Famiglia De Girolamo

10 Gennaio 2014 di Stefano Olivari

Il caso della ministra Nunzia De Girolamo spiega meglio di mille analisi il concetto di larghe intese. Una intera classe di persone legate alla politica (politici in senso stretto di diverso orientamento, funzionari pubblici, giornalisti, dirigenti di aziende in perdita, maneggioni vari e ovviamente le rispettive famiglie) che preserva sé stessa non difendendo l’indifendibile, cioè un ministro che si comporta come un boss di paese ed è convinto anche di essere nel giusto, ma silenziando il tutto. Le prime pagine di Corriere della Sera, Repubblica e Stampa sono prive di un qualsiasi riferimento alla vicenda (questa la ricostruzione del Fatto Quotidiano), chissà se i loro giornalisti si indignano anche per questo oltre che per cambi di sede e minori benefit aziendali. E i sempre meno numerosi lettori devono impegnarsi per trovare nelle pagine interne notizie sul caso, con evidenza maggiore data alla reazione della De Girolamo (ex PDL, adesso NCD-alfaniana) che a questa storia di provincia. Non in senso geografico, ma etico.

Una storia in cui ben si capisce come gli interessi della propria famiglia vengano ritenuti sacri, a prescindere. Nel dubbio, i telegiornali hanno ignorato quasi in blocco una storia che non avrà valenza penale ma che ha molti aspetti in comune con quella della Cancellieri (purtroppo Pina, non Rosanna). E anche la maggioranza dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle, in gran parte gente fino a un anno fa senza arte né parte, sembra ormai adattata al tran tran dell’autoconservazione. I meno peggio hanno chiesto al presidente della Camera Boldrini un’informativa (cioè in pratica niente) sull’operato del ministro dell’Agricoltura, ma la richiesta non ha avuto seguito (Boldrini avrà intravisto del sessismo?).

Facile il confronto con le dimissioni di Josefa Idem per un errore del commercialista, sia pure furbescamente cavalcato dalla ex tedesca (è il caso di dirlo), una Idem (PD) che comunque continua ad occupare una poltrona da senatore incassando 20mila euro al mese (poco più di 10mila l’indennità in senso stretto) senza avere l’assillo dei risultati, come era nella sua carriera precedente. E quindi? Via la De Girolamo, via la mentalità familistico-mafiosa che accettiamo anche con la semplice non opposizione. Sono solo speranze: probabilmente non servirebbe neppure, in senso marinettiano, una guerra. Ma lo zio della De Girolamo adesso si accontenterà del bar?

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