Le palle al meglio delle sette partite

30 Maggio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla foresta sull’acqua nel porto di New York scappando, come il pianista di Tornatore, da questo piccolo basket dove sono molto più precisi i tiratori dagli spalti, con loro odiose palle di carta, di molti giocatori sul campo. Che palle con questa pioggia cartacea, questi poliziotti a difendere le panchine, con la gente denudata in palazzi senza aria condizionata. Soltanto le rane dalla bocca larga che pensano in grande, sapendo di avere cervelli piccoli piccoli, insistono ad imitare senza avere i mezzi. Sacrosanta la denuncia del lucidissimo Walter Fuochi, uno che resiste, resiste, ma ne ha le palle piene da tempo, dovendo difendere il basket notturno dalle bestemmie di redazioni sfinite più della Reyer appena eliminata. Sulla Repubblica la verità: play off al meglio delle sette partite, come nella NBA, come non osa la Spagna, nessun altro in Europa, sono un insulto al buon senso. Alla povertà di palazzetti spelonca dove ci si appiccica, a squadre che, a parte Milano, non hanno proprio i mezzi per allungare le panchine. Ma i signorotti del nuovo secolo se ne sbattono. Tanto loro stanno nel tunnel e chi li foraggia sente dire cose che nessun umano avrebbe immaginato: fra l’incredibile, lo straordinario, la domanda fissa del retore alla fetunta su come sia stato possibile fare persino canestro in un gioco che lo prevede, si portano a casa ascolti ridicoli spacciati per successi straordinari, pagati una miseria.

A proposito. Terremoto in casa Mediaset. Hanno mandato in prepensionamento chi ha proposto la diretta su Canale 5 della finale calcistica di Champions alla stessa ora di Avellino-Reggio Emilia su reti unificate RAI-SKY. Non parliamo del terremoto provocato nella stessa RAI domenica sera quando il canale sportivo, sempre unificato a SKY, ha proposto, alla stessa ora, Venezia-Milano e l’amichevole di Malta fra Italia pallonara e Scozia. Questa è la maniera giusta per farsi notare. Sfide, accidenti. Pazienza se poi le perdi tutte. Certo avrà un bel da fare il prescelto dei legaioli erranti. Chi la scuote gente con il cervello all’ammasso? Accidenti, abbiamo abituato il pubblico alle 20.45: non si cambia al sabato e domenica, figurarsi nei feriali. Se ci amate guardateci. Bravi, sette più. Adesso poi il campo dovrebbe essere più libero per la finale. Sì certo: eurocalcio, coppa America, machissenefrega.

Credono di essere al centro del mondo gli stessi che devono registrare duemila spettatori in più, rispetto alla sesta partita decisiva del Taliercio, nella prima di semifinale fra Treviso e Fortitudo al Palaverde. Qui SKY, affittata dalla LNP, una lega dove sembra che ci siano persone pensanti, appassionate e, forse, anche competenti, ha regalato uno dei suoi canali per la partita alle 18 che non si scontrava con alcun altro avvenimento, anche se c’erano gli spareggi del pallone cadetto. Cambiare in corsa, capire durante il gioco. Il sogno di ogni allenatore che abbia l’attenzione dei propri giocatori, anche se le comari del regno, i padroni dei clan sono sempre vigili dietro le spalle e dicono ai loro “cari ragazzi” a me gli occhi, non date retta a quello lì, tanto, se non ubbidisce, lo si caccia.

Dunque abbiamo la prima finalista: Emporio Armani. Chi è sorpreso esca dalla sala della neuro perché rischierebbe la camicia di forza. Ecco. La forza. Milano ne ha da vendere, da affittare. Non gioca tanto bene, ma le basta la ferocia di chi crede nella legge di Repesa: se non garantisci protezione vieni a sederti. Certo ci sono le solite eccezioni. Lui sa bene chi sono quelli pronti a sclerare anche se, magari, difendendo sul lato debole, guardano la palla e si perdono l’uomo. Ci sono quelli nati per godere del famoso privilegio delle bettole livornesi: se fai canestro, dicevano al giovane Dado Lombardi bomber emerito che da allenatore divenne feroce saladino per difese misto griglia, il resto non conta.

Vedremo quando gli esami saranno veri, diciamo con Azzurra tenebra e tenera, se ci saranno ancora ringhiere di protezione, perché con Petrucci e Messina è difficile che i clan abbiano tutto lo spazio concesso da società dove ne sanno una più del custode al vecchio Palalido, il grande orbo Zagaria che, però, vedeva più lontano di molti frequentatori di quel vecchio giardino d’amianto che resta nei misteri della città con ambizioni olimpiche avendo impianti sportivi da isole per badanti e natanti milionari.

