Da comprare anche gli spettatori

5 Agosto 2011 di Igor Lario Novo

di Igor Lario Novo
La nuova Russia che avanza. O forse no. La notizia è questa: l’Hockey Club Milano Rossoblu parteciperà alla Kontinental Hockey League (KHL) a partire dalla stagione 2012-2013. Roba da fare strabuzzare gli occhi o da fare ghiacciare il sangue nelle vene di un pinguino. Ma è un fatto.
E lo riprenderemo tra poco. È necessario tornare un po’ indietro, però, e andare con ordine per capire bene di cosa si sta parlando. Perché l’affare è complesso. Tutto o quasi ruota attorno ad un 56enne signore russo di nome Alexander Medvedev. Chi è? Alexander Medvedev è molte cose. Tutte alquanto importanti. Uno. È il vice presidente del consiglio d’amministrazione della Gazprom. Probabilmente la più grande azienda estrattrice di gas naturale al mondo, con 32 miliardi di dollari di utile netto dichiarato nel 2010. Un’azienda con capitali e influenza enormi (il 50.01% del pacchetto azionario è tra l’altro nelle mani del governo russo). Due. È presidente della KHL. Il secondo campionato di hockey al mondo per importanza, dopo la National Hockey League americana. Tre. È il deputato russo al Consiglio della Federazione Internazionale (IIHF). Quattro. È il presidente dell’SKA di San Pietroburgo. Buon protagonista nel campionato KHL e vincitore dell’ultima edizione della Coppa Spengler.
La KHL esiste dal 2008 con una formula simile a quella della NHL, sia in termini amministrativi che organizzativi.
Due conference (est e ovest) composte da due division ciascuna (la Kharlamov e la Chernyshev nella est e la Bobrov e la Tarasov nella ovest). Per un totale per ora di 24 franchigie che si giocano la Gagarin Cup. Già dal concepimento, la KHL si è presentata con la volontà di espandersi e assurgere a vera e propria lega eurasiatica. Progetto esplicitato nel settembre del 2009 da Alexander Medvedev al Consiglio della IIHF. E prospettato come segue: 30 squadre organizzate in 2 conference e 4 division col nome di United Hockey Europe. La KHL costituirebbe una conference. Mentre l’altra sarebbe creata con una division Scandinava e una Centreuropea. Una sorta di superlega, nella quale stanno le squadre di punta. Sarebbero mantenuti i campionati nazionali allo scopo di crescere i giovani talenti (almeno idealmente). Forse 30 squadre non basterebbero a rappresentare degnamente ogni campionato europeo di livello. O forse la Russia dovrebbe rinunciare a qualche squadra. Poco importa. Questioni non determinanti al momento. Determinante è invece che, così calata dall’alto, l’idea di Alexander Medvedev non ha avuto alcun successo. La mentalità europea è lontana da quella americana. Ed è chiaro che nessuno è disposto a cedere un millimetro della propria identità. La percezione è comunque quella di un grande campionato russo. E fatto così è un fallimento in partenza.
Il progetto però è affascinante. E l’intento chiaro. Creare un campionato che possa il più rapidamente possibile competere in termini di visibilità e di volume d’affari (dal punto di vista dei valori tecnici il problema non sussiste) con la NHL. E a seguire ricreare il fascino delle vecchie Summit Series degli anni 70 e della recente Victoria Cup (di brevissima vita, peraltro) oppenendo i titani d’Europa e d’America. Ma come realizzarlo? La breccia c’è. Le competizioni continentali e intercontinentali di hockey su ghiaccio hanno sempre avuto vita travagliata. Per motivi sia politici che economici. Non c’è in Europa una federazione che rappresenti i movimenti nazionali. Tutto è sulle spalle della IIHF. D’altra parte, la NHL non è subordinata alla IIHF. È un’entità a sé, che della IIHF in alcuni casi si fa addirittura beffe. Dal punto di vista economico la IIHF non ha semplicemente i soldi per organizzare i tornei per club. Si giocò la Coppa Europa tra il 1965 e il 1997, con formule al risparmio, ma il dominio Sovietico era tale per cui molte partite erano pura formalità (il CSKA di Mosca vinse 20 edizioni, di cui 13 consecutive tra il 78 e il 90). Morta la Coppa Europa con la disgregazione dell’URSS passarono alcuni anni prima della nascita della European Hockey League (1996-2000). Ma già per questo torneo fu necessario uno sponsor di peso. Dopodiché arrivò la Gazprom. Che sotto l’egida della IIHF, dal 2005 al 2008, a San Pietroburgo, sponsorizzò la European Champions Cup, e la Champions Hockey League(CHL), poi.
