Dove si dovrebbe sputare

18 Maggio 2007 di Roberto Gotta

1. Siamo un po’ scettici sul fatto che il football americano, come sport da seguire in versione spettatori, interessi ad un numero di italiani drasticamente inferiore a quello di chi segue la vela (diverso il discorso sulla pratica velistica, ovviamente). Eppure a guardarsi intorno, nel martellamento cui veniamo sottoposti dalla macchina pubblicitaria di quella manifestazione velica che si svolge a Valencia, sembrerebbe il contrario, sembra che mezza Italia sia lì ad attendere il vincitore della gara (è una o più di una? Non ne abbiamo la minima idea) o a commentare i gesti dei componenti delle barche. Il motivo è evidente: pubblicità, pagine e pagine di inserti e speciali pagate dalle ditte del lusso e ispirate dagli amici degli amici, gente che è meglio tenersi buona. Il tutto a nostro avviso è molto imbarazzante, altro esempio di come la realtà immaginata da molti mezzi di comunicazione sia diversa da quella della maggioranza della gente, ma del resto è sempre più evidente che molti media non hanno alcun interesse a servire il pubblico ma piuttosto le grandi aziende che spendono enormi somme in pubblicità (parlando italiano… big spender, giusto?). Non conosciamo una sola persona o un solo giornalista che sia interessato alla vela come sport da seguire – ripetiamo: altra cosa è farsi un giro in barca, che è molto bello (tiriamo a indovinare…), e altra cosa è il dovuto rispetto a chi sulle barche delle regate fatica come un matto – ma forse sarà colpa nostra, siamo poveri, anche e soprattutto di spirito, e lontani dai giri giusti. E’ vero, anche il football non interessa a molti. Ma almeno non lo imponiamo a nessuno fingendo che interessi.
2. A proposito: esilarante, anche se in realtà delittuoso, quanto apparso su alcuni quotidiani, oltre che ascoltato in radio e visto in Tv, a proposito dell’ufficializzazione delle nuove regole NFL per la stagione che partirà la prima settimana di settembre. Si è letto infatti che d’ora in poi sputare sarà penalizzato di cinque yards. Certo, come no: in uno sport faticoso, duro, in climi a volte rigidi, con produzione di saliva ovviamente notevole, viene impedito di sputare… In realtà, si tratta di un colossale, ma non sorprendente, errore di chi ha riportato la notizia (si tratta dall’agenzia di stampa che l’ha poi distribuita alle varie testate): il testo originale non parla di ‘spitting’ ma spiking (ed aggiunge “the ball”), ovvero il classico gesto di esultanza di molti che consiste nello scaraventare con violenza la palla per terra dopo una buona azione o dopo un touchdown. D’ora in poi sarà ammesso solo nel secondo caso: negli altri casi, sì, 5 yards di penalità. Domanda: dopo l’orrendo errore, avete letto qualche rettifica?
3. E complimenti – oggi butta così, non benissimo – anche a quella radio a diffusione nazionale che nella premessa della (falsa) notizia di cui sopra ha detto che la modifica veniva apportata “in uno sport tradizionalmente violento come il football”. Certo: pur sapendo bene che ci sono alcuni elementi che vanno in campo anche per fare male all’avversario, la differenza tra violento e duro, nell’anno 2007, non è ancora pervenuta. E non perverrà mai: perché non è questione di conoscenza ma di intelligenza, e quella, in chi scrive o dice certe cose, è in diminuzione d‘utilizzo continua.
4. Sempre sul tema normativo, si tratta di una nota marginale, ma la NCAA ha deciso di tornare indietro al 2005 e ripristinare due regole che in quell’anno erano state eliminate: ovvero, dal 2007 (autunno, ovviamente) il cronometro si fermerà in occasione dei cambi di possesso, quando cioè una squadra esaurisce un quarto tentativo con un punt o giocandosela, e in occasione dei calci d’inizio, i kickoff, partirà solo quando il ricevitore del calcio toccherà la palla, non al momento del calcio. Originariamente, i cambiamenti erano stati fatti per accorciare la durata delle partite, ma ci sono state molte lamentele da parte dei coach, che tramite la loro associazione, l’AFCA (American Football Coaches Association), hanno fatto sapere che in media con le nuove norme si giocavano 14 azioni in meno ad ogni partita, e circa 14 minuti, il che peraltro voleva dire che l’intento iniziale era stato ottenuto. Una curiosità: il direttore esecutivo dell’AFCA è Grant Teaff, un nome che non può non ricordare uno degli episodi più bizzarri nella storia recente del football. Teaff allenava Baylor, ed un giorno, prima del ’derby’ con Texas del novembre 1978, con la sua squadra a 2-8, fece un discorso particolare alla sua squadra, raccontando di come gli eschimesi quando vanno a pesca tengano un verme in bocca, per farlo restare al caldo prima di attaccarlo all’amo. Mentre i giocatori si chiedevano dove Teaff volesse andare a parare, il coach estrasse da una scatolina proprio un verme, e se lo mise in bocca. Baylor batté Texas 38-13, ma sarà stato un caso.
5. I giocatori NFL sotto contratto con una squadra ma abilitati solo ad allenarsi, pronti ad entrare nel roster in caso di infortuni, vengono chiamati practice squad o magari una volta, taxi squad, la squadra (rosa, più propriamente) del taxi. Come mai? Il nome risale ad Mickey (detto Art) McBride, primo proprietario dei Cleveland Browns, 1946-53. McBride possedeva l’unica compagnia di taxi di Cleveland, e quando le norme NFL imposero un numero di atleti a roster inferiore a quelli che aveva sotto contratto decise di utilizzare quelli in sovrannumero come taxisti. Da qui il nome. Si tratta, chiaramente, di una di quelle informazioni senza le quali uno non può vivere.
6. Ancora in fase di assestamento il massimo campionato italiano, la Superbowl League A1. Nello scorso weekend tutte e tre le partite hanno visto scarti netti: Hi-Tech Media Warriors Bologna-Rhinos Milano 50-15, Briganti Napoli-Giants Bolzano 12-45, Marines Lazio-Dolphins Ancona 41-27. Nel prossimo turno, quarta giornata, si fermano per turno i Warriors e i Briganti e rientrano in gioco i Lions Bergamo e i Panthers Parma. Le partite: Panthers-Giants Bolzano, Dolphins-Lions, Rhinos-Marines. Maggiori dettagli, come sempre, su www.nfli.it, www.huddle.org, www.fiaf.net.
7. In arrivo il draft (28-29 aprile). Inutile propinarvi elenchi del telefono di giocatori da osservare: vi dimentichereste (come noi) i nomi dopo due minuti, e di un copia-incolla del genere non rimarrebbe nulla di concreto. Segnaliamo solo il caso di Joe Thomas, offensive tackle di Wisconsin, considerato il migliore uomo di linea d’attacco del draft. Ci siamo procurati un libro pre-draft, e comparando le valutazioni di quel tomo con altre meno approfondite siamo arrivati alla conclusione che Thomas è atletico ma non atletico, decisivo ma non decisivo, si piega bene sulle gambe per mantenere il matrimonio più efficace tra equilibrio e potenza ma non si piega bene sulle gambe e spreca un po’ della sua potenza. Che dire? Che come sempre i giudizi pre-draft sono figli della democrazia più sfrenata: ognuno è libero di dire o scrivere quel che gli pare, per occupare il tempo proprio e altrui fino al draft, poi comunque il giorno dopo si ricomincia dall’analisi delle scelte fatte e si insabbia quel che di errato si può avere detto. Asciugando però i giudizi e scendendo nel dettaglio, il ruolo di Thomas è cruciale perché si tratta di un tackle sinistro. Dato che la maggioranza dei quarterback usa il braccio destro per lanciare, il lato sinistro viene comunemente detto ‘cieco’, ovvero quello che la visuale periferica del Qb ha maggiori difficoltà a controllare. Dunque, l’arrivo di un difensore da quel lato è ancora più pericoloso perché in teoria il Qb ha meno possibilità di vederlo, e dunque la parte sinistra della linea difensiva, e soprattutto il tackle, è fondamentale per evitare danni, anche perché come ovvio un Qb che vede arrivare un difensore e sa di non potergli sfuggire cerca di tenere stretta la palla, ma se non si accorge di nulla e viene colpito con palla esposta rischia di perderla, con quel che ne consegue. Thomas ci è simpatico

