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Danilovic come Andrea Roncato

Indiscreto 17/12/2024

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Sta avendo un grandissimo successo il video su Instagram di Carlton Myers in cui l’ex stella della pallacanestro italiana gioca a fare il tassista di Sasha Danilovic: per noi davvero emozionante, pensando alle tante battaglie da loro vissute con Fortitudo e Virtus, senza dimenticare quelle con la nazionale, a partire dalla meravigliosa semifinale dell’Europeo 1999. Due campioni che in campo si insultavano e si prendevano a botte, non metaforiche, in un’era di spese senza limiti e di una Serie A che pur essendo in pieno post Bosman ancora aveva un’ìdentità e un senso, al netto del tifo per le singole squadre che si è trascinato fino a oggi. Battaglie da cui è nata un’amicizia, raccontata più volte negli ultimi anni e anche domenica scorsa, quando insieme hanno seguito Bologna-Fiorentina al Dall’Ara. Ecco, entrambi ai loro tempi avrebbero esultato come Italiano.

Lo strepitoso accento bolognese di Danilovc, del tutto degno dell’Andrea Roncato di ‘Dio.. mede!’, dice tutto: il problema del ‘prodotto Serie A’ attuale non è il passaporto e in fondo nemmeno la formazione, ma che i sei stranieri a referto siano quasi sempre di passaggio, come del resto gli italiani che quasi sempre sono visti come una costosa seccatura e spesso trattati malissimo da allenatori che vivono sul filo. Non ti puoi appassionare a qualcosa che cambia da una settimana all’altra, in base all’ultimo risultato, agli infortuni e alle lune di dirigenti e allenatori.

Poi Danilovic e Myers si potevano sportivamente amare o odiare, ma certo non erano indifferenti nemmeno a un milanese o a un livornese. Il discorso è tutto qui, come prova il nostro solito giochino: sfidiamo il tifoso medio dell’Olimpia Milano (o di Scafati, o di Sassari) a dirci subito 7-8 giocatori di Trento, cioè la squadra prima in classifica, senza l’ausilio di Google. Poi Danilovic è stato a Bologna in totale 6 anni, non 60, non è una questione statistica. Milano ha amato il Chacho Rodriguez che ci ha giocato soltanto tre stagioni, come Larry Wright a Roma, Flowers a Cantù e più di quanto Kukoc abbia giocato a Treviso o Kicanovic a Pesaro. Sembrare di passaggio è peggio che esserlo. E non è una questione di regole, visto che cambiare ogni due settimane non è un obbligo.

stefano@indiscreto.net

 

 

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