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I dieci comandamenti
Paolo Morati 05/04/2015
I dieci comandamenti può essere considerato uno dei colossal più importanti della storia del cinema. Uscito nel 1956 e diretto da Cecil B. DeMille (che ne aveva già realizzata una versione, ovviamente muta, 33 anni prima) è certamente ricordato in primis per la sconvolgente scena delle acque del Mar Rosso che si aprono, mettendo in salvo Mosè e il popolo da lui guidato, rincorso dagli egiziani. Ma nella realtà sono tanti gli elementi che meritano attenzione, esempio massimo di come si poteva fare grande cinema anche quando la computer grafica non esisteva, le scenografie faraoniche (termine indispensabile visto il tema) si costruivano materialmente (o si disegnavano sugli sfondi) e le comparse erano in carne e ossa, senza moltiplicatori artificiali.
La storia, anzi la Storia, è nota e più volte raffigurata sul grande schermo (a tal proposito siamo curiosi di vedere il recente Exodus, Dei e Re di Ridley Scott): il popolo di Israele che si libera dalla schiavitù e viaggia verso la Terra Promessa. In tre ore e quaranta dettagliate, assedianti e magnifiche con colori sontuosi in abiti e ambienti, si trova tutto quello che c’è da sapere sul libro dell’Esodo, con però non poche differenze nella sceneggiatura che lasciamo scovare ai biblisti. In queste righe ci piace invece mettere in evidenza in primo luogo quella che secondo noi è l’interpretazione migliore di un cast stellare. Non l’ottimo Charlton Heston nei panni di Mosè, con la sua evoluzione e crescita fino alla visione di Dio che lo trasforma non solo spiritualmente. E nemmeno Yul Brynner, un Ramesse tonico e perfettamente a suo agio tra invidie e certezze che devono però fare i conti con le piaghe che verranno. E ancora il ruolo decisivo e affascinante di Anne Baxter (Nefertari) e quello deciso e saggio di Cedric Hardwicke (Sethi). A emergere più di tutti, in modo sottile e straordinariamente infido, è infatti Edward G. Robinson che rende il suo Dathan uno dei cattivi meglio caratterizzati che abbiamo mai visto, tra uno sguardo e un ghigno beffardo, il vero centro amorale del racconto sul quale si potrebbero ritrovare proprio alcune contrapposizioni dei dieci comandamenti scolpiti sulle tavole della legge.
In definitiva, in tanti anni su I dieci comandamenti si è inevitabilmente già detto tantissimo, controverso e premiato solo con un Oscar per gli effetti speciali, un film che va rivisto più volte per riuscire a coglierne la marcia imperiosa e la caratterizzazione dei singoli personaggi, nonché le trovate sceniche. Certamente costoso, lungo (non facile seguirlo senza break), lontano dal cinema odierno su tanti versanti (la parola colossal ha ancora senso?), ma contemporaneamente così socialmente attuale nel dipingere comportamenti e attitudini umane tra ambizione, giochi di potere, tradimenti, rapporti interpersonali, vendette e riscatto, fino alla salvezza. Storia vecchia, si dirà, millenaria in effetti.