Veniamo finalmente al dunque. Nel 2008 viene fondata la KHL e si gioca la CHL, targata Gazprom. Nel 2009 la visione espansionistica presentata in Federazione da Medvedev non viene accolta.
La Gazprom (ufficialmente per la crisi economica mondiale, ma si direbbe per ripicca) taglia i fondi alla CHL, che muore immediatamente. Un campanello d’allarme suona alla IIHF. E si scopre che anche quelli della NHL sono sensibili alla questione. Perché è chiaro che Alexander Medvedev non è di quelli che si fanno scoraggiare. Il potere che ha è grande e i soldi che muove sono tanti e veri. E alla fandonia della crisi economica non crede nessuno. La IIHF annuncia che la CHL riprenderà la stagione 2011-2012, con la sponsorizzazione (sembra un film) della stessa NHL. La quale non ha nessun motivo vero di supportare lo sviluppo di una Champions europea se non quella di mettere i bastoni tra le ruote a Medvedev e rallentare quanto più possibile, se non addirittura impedire, la creazione di quel campionato che potrebbe rappresentare una concorrenza scomodissima. A Medvedev però servono le squadre. E quelle più prestigiose non ci sentono. Il piano B è facile da immaginare. L’espansione si farà pagandola di tasca propria, comprando (non formalmente, ma nei fatti) club di secondo livello e trasformarli in franchigie di primo livello. Purtroppo qualche ostacolo rimane ugualmente. Perché anche quando una società volesse accettare (visto che il processo è in stile conquista del West), l’associazione nazionale potrebbe rifiutarsi. È stato il caso per il Lev Hradec Králové (squadra Ceca non di particolare spicco) che si è vista rifiutare il permesso l’anno scorso. Ostacolo aggirato spostando la squadra in Slovacchia, associandola all’HK ŠKP Poprad (che fungerà ora da farm team nella Extraliga slovacca), chiamandola Lev Poprad e ottenendo dopo un anno di purgatorio il nulla osta dagli organi Slovacchi. Il movimento hockeystico slovacco è in grande difficoltà economica e tecnica dopo la separazione della Repubblica Ceca. Le posizioni slovacche sono comprensibilmente più morbide. A partire da quest’anno, quindi, la KHL arruolerà la prima franchigia esterna all’ex blocco Sovietico.
Per quel che riguarda l’Hockey Club Milano Rossoblu i comunicati sono di facciata. La KHL dice: Milano vuole entrare nella lega.
Siamo andati, abbiamo spiegato loro le condizioni per partecipare e abbiamo ratificato un accordo. Milano dice: la KHL ci vuole. È un bel progetto. Ci danno il loro sostegno (Milano giocherà con lo stemma della KHL sulla maglia). La Federazione Italiana non ha eccepito. D’altra parte lo sforzo di Medvedev si calcola in contanti (di questi tempi è raro). Il Milano gioca attualmente in Serie A2. Il progetto è quello di passare in Serie A alla fine di questa stagione per potere presentare in KHL una squadra già dal 2012-2013. Per ora basterà acquistare qualche giocatore che faccia la differenza per salire in Serie A. Non dovrebbe essere difficile. E la sponsorizzazione di Medvedev ha già permesso di portare a casa un paio di contratti di peso. Peter Klouda (1978, 193cm, 92kg, centro). Capocannoniere della Extraliga slovacca nel 2009-2010, guarda caso nell’HK ŠKP Poprad. E poi, grazie alla mediazione di Ivano Zanatta (ex allenatore dell’HC Lugano e anche dell’SKA di San Pietroburgo), c’è anche il contratto di Pasquale Terrazzano (1989, 185cm, 78kg, portiere), una non più giovanissima promessa svizzera, che era in predicato di andare all’HC Davos di Arno Del Curto (fucina di portieri per la NHL negli ultimi anni). Per quest’anno dovrebbe bastare così. Poi per potere stare nella KHL servirà un budget di almeno 10 milioni di dollari all’anno (come il Bary

s Astana, mentre AK Bars Kazan viaggia intorno ai 55-60). La città di Milano è una delle capitali mondiali della moda (questo uno dei valori dichiarati a favore di Milano) e ai russi le trasferte a Milano non dispiaceranno. Per il resto siamo davvero curiosi di seguire gli sviluppi di questo processo. Speriamo di non essere i soli all’Agorà. Perché se sappiamo da dove arriveranno i soldi, non riusciamo davvero ad immaginare da dove potranno arrivare gli spettatori.

Igor Lario Novo
(in esclusiva per Indiscreto)

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