Disonestà di Twitter

24 Novembre 2012 di Stefano Olivari

La nostra massima ambizione nella vita è ormai quella di gestire il profilo Twitter ufficiale dei calciatori: soldi facili e contenuti che si potrebbero scrivere una settimana prima, dagli auguri di compleanno a un compagno a qualche generico sostegno all’associazione contro una qualche malattia (vanno bene tutte, se poi la gran parte dei fondi serve a pagare gli impiegati delle associazioni stesse poco importa: ci sentiamo buoni e abbiamo il ritorno di immagine). Però la nostra carriera non ha ancora raggiunto queste vette e così, invece delle ‘Ragazze degli altri’ della mitica Weekend degli 883, guardiamo i tweet degli altri. Divertendoci, ci accontentiamo di poco, per come gente ‘vera’ (cioè stipendiata da gente vera) risponda ad uno Stramaccioni o a un El Shaarawy farlocchi. Sul sito dell’Inter è comparso l’elenco dei suoi giocatori che hanno un profilo su Twitter e su Facebook: ebbene, di quelli non Primavera solo Chivu, Sneijder, Gargano, Coutinho, Juan Jesus, Guarin e Mudingayi hanno un profilo Twitter. Con tanti follower, ma anche solo banalità, fatta eccezione per le mezze frasi che a Sneijder sono costate una ridicola censura della società, che non ha ispirato nessuna riflessione sulla libertà di espressione ad una Associazione Calciatori evidentemente paga di avere allungato la carriera dei vecchi mestieranti in LegaPro con la riforma approvata qualche giorno fa. Pochi presenti anche su Facebook, che ha l’aggravante di essere molto più aperto del presunto (così non è, ma chi dice internét lo pensa) concorrente. E quindi? Nella realtà sono pochi i dipendenti che esprimono giudizi non diciamo critici ma anche solo equilibrati sul proprio datore di lavoro, basti pensare ai giornalisti che fanno i complimenti al servizio del proprio vicino di scrivania o alla propria azienda che ci avrebbe ‘regalato’ l’Europa League, quindi non si può pretendere dai calciatori un coraggio che siamo noi i primi a non avere. E quindi bis? Twitter usato dalle persone del ‘giro’ è quasi sempre uno strumento di pubbliche relazioni e di aria fritta. L’onestà intellettuale possono ormai averla solo i fake.

 

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