Atletica
Dopo gli italiani
Oscar Eleni 04/10/2019
Oscar Eleni dai labirinti verdi di Poconos, in Pennsylvania, pensando alla festa delle streghe dove crede, teme, di essere invitato speciale. Il genio pontificatori, che utilizza la voce come arma per intontire la gente, ci lascia fuori dal reticolato dove l’illusione di aver ritrovato un’atletica italiana di alto livello sta svanendo nel caldo del Qatar che ridurrà la squadra olimpica rispetto ai 65 portati nel laboratorio più caldo.
Purtroppo ai Mondiali, soprattutto quelli soffocanti di Doha, dove tutto fa spettacolo e la mistica della vera atletica presa a calci, hanno chiuso l’aeroporto quando sono stati informati che stava arrivando un tale, verde, giallo, scuro, boh, con il cartello per la campagne elettorali: prima gli italiani. Non al Mondiale hanno detto Coe e gli emiri. Giusto così.
Peggio per chi aveva creduto agli imbonitori. Comunque sia, non esiste sport più universale e dove è difficile più raccontare balle tipo arbitro prevenuto, sfortuna, pali e roba varia. L’Italia di Doha è quella che vediamo ogni giorno in doppia fila, brava a lanciare, ma non attrezzi sportivi, bensì spazzatura, veloce nella corsa per timbrare e andare al bar, abile nel gioco di mano, ma non sul campo di gara.
Con questo peso sullo stomaco, affondando nei pronostici e nelle previsioni abbiamo ascoltato il consiglio dei saggi prendendo soltanto l’ultima pagina di quella che un tempo era la Bibbia dello sport, dove i risultati dei Mondiali non si fermavano al terzo classificato, dove l’aria melensa veniva condannata, come la cattiva prestazione.
A sorpresa ci siamo trovati davanti alla cucina geniale di Leonardo da Vinci, uno che era giustamente convinto che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni. Cercando una ricetta del suo ristorante fiorentino aperto con il grande Botticelli alle Tre Ranocchie, dopo essere stato giovane cameriere alle Tre Lumache, ci siamo fermati alla torta d’api e alla zuppa di agrumi inventata per gli Sforza nel castello reinventato dopo aver domato i Navigli.
Ci serviva per capire chi sta sghignazzando mentre la Milano del basket viene mandata dagli eventi, l’acqua nel palazzo di Trieste intitolato a Cesare Rubini, al Palalido rinnovato in tempo record: 10 anni (!), ma per fortuna è bello. La ciurma di capitan Messina affronterà nella nuova astronave, domenica, la Trieste che non trova fortuna: l’anno scorso il padrone arrestato, adesso questo guaio. Succede nell’incuria, ma in Lega ci pensano ai nuovi impianti, peccato non li ascolti nessuno. Sui giornali contano virgola, quindi il loro urletto di dolore è come quello di si scopre incinto senza volerlo
Impianto moderno, ma non certo adatto al colosso da 25 milioni di euro, stando stretti, costruito nel nome di Armani da Messina e Stavropoulos. Chiamiamola punizione dopo la settimana al nero di seppia. Vero che chi ride bene ride per ultimo, ma al momento siamo davvero perplessi. Sugli uomini scelti, per come giocano, non soltanto in attacco. Stupiti.
Conoscendo Ettorre eravamo sicuri che la rinascita vera di società e squadra sarebbe iniziata dopo dieci anni di edonismo bauscia. Al momento si guarda allarmati una squadra che fatica a fare 70 punti e che in difesa, la sua arma dichiarata per il rinnovo, non è poi così granitica. Vero che mancano giocatori importanti, ma, come dice Messina, ricordando i piagnistei del suo predecessore, uno che trasformava i pani e i pesci su tavole dove c’erano caviale e champagne, cercare sempre scuse è sbagliato. Si regalano alibi anche a quelli che hanno giocato partitacce come contro Brescia e nel Oktoberfest di Monaco. Certo merito e colpa di avversarie più brave, ma accidenti.
Presto per i processi, ma non troppo presto per allarmarsi perché dei giocatori ingaggiati alla fine è venuto fuori che il migliore è Luis Scola, 39 anni, arrivato a Milano 3 giorni fa dopo aver pensato ad altro, non al ritiro perché le Olimpiadi le farà a 40 anni. Beato lui. L’Italia non sa davvero se troverà un posto. Certo non glielo daranno gli italiani dell’Armani che al momento sono quasi imbarazzanti: comparse che al massimo possono dire ‘Il pranzo è servito’. Anche gli stranieri scelti lasciano perplessi: quando scoppia Rodriguez il canestro avversario sembra avere un coperchio. Diamo tempo al migliore dei nostri allenatori, ma certo fa un gran freddo a Milano dove aspettavano qualcosa di meglio delle 10 vittorie in precampionato e la rimonta a Treviso dopo un inizio da orchestra stonata.