Per Venezia un congedo dignitoso, lasciata all’isola dei matti e dell’arte dai più spremuti, perché anche la Milano peccatrice sapeva cercare il ventre molle dell’avversaria capace di metterle paura in gara uno nell’esilio di Desio dove i labirinti di uscita sono molto simili a quelli che condizionano mentalmente le tre anime della squadra favorita, anime separate da chi fa una gran fatica ad avvisare i naviganti che se la barca affonda tutti vanno sotto, mentre se si rema insieme, magari si trova terra prima di chi ha perso le pinne e gli occhiali. Venezia e la metamorfosi fra il realismo di Recalcati, che conosceva molti dei suoi polli, ma forse per questo ne accettava la decadenza senza provare ad intervenire con punture di farfallone, e il buon senso del Walter De Raffaele che da fido scudiero è diventato come il figlio di quel crociato che, morto il padre, si comportò da vero cavaliere in mezzo a zozzoni.

Diciamo che ridare gambe a chi camminava troppo spesso è già stato importante. Play ff. Un bellissimo risultato contro la rivelazione Cremona e poi questa resa in semifinale con i prescelti. Otto a De Raffaele e ai suoi assistenti, insomma alla squadra tecnica. Otto anche ai progressi di Tonut che ha forse meno velluto del padre Alberto, ma di certo più sostanza. Messina guardalo bene, cercando di farlo crescere ancora. Certo il suo ruolo è coperto, ma intanto sarebbe meglio verificare certe cose.

Con Owens sarebbe andata meglio? Forse non ci sarebbero stati i bagni a rimbalzo nelle partite della rimonta Armani, ma questo Krubally che in Italia avevamo visto soltanto a Legnano è da coltivare. Certo Peric avrebbe garantito qualcosa di più in attacco, ma forse non sarebbe sbocciato il fiore Tonut e prendersela con Recalcati che lo centellinava, parlando bene solo dell’allenatore che ora lo utilizza, è la solita malattia italiana di chi vuol fare il lavoro degli altri. Bravo Green: da solo, senza la voracità di Phil Goss, fino a quando lo hanno centrifugato nelle difese di Repesa e ha perso la bussola, oltre al tiro. Contrariamente ai menestrelli che immergono tutto nel bagno schiuma degli aggettivi non abbiamo mai creduto in San Pargo, anche se qualcuno al Taliercio esponeva cartelli con i suoi comandamenti. Non ci convinceva anche quando viaggiava fra NBA e grande Europa. Su Bramos si può dire che ha lavorato seriamente per tornare ad essere un vero giocatore. Alti e bassi, ma sempre con grande dedizione.

Dove è andata davvero in crisi Venezia? Be’,  quando le serviva energia dalla panchina. Ha sbagliato De Raffaele a congelare del tutto Ruzzier, però lo capiamo perché certi giocatori in evoluzione hanno sempre la faccia di chi non è capito dagli altri. Non poteva fare niente, invece, per ridare antiche energie al Viggiano spentissimo di primavera e al Tomas Ress che proprio non ce la faceva più a correre, anche se il suo canto finale è stato da vero cigno. Altro grosso problema Beniamino Ortner: una volta sapeva essere incudine su cui battevano feroci martelli, adesso è soltanto un viandante che si fa troppe domande e, pensando, smette di essere a servizio di chi ha bisogno della sua forza da soldato di Radetzky. Voto alla stagione Reyer? Sette e mezzo perché siamo contro le società che cambiano allenatori.

Chiusura sulla richiesta di Bob Morse per avere lettere di presentazione alla FIBA facendosi così eleggere nella casa della gloria. Non ne avrebbe bisogno. Alla FIBA dovrebbero conoscere la sua grande storia di giocatore e di insegnante. Comunque siamo tutti con lui e anche in Italia la Casa della gloria dovrebbe aprire una sezione per gli stranieri che hanno dato tanto al movimento: da Van Zandt a McGregor, da Nikolic ai grandi sul campo.

Altra parentesi sulla proposta di Massimo Blasetti, eh sì la Federbasket ha avuto anche un segretario che amava questo sport, che sapeva fare bene il suo lavoro, che, attraversando il mondo magico degli esploratori alla ricerca di reperti storici, da Cecere a Udine, Storelli in Lucca e Cobianchi a Brindisi, si è immaginato un museo del basket italiano itinerante. Certo servirebbe una sponsorizzazione, magari la Lega: per far pace con la Federazione potrebbe anche pensarci, come direbbero i candidati che arrivano da Ferrari o Benetton.

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