatore di basket, lo faceva a Desio, e il chirurgo era quel Max Barbieri che Bucci e i suoi hanno fatto fuori, addolorandolo molto ed è brutto, dalla nazionale veterani, nessuno ha mai spiegato i veri motivi, un pasionario del basket che ora aiuta quelli di Milano Tre dove allena il giornalista Pugliese.

Siamo andati verso la Columbus per una visita al fegato visto che gli amici dell’atletica romani, conte Aquari in testa, hanno deciso, dopo tante promesse, di venire a Milano per l’EXPO. Quando? Il giorno della prima semifinale  fra Milano e Sassari. Voi direte: ma chi se ne frega? Giusto. Il problema è che ci ha fatto venire in mente i giorni del lavoro in Gazzetta, sei anni quasi tutti belli, quando il maresciallo Zanetti, un grandissimo direttore, ci diceva che il basket sarebbe stato il nostro inferno, per cui era meglio studiare un po’ di più e capire l’atletica. Non ci siamo pentiti della scelta, anche se poi la calamita basket ha continuato ad attirare, con vere discese all’inferno se intorno si vedevano situazioni tipo quella che ha fatto espellere Artest Panda nella quinta partita di Venezia. Insomma, si puniscono le reazioni. Ma le bottiglie in campo arrivano dagli spalti. Certo l’arbitro deve garantire quello che succede dentro, però dare falli tecnici per troppa esultanza “provocatoria” e non sospendere mai le partite per lanci di oggetti, per insulti, dare squalifiche più dure di quelle che si scontano pagando, potrebbe essere una strada senza uscita come disse ai tempi della moneta di Pesaro il Meneghin che non ne poteva più di sentirsi insultato, trattato male per uno sport amato anche se ben remunerato, ma non per farsi dire sempre di non avere madri e padri  conosciuti.

Certo siamo ancora alle atmosfere calde se un veterano come Recalcati che, finalmente, vincendo gara cinque contro Cantù, che per lui è stata madre benedetta, ha scavalcato Messina per numero di vittorie nei play off, ha detto a Dembinsky in Rai: ”Taliercio batte Pianella 2-0”. Comunque sia, aspettando le reazioni dell’ingegner Cremascoli, vicepresidente federale che osteggia il designatore scelto dalla Federazione, battaglia aperta fra il poliziotto Cerebuch e  Facchini con gli occhi di brace, dopo quello che  è accaduto a distanza fra il candidato sindaco Brugnaro, presidente della Reyer multicolore, la “famiglia canturina” con il giovane Della Fiori inviperito, e la terna arbitrale che certo qualcosa ha cambiato nel parapiglia dove sono entrati tutti. Da Stone a Mett,a da Johnson Odom ad Aradori. Speriamo non si arrivi ai divorzi dolorosi.

Intanto di doloroso c’è che se ne è andato Paolo Fiorito, l’equilibratore nella coppia storica arbitrale con il compianto Martolini esperto d’arte e di saper vivere. Era bravo, aveva stile, mai invadente, persino quando è entrato nella Casa della Gloria, sapete che in Italia esiste ma non c’è ancora un edificio che lo dimostri, quasi non ti accorgevi della sua presenza. Era un uomo ironico, sopportava quei gigantoni furenti senza farsi prendere dal panico. Meritava il minuto di silenzio perché in quei secondi ci è passata davanti una bella storia del basket italiano quando arbitri della stessa città, vedi Roma, Varese, Milano, per competenza e serietà, potevano arbitrare una finale scudetto, uno spareggio, senza dietrologie. Ancora adesso ti guardano storto anche se hai bevuto un  caffè con l’avversario del campo. Storia di ieri, di oggi, per fortuna non sempre dell’altroieri. Grazie ai Paolo Fiorito.

Fine corsa per Brindisi che con Simmons, siamo sicuri, sarebbe stata nella corsa per il podio, e per Cantù che soltanto alla fine ha dato a Sacripanti il coraggio di fare le scelte che sentiva più sue e quando ha recuperato davvero Abass stava per sgambettare il suo vecchio idolo Recalcati. Bravo il presidente di Brindisi a dire subito che la società vorrebbe continuare con Piero Bucchi.

Non sappiamo cosa succederà a Cantù. Hanno fatto una bella rimonta, in ogni senso. Con l’arrivo di Artest Panda Metta sono stati capaci di rimettersi al centro del sistema, spingendo persino il comune dei sordi e dei muti a riprendere in considerazione l’idea un palazzo da 5.500 posti, fate 7.000 accidenti, anche  se non basterebbe per l’Eurolega. Certo la squadra all’inizio era sbagliata, ci sono state correnti gelide anche contro Sacripanti, non è detto che certe crepe siano state stuccate bene, comunque sia la stagione è stata salvata in parte. Se tutti, in società, hanno capito, allora la ripartenza non sarà difficile, pur con bilanci ridotti, anche senza Artest che comunque vuole stare in Europa, magari proprio in Italia per sfidare i più forti come ha detto all’arrivo stregando tutti, meno gli arbitri che si sentivano bravi se gli fischiavano passi, se potevano dargli un tecnico per faccia non regolamentare, figurarsi spedirlo in spogliatoio.

Cara gente, andiamo verso settimane in cui al basket verrà concessa la diretta televisiva su canali Rai tutte le sere. Otto partite di semifinale come minimo, quattordici se si arrivasse a due improbabili belle per avere  le finaliste scudetto. Milano sicura se non penserà di essere davvero al sicuro se il battaglione Sassari giocherà con animo leggero, Recalcati più astuto del Menetti che c’era, a Reggio, con Lombardi nelle semifinali storiche del 1998, ma la Grissin Bon sembra avere  qualcosa in più della Reyer se non guariranno davvero Aradori e quel fenomeno di Ress che ha sempre giocato, anche a Siena, pur zoppicando. Si chiamano maroni. Ecco, in queste semifinali segnerà il territorio non chi piscia più lontano, ma chi non farà entrare nel giradino di casa, cioè sotto canestro, i randagi delle semifinali.

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Per fortuna dopo aver sentito certe reazioni becere sugli spostamenti d’orario per favorire bagnanti, commercianti, naviganti, badanti, la sera del 6 giugno, un sabato, quando a Berlino si giocherà la finale della Champions di calcio, fra Barcellona e Juventus, è stato già deciso, in Rai ovviamente (alla Lega la cosa non interessa, così come non interessa se, ad esempio, la prima di Venezia si giocherà alle 21), che l’eventuale gara 5  fra Milano e Sassari al Forum sarà giocata alle 18 del sabato dedicato a San Norberto.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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