Delusione Sinner

6 Aprile 2021 di Stefano Olivari

Di Jannik Sinner stanno parlando anche persone che come tennisti saprebbero citare soltanto Panatta perché è Panatta e Federer solo perché l’hanno visto nella pubblicità della Barilla con l’inspiegabile sirtaki. E questa popolarità manda fuori di testa non solo quelli della parrocchietta, gelosi del loro ridicolo sapere del genere impugnatura semi-western e percentuale di Henman sulle seconde palle, ma anche gli appassionati che hanno sempre seguito il tennis a prescindere dal passaporto di quelli bravi.

È un meccanismo che esiste un po’ in tutti gli sport e che a cicli alterni fa godere e rosicare gli esperti o presunti tali: in questa fase storica un appassionato italiano di ciclismo si sente un ‘vero’ appassionato, mentre uno di tennis si sente un po’ scippato del suo giocattolo dal popolo bue che ascolta il giornalista parlare di ‘Delusione Sinner’ per avere perso a diciannove anni e mezzo la finale di un Masters 1000, per quanto un po’ svalutato come l’ultima edizione di Miami. Detto che nei prossimi dieci anni qualche altra finale di Masters 1000 Sinner di sicuro la giocherà, l’unico appiglio per il termine ‘delusione’ è che sarà impossibile che trovi un avversario più debole di Hurkacz, che comunque ha il gioco basic per arrivare al tie-break anche contro Djokovic.

Ma cosa volevamo dire? Una cosa già detta, come al solito. Cioè che Sinner è già da adesso, prima di vincere ori olimpici e campionati mondiali, sulla strada dei Tomba e delle Pellegrini, cioè di quei fenomeni più grandi del loro sport. Ha anche un buon passaporto, come marketing più spendibile di quello serbo, che lo esenta dal doversi costruire un personaggio. Anche quello del ragazzo perfetto, che porterebbe chiunque a scoppiare, che dice cose terribili tipo ”O si vince o si impara”. Poi noi preferiamo guardare Musetti, e infatti terminiamo in maniera grezza questo post per goderci la partita di Cagliari contro Novak: siamo sempre nel campo dell’autodenuncia.

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