L’immagine di Becker

23 Dicembre 2013 di Stefano Olivari

Gli anni Ottanta sono tornati, purtroppo solo nel tennis. Dopo Ivan Lendl guru di Murray, che con il ceco-americano ha fatto l’ultimo decisivo passo verso la vetta (oro olimpico, Us Open e soprattutto Wimbledon), Stefan Edberg partner di Federer per qualche allenamento in attesa che che il rapporto maturi e Becker allenatore di Djokovic, la scontata battuta è che manca giusto Wilander a guidare Nadal dall’angolo al posto dello zio Toni. Fra queste coppie quella più strana è senza dubbio quella appena formatasi fra Becker e Djokovic, perché non sembra avere alcuna giustificazione emotiva (tipo Lendl con Murray) o tecnica (Edberg con Federer, che magari per la prima volta in vita sua, potrebbe ascoltare i consigli di un coach invece di considerarlo solo come palleggiatore).

Becker come personaggio non è mai uscito dall’immaginario tennistico, dove era entrato nel 1985 vincendo Wimbledon da minorenne, ma di sicuro come coach è tutto da inventare. Gli ultimi 15 anni passati fra avventure imprenditoriali non luminose (ma i soldi di partenza erano così tanti che avrebbe bisogno di più vite per buttarli tutti), tavoli di poker, tavoli di ristorante, figli concepiti in modi ai confini dell’immaginabile (la genialata di Angela Ermakova per fortuna non ha fatto scuola) e copertine dei giornali di gossip non hanno scalfito la sua credibilità di ex campione ma dicono che la sua costanza quotidiana necessaria per uno sportivo è tutta da verificare, a 46 anni. Più che altro non si capisce cosa possa dare a Djokovic, che non ha problemi psicologici e che tecnicamente ha un’identità troppo forte per essere cambiata a 26 anni. Certo è che la voglia di migliorare fa onore al serbo che ha chiuso il 2013 al numero 2 del ranking ATP e vincendo le ATP Finals: per questo ha di fatto degradato Marian Wajda, che rimarrà comunque nel suo staff, per limare (questa la versione para-ufficiale, unita a ‘impegni familiari’ di Wajda) quel poco che c’è ancora da limare nel suo gioco, in particolare a rete.

In molti scommettono che il rapporto Becker-Djokovic durerà come quello Connors-Sharapova (una partita!), tutti sono comunque convinti che nel 2014 il miglior alleato di Djokovic sarà il calo fisico che tutti profetizzano da anni a Nadal senza mai finora avere avuto ragione. Ma in concreto cosa può dare Becker a Djokovic? Visto che l’unico torneo dello Slam che gli manca è il Roland Garros, che Becker mai ha nemmeno rischiato di vincere, e che il tedesco non è mai stato un modello di intelligenza tennistica (meno che mai sulla terra, superficie dove non ha mai vinto un torneo, anche minore).

Il sospetto è che si tratti solo di una grande operazione mediatica, utile ad un campione vero ma con un passaporto senza grande mercato. Lo sostengono i giornalisti che conoscono di persona i protagonisti, da Ubaldo Scanagatta in giù, ma anche gli appassionati di solito disposti a credere a tutto nel nome di un’emozione (noi, per dire, fremiamo ogni volta che Martina Hingis si ri-avvicina a un campo). A Djokovic, nonostante abbia tutto per essere una popstar (estroverso, poliglotta, simpatico, vincente già a 20 anni) viene dall’appassionato della strada, quello che parla per sentito dire ma che in aggregato forma i grandi numeri, considerato inferiore anche a un Federer in declino e questo fondamentalmente per un problema di immagine. E non saranno i video delle canzoni di Martin Solveig a migliorargliela, presso quel grande pubblico che non lo conosce e che pagherebbe di più per un Borg-McEnroe fra ultracinquantenni che per un Ferrer-Almagro. In questo senso gli ingaggi delle esibizioni non mentono. Becker gliene può dare un po’ della sua, di immagine. Mentre in direzione opposta il tedesco può riguadagnare il centro del palcoscenico in maniera più dignitosa e anche remunerativa rispetto alle recenti apparizioni televisive e mondane. Anche se nemmeno il trash più trash potrà scalfire quell’immagine eterna di grazia, ben sintetizzata dai suoi tuffi sull’erba. Poi la vera domanda è questa: cosa può fregare di qualche sponsor in più a uno stramilionario come Djokovic? Senza poi contare i rischi sportivi dell’operazione, visto che non stiamo parlando del numero 100 del mondo che si vuole rilanciare, ma del numero 2 che starebbe comunque per tornare il numero 1.

(pubblicato anche sul mensile Good Life)

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