Deutschland 86, il fascino della Germania Est alla fine

19 Gennaio 2019 di Indiscreto

Confessiamo che non siamo riusciti a staccarci dalle 10 puntate di Deutschland 86 mandate in onda da Sky Atlantic, anche se la seconda stagione di questa storia è brutta come la prima, Deutschland 83. Il piatto è venuto male, ma gli ingredienti erano irresistibili e quindi ce lo siamo fatto piacere. Germania Est e Ovest, anni Ottanta, Gheddafi, Sudafrica dell’era apartheid, guerra fredda, spionaggio, traffico d’armi, Aids, fine di un’epoca, eccetera: con argomenti del genere ci avrebbe conquistato anche un filmino amatoriale girato con i dialoghi scritti dagli sceneggiatori de Il Segreto. Il protagonista è sempre Martin Rauch, ex militare tedesco Est scaraventato quasi per caso nel mondo dello spionaggio da sua zia Lenora, davvero un grande personaggio, che dopo i casini del 1983 si ritrova in Angola e lì viene riagganciato da Lenora, per partecipare a un’operazione di vendita di armi tedesche (Ovest) all’esercito sudafricano aggirando le sanzioni internazionali.

La Germania Est è infatti al collasso finanziario e i suoi servizi segreti devono attivarsi per autofinanziarsi, anche al limite favorendo il nemico, e dare una mano ad uno stato la cui fine è già stata intuita da tempo da quasi tutti i suoi funzionari. Fra questi anche Walter, padre semi-segreto di Martin e anche lui nella Stasi (ma in disgrazia) e Annett, ex fidanzata di Martin e madre di suo figlio, una dei pochi tedeschi Est convinti di vivere ancora nel dopoguerra. Le avventure e l’azione sono di altissima improbabilità, ai confini del trash, in particolare quelle in cui c’entra Brigitte, agente dell’Ovest che come copertura fa la dentista in Sudafrica, con la vetta toccata dal risveglio di Martin in Libia (fino al giorno prima era mezzo morto in Angola). Tutto è davvero tirato via a livello di racconto, tranne forse la parte del tentativo di fuga di Tina, medico che non accetta la sperimentazione di farmaci sui suoi pazienti da parte di aziende farmaceutiche dell’Ovest (un’altra delle trovate per l’autofinanziamento), ma questa sceneggiatura tremenda permette paradossalmente di godere dei dettagli d’epoca, dalla musica ai riferimenti politici.

Di sicuro è affascinante l’ambientazione in un paese direttamente prodotto dalla Seconda Guerra Mondiale ma arrivato quasi fino ai giorni nostri. Uno stato totalitario e onnipresente nelle vite degli individui come pochi stati nella storia, ma che come altri del Patto di Varsavia aveva anche qualche aspetto positivo, soprattutto per chi (sospettiamo fosse e sia la maggioranza) non dava alcuna importanza alla libertà di espressione e puntava ad una sorta di reddito di cittadinanza. La peculiarità della Germania Est, aspetto che Deutschland 86 tratteggia bene, non era però quella di basarsi, almeno a parole, sull’ideologia comunista, ma di essere in costante confronto psicologico ed etico con un’altra Germania, mentre non esistevano un’altra Polonia o un’altra Ungheria. Per questo la sua vita e la sua morte hanno avuto qualcosa di anti-storico e di tragico, non ancora ben raccontato neppure dagli stessi tedeschi: come se nel Dna di quel popolo ci fosse la sottomissione a un’idea. Inevitabile un futuro Deutschland 89 per la caduta del Muro: c’eravamo e ci saremo.

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