Domani Nico Mannion

11 Novembre 2019 di Oscar Eleni

Oscar Eleni annidato fra le falesie sarde di Porto Conte per avvistare l’avvoltoio degli Egizi, fotografarlo e, magari, portarlo a Paolo Conti, classe 1938, pittore e scultore, ex cestista di qualità per Virtus Bologna e Varese, per vedere se può ricavarne una bella opera come quella che nel 2009 celebrò la caduta del muro di Berlino.

Certo dalla Sardegna dovremmo portare anche l’acqua benedetta che illumina il Cagliari calcio e molto spesso la Dinamo sassarese del mago di Oz, il Poz che, siamo sicuri, insieme a De Raffaele ci dirà che abbiamo preso un abbaglio se ci siamo fermati alla battaglia fisica del Taliercio, gulag per ogni tifoso ospite (ospite?) quella finita 55-54 (!) sulla sirena con canestro di Watt il bel tenebroso.

Pensando che sono state le finaliste per l’ultimo scudetto ci è venuto il dubbio che qualcosa sia cambiato in peggio, anche se non capita sempre che bella gioia Austin Daye faccia 1 su 19, tanti errori da mano frolla e non sempre per merito della difesa.

In Sardegna non hanno soltanto il Billionaire, ci sono storie sportive meravigliose come  raccontano gli Spinetti, come potrebbe testimoniare Gigi Riva arrivato a 75 anni, felice di non aver mai ascoltato le sirene del Continente, campione con il Cagliari di Manlio Scopigno che non assomiglia a questo Maran geniale, ma sarebbe il primo ad applaudire progetto e sviluppo dell’impresa.

A quei tempi la Gazza, diretta dall’ammiraglio Zanetti, mandò Franco Mentana, il padre di Enrico, per accompagnare  l’impresa patrocinata da un giornale dove lo sport era storia, cultura, amore, nella terra dove il geniale Arrica aveva inventato un mondo. Frame, come lo chiamava Mosca, ad ogni ritorno ci incantava.

Certo che rimpiangiamo il passato e non soltanto per le anche sbilenche di oggi, tempi dove i pomodori non li avrebbero tirati a Valcareggi ma a quel sindaco che ci ha fatto sapere che i viaggi verso la nefandezza nazista sono di parte. Nessuno si sarebbe sognato di dare un appoggio ai mostriciattoli di oggi, quelli che hanno spaventato le “autorità”, non certo Liliana Segre, senatrice nella laguna solitaria della falsa solidarietà di colleghi che spesso fanno selfie con la banda del “chi urla di più la vacca è sua” come si capisce dal canaio televisivo dei maialari di moda.

Di sicuro ci sarebbero state indagini diverse e commenti più appropriati quando hanno sbattuto sui titoloni la paratleta Martina Caironi  scoperta dai segugi dell’antidoping per aver usato una pomata proibita, anche se consigliata dal medico. Ulcere, protesi. Vuoi mettere l’eco del peccato dove al massimo c’è stata disattenzione, leggerezza. Cose che meriterebbe di avere sempre chi ha già incontrato il male nella vita, per chi combatte ogni giorno con antidolorifici.

Cosa ci facevano quelli dell’antidoping in questa caccia nella foresta del dolore? Difensori di quale purezza, di quale giustizia, in  un mondo dove sanno bene cosa è l’ingiustizia? Nel regno paraolimpico si offre a gente senza fortuna l’occasione di tornare a credere in se stessa, con scarsissimo fine di lucro, ma all’antidoping, che costa molto più, sono cacciatori, annusatori e sanno che i giovani cronisti d’assalto aspettano questi ossi da rosicchiare. Squalificare chi ha cercato un sollievo, magari una spinta in più per dimenticare arti perduti, vista svanita, ci sembra sadismo da inquisizione.

Nei giorni del dolore per aver dovuto accompagnare Mario Cotelli oltre la siepe terrena, felici di averlo incontrato nel nostro viaggio professionale, prima in Gazzetta quando lavorava con Vuarnet, poi nell’avventura montanelliana. Era geniale, sanguigno, creativo, preparato. Sapeva sussurrare a campioni che avevano visioni del mondo differenti come quasi tutti nella Valanga dello sci, come sicuramente avevano Thoeni e Gros. Ci mancheranno i suoi pezzi arguti, la voglia di brindare dopo una bella litigata. 

Se gli capita ci saluti il Primo Nebiolo che, come dice Barra, meriterebbe di essere ricordato meglio anche dagli stessi che erano smaniosi di rimandare tutti in pizzeria perché tanto loro avrebbero continuato a pasteggiare alla carta spingendo più in là chi lavorava in giornali poveri, chi era già vittima del qualunquismo di oggi, quello dove fa notizia la nudità di anime vaganti nello sport dove si dovrebbe ancora credere che cultura, lavoro e competenza fanno storia e classifica.

Abbiamo letto con piacere che nel paese a scartamento ridotto, le città della cultura, Macerata, dell’arte, Perugia, con stazioni da Monopoli, che Massimo Sartori, lo scopritore di Seppi, l’uomo che ha portato all’accademia Piatti la meraviglia Jannik Sinner, non crede ai miracoli, soltanto al lavoro serio, sapendo di avere una famiglia solida alle spalle. Famiglia in senso largo.

