Democrazia vuol dire libertà?

21 Gennaio 2014 di Paolo Morati

Freedom

Nel 2003 Rizzoli pubblicò in Italia un interessante saggio di Fareed Zakaria intitolato Democrazia Senza Libertà in America e nel resto del Mondo (tradotto da Lorenza Di Lella) che aveva tra gli obiettivi quello di dimostrare i rischi (e le derive) della democrazia in assenza di altri elementi considerati irrinunciabili per il suo pieno funzionamento. Prima di tutto la libertà stessa, che deve esserci a priori perché senza questa non può esserci democrazia, e non viceversa. Quanto sta succedendo in questi giorni a livello politico (e sociale) in Italia ma non solo, ci ha suggerito di riprenderlo in mano estraendone alcuni pensieri su cui riflettere.

Il primo, mentre da noi si discute della nuova (forse) legge elettorale, lo ritroviamo nel paragrafo sui problemi della democrazia del capitolo Democrazia illiberale dove viene spiegato che “la differenza tra liberalismo costituzionale e democrazia ha uno dei suoi cardini proprio nell’autorità governativa. Quando si parla di liberalismo costituzionale si fa riferimento a una serie di restrizioni imposte a chi detiene il potere; l’idea di democrazia, invece, è legata al modo in cui il potere viene destinato e gestito. Per questo motivo, molti liberali del XVIII e del XIX secolo consideravano la democrazia come una forza capace di minacciare la libertà. Spesso, infatti, i governi democratici rivendicano una sovranità, ovvero un potere assoluto, e questo determina un eccessivo accentramento dell’autorità, non di rado mediante mezzi extracostituzionali e con esiti non sempre apprezzabili. Ne deriva una forza di governo non troppo diversa da una dittatura, nonostante la maggiore legittimità”.

E ancora, secondo spunto di discussione, nel paragrafo Il declino dei partiti, nel capitolo Troppa democrazia, Zakaria sostiene: “Oggi in America i partiti politici non hanno più un grande peso. Nel corso degli ultimi vent’anni sono diventati tanto aperti e decentralizzati da non poter essere controllati da nessuno. L’apparato e i dirigenti, i “veterani” giocano un ruolo di secondo piano. Il partito è, al limite, un mezzo per raggranellare fondi a sostegno di un candidato telegenico”. Questa analisi può aprire un dibattito su che cosa sia invece ancora in Italia la forma partito, tenendo anche conto della nostra storia e macchina legislativa certamente differente da quella adottata oltreoceano.

Un terzo e ultimo spunto arriva da alcune considerazioni sul ruolo della stampa nel capitolo La morte dell’autorità: “La sola istituzione che continui a svolgere il ruolo di mediatore nella società americana è la stampa”, sostiene Zakaria. “Essa spiega e interpreta il mondo per il suo pubblico e il suo pubblico per il mondo. Più di qualsiasi altra istituzione americana, la stampa descrive la realtà e influenza i programmi politici. Tuttavia, a differenza di altre istituzioni mediatrici, che nel corso dei secoli hanno temperato le passioni pubbliche, la stampa spesso le infiamma. Drammatizza o banalizza le notizie, ne enfatizza il carattere sensazionale. Questo è vero in particolare per la televisione e i tabloid, ma la tendenza riguarda anche quotidiani e settimanali. Le ragioni di tale atteggiamento dovrebbero far riflettere. Anche il giornalismo è stato investito dalla stessa ondata di democratizzazione e commercializzazione che ha interessato gli altri settori”.

Il saggio è di dieci anni fa, e la domanda in questo caso è quanto questa mediazione sia oggi e per il futuro a rischio, considerato che si è verificata una sostanziale rivoluzione nel modo di apprendere i fatti e commentarli, con i cittadini che attraverso Internet e grazie alla possibilità di essere sempre connessi testimoniano e discutono in tempo reale. Al di là delle considerazioni sulla necessità del sensazionalismo, che resta la via più semplice e rapida (ma per quanto duratura?) per fare massa, interessante infine citare il titolo originale dell’opera, ossia The Future of Freedom: Illiberal Democracy at Home and Abroad. Appunto, qual è il futuro della libertà e che cosa intendiamo veramente con questo termine?

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