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Il guado di Blatt

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2014-10-30

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L’unica cosa che può fermare i Cavs, nella Eastern Conference piena di squadre azzoppate (Pacers), azzoppabili (Bulls) e in transizione (Heat), sembra la loro difesa. Apparsa in pre-season imbarazzante anche per gli standard delle amichevoli. Il LeBron sgonfiato rimane il numero uno del mondo anche sul suo lato del campo, Varejao due mazzate le sa tirare, ma il resto? Irving e Waiters non sono mastini, Love è da minimo sindacale. La storia recente della NBA dice che nessuno è diventato campione senza una difesa almeno accettabile. Stando alle statistiche per possesso di RealGM, per trovare una squadra campione fuori dalle top ten difensive della Lega bisogna risalire ai Lakers del 2001. Che però avevano un centro super-dominante nel miglior Shaq di sempre e quindi girando due viti riuscivano nei minuti che decidono le partite a tenere botta contro chiunque. Blatt sceglierà un basket estremo, al limite del dantonismo, migliorando i punti di forza, o cercherà di cambiare la natura della squadra con il rischio di rimanere a metà del guado? Alcune scelte estive, dai pretoriani di LeBron (Mike Miller e James Jones) all’atipicità di Shawn Marion, fanno propendere per il primo scenario. Ci sarà da divertirsi, come confermato dalla corsa al biglietto per stasera contro i Knicks: mentre stiamo scrivendo queste righe il tagliando più modesto viene via a 701 dollari.

Martedì scorso la Gazzetta ha giustamente dedicato una pagina a un amico di Indiscreto, Giampiero Bozzolo, personaggio più unico che raro. Ha 64 anni e da 45 non si perde una partita della Pallacanestro Milano. Ci sono tifosi anche più fedeli, non solo nel basket, ma lui la squadra l’ha seguita dalla serie A (dove è rimasta fino al 1980) ai sotterranei della C Regionale, il sesto livello del nostro sport, dove si trova attualmente con poche speranze di risalita nonostante la ristrutturazione dei campionati consenta sogni di (relativa) gloria anche a realtà mal gestite come questa (solo Cantù ha in Italia un numero di affiliazione FIP più antico). Bozzolo tiene i tabellini di tutte le partite e non è un adoratore dei bei tempi andati, pur rendendosi conto della differenza fra Jura e Reali, fra Guerrieri e Cattaneo, fra il Palalido e la palestra Giordani. Di certo il basket italiano a qualsiasi livello, senza identità e con squadre ribaltate da una stagione all’altra, si può guardare solo da tifosi.

I Lakers hanno avuto stagioni tristi, anche senza risalire alla preistoria (basti pensare alla scorsa stagione o a quella di 21 anni fa con Magic allenatore), ma questa promette di batterle tutte. Steve Nash si è spaccato la schiena sollevando una valigia ed è probabilmente al capolinea definitivo. Kobe Bryant sta invece abbastanza bene ed è intenzionato ad onorare il suo pazzesco (dopo 18 anni NBA) contratto, evidentemente un anticipo di quanto prenderà dai Buss come allenatore dopo il 2016. Ma soprattutto l’inizio della ricostruzione è già finito visto che Julius Randle si è rotto una gamba alla sua prima partita NBA: la scelta più alta (settima) al draft dai tempi di James Worthy (1982) starà fuori per tutta una stagione che si preannuncia da tanking purissimo ma senza super-prospettive: la classe 2015 non è senz’altro all’altezza di quella 2014, se è vero che il preferito dai mock draft è Jahlil Okafor (lontano cugino di Emeka), centro di Duke piuttosto interessante (televisto al Mondiale Under 19 del 2013 e all’ultimo Hoop Summit) tecnicamente ma senza l’aura del dominatore. Il presente dice che Byron Scott in panchina al posto di D’Antoni è solo una mossa per scuotere l’ambiente alla Zamparini e che le strategie sono confuse: da un lato si prendono contratti in scadenza, tipo Lin, per avere le mani libere la prossima estate quando forse si avrà una prima scelta (il diritto dato ai Suns ha l’esenzione per le top five) , dall’altro si è provato a prendere una stella (il tentativo più serio con Carmelo Anthony) da affiancare a Kobe per l’ultimo urrà. Analizzando il roster è evidente che il problema 2014-15 non sarà l’attacco, dove Lin, Kobe, Wesley Johnson e Boozer daranno una produzione accettabile, ma la difesa. Stesso discorso fatto per i Cavs, ma altro pianeta.

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