per il solo fatto di venire da Wisconsin, un grande college situato in una piacevolissima città (facesse meno freddo…), ma tornando seri la descrizione che più pare coerente con quel che ha fatto è quella che lo vuole buonissimo atleta (giocava tight end, ha fatto lancio del peso, ha corso le 40 yards di test in 4.94), piuttosto agile di gambe e dunque in grado di tenere a bada i difensori mentre usa le mani, con il difetto – citiamo testuale – di giocare come se avesse le braccia più corte di quelle che ha, ovvero di non riuscire a tenere sufficientemente a lontano i difensori: che nella NFL le mani le usano ben più di quanto non consenta il regolamento, e dunque per togliersele di torno – e non offrire al difensore un punto di appoggio sul petto – è necessario avere sì le braccia lunghe ma soprattutto sfruttarle in tutta la loro estensione prima che arrivino quelle dell’avversario, che in teoria, nella protezione del Qb su un lancio, deve essere tenuto sempre all’interno della ‘proiezione’ del proprio corpo. Thomas nel 2005 si era rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio mentre era impegnato come uomo di linea difensiva (defensive end a fine stagione da matricola) nel Capital One Bowl, ed anche per questo si era astenuto dal passare anticipatamente al draft, ma da senior ha dato sostanza alla propria candidatura come uomo di linea più rilevante del draft 2007. Secondo quanto ha raccontato una rivista specializzata, sembra sicuro di sé: quando alla Combine (la rassegna pre-draft) gli hanno chiesto di fare un paragone tra sé e Robert Gallery, l’offensive tackle ex Iowa finito ai Raiders nel draft 2004 ma grande delusione, ha risposto premettendo che forse Gallery ha risentito del fatto di aver avuto tre diversi coach della linea offensiva in tre anni, ma ha anche aggiunto «credo anche di avere una buonissima tecnica di base e molta voglia di lavorare». Come dire che quell’altro non l’aveva.

Roberto Gotta
chacmool@iol.it

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