D’Antoni giusto per motivi sbagliati

12 Novembre 2012 di Stefano Olivari

Tutti i Lakers, tifosi e giocatori, volevano il Phil Jackson Tre. Invece il nuovo allenatore della franchigia più amata e più odiata (mai sentito ‘Beat Boston’) della NBA sarà Mike D’Antoni, con una scelta figlia evidentemente di antipatie personali. Senza troppa dietrologia, il vicepresidente Jim Buss, figlio del mitico Jerry e fratello dell’altrettanto mitica Jeanie fidanzata (da oltre dieci anni) di Jackson, non ha mai avuto troppo in simpatia il coach da undici anelli che per la sua terza incarnazione gialloviola avrebbe voluto poteri anche maggiori rispetto al passato. E così per motivi forse (in fondo la simpatia è un criterio di selezione più onesto della raccomandazione, in Italia spesso vilmente derubricata a ‘segnalazione’) sbagliati i Lakers hanno effettuato una scelta tecnicamente giusta. Prima di tutto perché la scelta forte fatta in estate non è stata tanto l’usurato Steve Nash, comunque dantoniano osservante (al pari di qualunque giocatore perimetrale) ma Dwight Howard: fenomeno fisico ma non tecnico (al confronto Cusin e Crosariol sono da clinic), soprattutto calcisticamente uomo che fa reparto. In altre parole, gli altri quattro in campo insieme a lui è meglio che stiano larghi alla Magic del miglior Stan Van Gundy, facendogli sfruttare con il suo dinamismo la regola dei tre secondi difensivi che è la vera differenza fra il basket NBA ed il ‘nostro’. Insomma, il dantonismo  faciliterà l’inserimento di Howard (anche se nella sua versione pura e dura anche il ‘5’ dovrebbe saper tirare da fuori) e al contempo metterà in discussione quella del già scontento Pau Gasol. Il campo più largo non sarà necessariamente un vantaggio per Bryant, ma la trasformazione in esterno puro potrebbe allungargli una carriera che dopo 16 anni di isolamenti e di mazzate prese sembrava volgere al termine. A favore di D’Antoni gioca anche la voglia di riscatto, dopo il fallimento ben pagato (in pratica il doppio a stagione di quanto prenderà nei Lakers) ai Knicks, a sfavore quello di non essere gradito a Kobe come sulle prime erano stati anche Tomjanovich e Mike Brown. Tiriamo via la maschera: al di là del fatto sportivo, perché sotto questo profilo D’Antoni è una scelta più sensata, e del sentire più vicino uno che dal vivo abbiamo visto un migliaio di volte (non solo: ha anche scritto la postfazione per uno dei libri editati da Indiscreto, la vera perla della sua carriera), ci dispiace un sacco non rivedere Jackson nella battaglia. A chi sarebbe importato di una trasferta saltata a Milwakee?

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