Magari in giro ci fossero più allenatori come lui, capaci di capire e condividere anche i pensieri di un ex calciatore come il milanese  Brocchi, oggi allenatore del Monza della coppia Berlu-Galliani avviato alla promozione, che un tempo gli disse la verità negata dai molti che fingono di amare lavoro ed insegnamento, gente nata per allenare le squadre di tollini, pavoni che non lasciano niente dove lavorano: allenare le cose che il talento sa già fare è facilissimo, la vera fatica è migliorarlo dove sembra deficitario.

Non tireremo in ballo la resurrezione del Della Valle che continua ad essere vento e tempesta, ma per gli umili e i pazienti ci sono tanti casi da studiare. Ne abbiamo avuto prova non soltanto guardando la Milano ricreata da Messina ad immagine e somiglianza di quelle che restano nella memoria, che hanno fatto una vera storia sportiva anche se  l’era petersoniana e del Cappellari non godevano certo del quinto budget di eurolega come succede oggi, senza lamentarsi se i 31 milioni sono 10 in meno del CSKA, delle due grandi spagnole, 2 meno del Khimki.

Se uno ha pazienza scoprirà che il Bucchi di Roma sta facendo meraviglie con Alibegovic, il Pini che attacca ogni pallone vagante, che il Tessitori proposto da Menetti è una bella novità, che Buscaglia costruisce, che il vecchio Pancotto ci ha presentato la novità Pecchia e che a Brindisi Vitucci trova il canestro vittoria con Zanelli, mentre Esposito, Poz e De Raffaele, con Abass, Spissu e Tonut lavorano per migliorare davvero gente che in mano agli egoisti vegeterebbe. C’è vita nel pianetino basket, sì piccola terra di frontiera con troppe regioni ancora lontane, ci resta speranza fra i tanti don Abbondio che infestano società e palazzi, non l’abisso delle curve pallonare, non l’accademia del mondo volley mai fermo.

Avanti con le pagelle per chi ha resistito fino a questo punto.

10 A PETRUCCI se, come dice il Curierun, diventerà l’equilibratore nella infelice battaglia fra mondi che sembrano non capirsi a livello nazionale, con federazioni che legano gli asini dove vogliono i medesimi.

9 A Nico MANNION che dall’Arizona manda un messaggio forte per far capire a Sacchetti, a tutti, che il domani potrebbe anche farci invidiare meno nazioni come quelle slave, che mandano nel mondo campioni veri alla Doncic.

8 A ROMA e BRINDISI che tengono all’erta le truppe nordiste spesso adagiate, spesso convinte che il basket giri intorno a loro.

7 Ai PIENONI di Bologna, ora  pure con i 7000 del Pala Fiera, perché anche se non se ne erano mai andati ci sentivamo orfani di quel mondo a spicchi che è storia che è stato per anni il giardino delle delizie di un vero appassionato come Bertocchi, amato anche dagli arbitri contro i quali fingeva d’imprecare nel nome della Virtus che ha pure traghettato nei giorni meno felici.

7 A Sasha DJORDJEVIC che, come MESSINA, non si fida davvero di questi coriandoli che arrivano dalla platea per squadre che hanno ancora  problemi, anche se la Virtus è prima ed imbattuta, anche se Milano vive fra le grandi di eurolega prima delle vere salite.

6 Alla TREVISO che abbiamo visto restare in partita fino in fondo con i primi della classe nella fiera bolognese. Menetti è uno che non te la racconta, perché lavora davvero bene.

5 Agli ARBITRI se non chiederanno ai loro capi di poter sfruttare meglio nel VAR i vecchi colleghi che adesso controllano al tavolo che tutto funzioni. Sfruttiamoli i campioni del passato.

4 A VARESE e TRIESTE che con una pedina in più potrebbero avere squadre competitive come meritano Caja e Dalmasson. Certo anche altri, con una pedina in più, farebbero strada, ma in queste due culle c’è bisogno di entusiasmo.

3 Alla NBA che sembra confondere sempre di più chi perde la testa per quelle esibizioni e non dà uno sguardo alla collina del basket europeo. Giusto che se la sia tenuta SKY, dove fingono che non ci sia vita su altri pianeti. A Rogoredo ragionano così, salvo inventarsi la Nazionale in crociata  per far capire che la competenza è soltanto in quella grande casa.

2 Alla GRAFICA delle dirette, non soltanto nel basket: attimi sfuggenti per costringerci ad ascoltare i berci di chi  fa apparire tutto uguale: da Liverpool- City alla serie C.

1 Ai DESAPARECIDOS che giocano all’estero. A parte Gallinari non ci arrivano altre notizie confortanti, anche se Polonara e Flaccadori cono convinti di aver scelto bene. Mah.

0 Alla LEGA che prima di pensare ad un suo canale televisivo dovrebbe garantirci che tutto viene fatto nel migliore dei modi per proteggere una creatura che sembra sempre fragile e con gambe molli, per non parlare delle idee. Lasciare stare la grandezza, siate umili nella pochezza.

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